Introduzione
Il sistema pensionistico in Italia è principalmente un sistema definito a ripartizione, in cui i contributi pagati dai lavoratori attivi vengono utilizzati per finanziare le pensioni di coloro che sono in pensione. A differenza di un sistema a capitalizzazione, dove i contributi vengono accumulati e investiti nei mercati finanziari per ogni lavoratore, in un sistema a ripartizione non c’è accumulo di riserve.
Il modello a ripartizione implica che il funzionamento del sistema dipenda dalla presenza di un numero sufficiente di lavoratori attivi e di salari sufficientemente alti per coprire le spese pensionistiche. Questo tipo di sistema, sebbene funzioni efficacemente in condizioni di crescita economica e demografica stabile, diventa vulnerabile in contesti di invecchiamento della popolazione e bassa natalità.
Nel sistema a ripartizione:
- I contributi raccolti dai lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni degli attuali pensionati.
- Non esiste un accumulo di riserve: il sistema si basa sul principio della solidarietà intergenerazionale.
- La sostenibilità del sistema dipende dal numero di lavoratori attivi e dal livello dei loro salari. Se la popolazione attiva diminuisce o i salari restano stagnanti, il sistema entra in crisi.
- Ecco una tabella di riepilogo che confronta il sistema a ripartizione e il sistema a capitalizzazione:
Caratteristica | Sistema a Ripartizione | Sistema a Capitalizzazione |
---|---|---|
Principio di funzionamento | I contributi dei lavoratori attivi vengono utilizzati per pagare le pensioni dei pensionati attuali. | I contributi versati dai lavoratori vengono investiti in fondi, e la pensione si basa sul rendimento di questi investimenti. |
Legame tra contributi e pensioni | Non diretto: i lavoratori attivi finanziano i pensionati (modello di solidarietà intergenerazionale). | Diretto: la pensione dipende dai contributi versati e dai rendimenti accumulati. |
Fattori di rischio | Invecchiamento della popolazione (pochi lavoratori attivi e molti pensionati). | Rischi di mercato (fluttuazioni dei mercati finanziari). |
Sostenibilità | Dipende dal rapporto tra lavoratori attivi e pensionati e dalla demografia. | Dipende dal rendimento degli investimenti e dalle scelte di gestione dei fondi. |
Benefici per i lavoratori | Più stabile in termini di importi, poiché i lavoratori attuali coprono i pensionati. | Potenzialmente più elevato se gli investimenti producono rendimenti alti, ma più incerto. |
Esempio di applicazione | Sistema pensionistico pubblico italiano (metodo contributivo e retributivo). | Fondi pensione privati o previdenza complementare. |
Trasferimento del rischio | Il rischio è principalmente a carico dello Stato e del sistema previdenziale. | Il rischio è a carico del singolo lavoratore che investe nei fondi pensione. |
L’equilibrio di un sistema a ripartizione dipende dalla crescita economica e dal rapporto tra lavoratori attivi e pensionati. Se la popolazione invecchia e il numero di pensionati aumenta rispetto ai lavoratori attivi, le risorse disponibili per finanziare le pensioni possono diminuire, creando pressioni sul sistema.
Questo è uno dei problemi centrali che il sistema pensionistico italiano si trova ad affrontare, soprattutto in un contesto di bassa natalità e di crescita economica lenta.
Il problema dell’invecchiamento della popolazione
Uno dei temi principali nel nostro sistema previdenziale è l’invecchiamento della popolazione. Le piramidi demografiche mostrano come la popolazione italiana stia progressivamente invecchiando, con un aumento significativo del numero di persone anziane rispetto ai giovani. Questo fenomeno crea una pressione crescente sul sistema pensionistico a ripartizione, poiché ci sono meno lavoratori attivi per ogni pensionato.
Basta guardare la piramide demografica” dell’Italia per il 2023 che rappresenta una fotografia precisa di come la popolazione stia cambiando nel tempo, rivelando una tendenza ormai consolidata verso un invecchiamento progressivo. Questa evoluzione ha profonde implicazioni per la società e l’economia del paese, toccando temi quali la natalità, la sostenibilità del sistema pensionistico e le politiche di welfare.
Uno degli aspetti più evidenti della piramide demografica è la base stretta, che rappresenta la popolazione più giovane, in particolare quella tra gli 0 e i 14 anni. Questo dato evidenzia un chiaro calo delle nascite, un fenomeno che si osserva non solo in Italia, ma in molti altri paesi sviluppati. Le famiglie italiane, oggi, tendono ad avere meno figli rispetto al passato, e spesso scelgono di diventare genitori in età più avanzata.
Questo calo delle nascite ha conseguenze a lungo termine sul sistema socio-economico del paese. Con un numero inferiore di giovani, in futuro ci sarà una forza lavoro ridotta e un minore contributo al sistema previdenziale e di welfare, mettendo in discussione la sostenibilità del modello attuale.
La fascia centrale della piramide, che comprende la popolazione tra i 35 e i 64 anni, rimane ancora abbastanza ampia. Questo indica che, per ora, c’è ancora un buon numero di persone in età lavorativa, soprattutto nelle fasce tra i 45 e i 59 anni, che rappresentano un segmento rilevante della forza lavoro.
Tuttavia, la transizione verso la pensione di questa fascia è imminente. Molti di questi lavoratori sono a pochi anni dal raggiungimento dell’età pensionabile, e con una popolazione giovane ridotta, si prospettano sfide significative per il sistema previdenziale. Il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati diventerà sempre più squilibrato, con una pressione crescente sui contributi dei più giovani per finanziare le pensioni della generazione in uscita dal mercato del lavoro.
Uno dei dati più preoccupanti è la parte superiore della piramide, che si allarga significativamente a partire dai 65 anni in su. Questa sezione riflette l’invecchiamento progressivo della popolazione italiana, con un numero crescente di persone anziane rispetto alle generazioni più giovani.
In particolare, la fascia tra i 65 e gli 85 anni è tra le più numerose, segno di una maggiore longevità della popolazione italiana. Se da un lato questo è un segno positivo, poiché riflette i progressi della medicina e un miglioramento generale delle condizioni di vita, dall’altro crea problemi in termini di sostenibilità economica e sociale. Le persone anziane richiedono infatti maggiori cure e assistenza, con costi crescenti per il sistema sanitario e sociale.
I metodi di calcolo della pensione
Il calcolo della pensione in Italia può avvenire attraverso due principali metodi: retributivo e contributivo. Nel corso degli anni, a causa delle riforme pensionistiche, i criteri di calcolo delle pensioni sono cambiati, spostandosi progressivamente da un sistema retributivo, che garantiva pensioni più generose, a un sistema contributivo, che lega l’importo della pensione ai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa. Il sistema misto combina entrambi i metodi e si applica a determinate categorie di lavoratori. Vediamoli insieme !
- Il metodo retributivo
Il metodo retributivo è stato utilizzato in Italia fino alla metà degli anni ’90. Questo sistema calcola la pensione sulla base della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore durante gli ultimi anni di attività lavorativa, spesso i più redditizi. Questo metodo è vantaggioso per chi ha avuto una carriera stabile e con retribuzioni in crescita, poiché la pensione risulta generalmente più alta rispetto ai contributi effettivamente versati.
Infatti, le pensioni calcolate con il metodo retributivo tendono a essere più elevate rispetto al metodo contributivo, poiché non dipendono dai contributi effettivamente versati durante tutta la carriera lavorativa, ma si basano sulle retribuzioni più recenti.
Il metodo retributivo si applica solo ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996 e che avevano maturato almeno 18 anni di contributi entro quella data. Per chi non ha raggiunto i 18 anni di contributi entro quella data, si applica invece il sistema misto, che combina una quota retributiva per gli anni lavorati fino al 1995 e una quota contributiva per quelli successivi.
Il calcolo della pensione con il metodo retributivo tiene conto di due fattori principali:
- La retribuzione pensionabile: la media delle retribuzioni percepite durante gli ultimi anni di lavoro.
- L’aliquota di rendimento: una percentuale che viene applicata per ogni anno di contribuzione.
La retribuzione pensionabile è la media degli stipendi percepiti dal lavoratore in un determinato periodo di riferimento. Questo periodo varia a seconda degli anni di contribuzione:
- Ultimi 5 anni di retribuzioni per i lavoratori con meno di 15 anni di contributi.
- Ultimi 10 anni di retribuzioni per i lavoratori con più di 15 anni di contributi.
Per i lavoratori autonomi, il periodo di riferimento può essere più lungo e comprende generalmente gli ultimi 15 anni di reddito dichiarato.
L’aliquota di rendimento rappresenta la percentuale della retribuzione media che il lavoratore riceverà come pensione per ogni anno di contributi. Nel metodo retributivo, l’aliquota di rendimento è generalmente pari al 2% per ogni anno di contribuzione.
- Il metodo contributivo
Il metodo contributivo è il sistema di calcolo delle pensioni introdotto in Italia con la Riforma Dini del 1995, in risposta alla necessità di rendere il sistema pensionistico più sostenibile nel lungo termine. A differenza del metodo retributivo, che si basa sulle retribuzioni percepite negli ultimi anni di carriera, il metodo contributivo calcola la pensione sulla base dei contributi effettivamente versati dal lavoratore durante tutta la sua vita lavorativa.
Il metodo contributivo si basa su due principi fondamentali:
- I contributi versati: La pensione dipende esclusivamente dall’ammontare dei contributi versati durante la carriera lavorativa.
- La rivalutazione annuale: I contributi accumulati vengono rivalutati ogni anno in base a un tasso di crescita legato all’andamento dell’economia (PIL).
Il risultato finale è una pensione che riflette esattamente quanto il lavoratore ha versato durante la sua vita lavorativa, più la rivalutazione economica. Questo metodo si applica ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996, o a quelli che non hanno maturato 18 anni di contributi entro il 1995, per cui si applica il sistema misto (con una parte retributiva e una parte contributiva).
Ma vediamo nei dettagli i principi base del metodo contributivo: Durante la carriera lavorativa, ogni lavoratore versa contributi previdenziali che si accumulano in un montante contributivo che rappresenta la somma di tutti i contributi versati dal lavoratore durante gli anni di lavoro, più le rivalutazioni applicate nel tempo.
- Montante contributivo: Somma di tutti i contributi versati e rivalutati ogni anno.
- Rivalutazione annuale: Il montante contributivo viene rivalutato ogni anno in base all’andamento dell’economia. Il tasso di rivalutazione è legato alla crescita del PIL nominale.
Il montante contributivo viene convertito in pensione utilizzando un coefficiente di trasformazione. Questo coefficiente varia in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento: più si ritarda il pensionamento, maggiore sarà il coefficiente e quindi l’importo della pensione.
Il coefficiente di trasformazione rappresenta la percentuale del montante contributivo che viene trasformata in pensione annua. I coefficienti di trasformazione vengono periodicamente aggiornati per tenere conto dell’aumento dell’aspettativa di vita.
Il calcolo finale della pensione avviene moltiplicando il montante contributivo accumulato per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del pensionamento.
Pensione annua=Montante contributivo×Coefficiente di trasformazione
facciamo un esempio di come viene calcolata la pensione di un lavoratore che va in pensione nel 2024 all’età di 67 anni utilizzando il metodo contributivo.
- Età di pensionamento: 67 anni.
- Reddito medio annuo lordo: €45.000.
- Anni di contribuzione: 40 anni.
- Aliquota contributiva: 33% (per un lavoratore dipendente).
- Coefficiente di trasformazione a 67 anni: 5,719%
Il primo passo è determinare quanti contributi il lavoratore ha versato durante la sua vita lavorativa. L’aliquota contributiva è del 33% per i lavoratori dipendenti, che si applica al reddito annuo lordo.
Con un reddito medio annuo di €45.000, i contributi previdenziali versati ogni anno saranno:
Contributi annui = 45.000×33%=14.850euro annui
Il montante contributivo è la somma di tutti i contributi versati dal lavoratore durante la carriera lavorativa, rivalutati in base alla crescita del PIL. Per semplificare l’esempio, consideriamo il totale dei contributi versati senza considerare le rivalutazioni annuali.
Contributi annui: €14.850
Anni di contribuzione: 40 anni
Il montante contributivo accumulato in 40 anni sarà:
Montante contributivo=14.850euro×40=594.000euro.
Nella realtà, questo montante sarebbe più alto a causa della rivalutazione annuale in base all’indice ISTAT del PIL. Per semplicità, in questo esempio non consideriamo le rivalutazioni.
Il montante contributivo viene convertito in pensione annua utilizzando il coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento. Più alta è l’età del pensionamento, più elevato è il coefficiente di trasformazione.
Per un lavoratore che va in pensione a 67 anni nel 2024, il coefficiente di trasformazione indicativo è 5,719%.
Ora calcoliamo la pensione annua lorda moltiplicando il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione:
Pensione annua lorda = 594.000euro × 5,719% = 33.965,46euro lordi.
La pensione annua lorda per questo lavoratore sarà di €33.965,46. Questo importo è lordo e quindi soggetto a imposte. L’importo netto dipenderà dalle aliquote fiscali applicabili al reddito pensionistico.
Il sistema misto
Il sistema misto di calcolo della pensione in Italia combina due metodi principali: il metodo retributivo e il metodo contributivo. Questo sistema è stato introdotto con la Riforma Dini del 1995, in risposta alla necessità di garantire una maggiore sostenibilità del sistema pensionistico italiano.
Il sistema misto si applica a quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996, ma che non hanno maturato 18 anni di contribuzione entro quella data. Per i lavoratori con almeno 18 anni di contributi maturati entro il 1995, si applica interamente il metodo retributivo.
Il sistema misto combina i due metodi in questo modo:
- Metodo retributivo: Si applica ai contributi versati fino al 31 dicembre 1995.
- Metodo contributivo: Si applica ai contributi versati dal 1° gennaio 1996 in poi.
Il risultato finale è una pensione che riflette una quota calcolata con il metodo retributivo e una quota calcolata con il metodo contributivo. L’obiettivo è garantire un passaggio graduale dal sistema retributivo, che era più generoso ma insostenibile, a quello contributivo, che è più equo e legato ai contributi versati.
Tabella che confronta i tre principali metodi di calcolo della pensione: retributivo, contributivo, e sistema misto.
Caratteristica | Metodo Retributivo | Metodo Contributivo | Sistema Misto |
---|---|---|---|
Periodo di applicazione | Si applica ai contributi versati prima del 1996 (e interamente a chi ha 18 anni di contributi entro il 1995). | Si applica ai contributi versati dopo il 1996. | Combina il metodo retributivo per i contributi fino al 1995 e il metodo contributivo per i contributi dal 1996 in poi. |
Calcolo della pensione | Si basa sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro (gli ultimi 5 o 10 anni). | Si basa sui contributi effettivamente versati durante l’intera carriera, rivalutati in base al PIL nominale. | Utilizza il metodo retributivo per i contributi fino al 1995 e il contributivo per quelli dal 1996 in poi. |
Fattori di calcolo | Retribuzione media degli ultimi anni e aliquota di rendimento (2% per ogni anno di lavoro). | Montante contributivo (somma dei contributi versati) e coefficiente di trasformazione legato all’età di pensionamento. | Parte retributiva per i contributi fino al 1995 e parte contributiva per quelli successivi al 1996. |
Aliquota di rendimento | Ogni anno di lavoro vale il 2% della retribuzione media, fino a un massimo del 80% della retribuzione finale. | Non esiste aliquota di rendimento; il calcolo si basa sui contributi versati. | Aliquota di rendimento del 2% per la parte retributiva, e contributi rivalutati per la parte contributiva. |
Coefficiente di trasformazione | Non applicato. | Applicato sull’intero montante contributivo, varia in base all’età di pensionamento. | Applicato solo alla parte contributiva (contributi versati dal 1996 in poi). |
Importo della pensione | Dipende dalle retribuzioni percepite negli ultimi anni lavorativi. | Dipende dai contributi versati e dalla loro rivalutazione nel tempo. | È una combinazione di retribuzione per i contributi fino al 1995 e contributi effettivi dal 1996. |
Rivalutazione | Non esiste rivalutazione dei contributi. | I contributi versati sono rivalutati ogni anno in base al tasso di crescita del PIL nominale. | Solo i contributi successivi al 1996 sono rivalutati in base al PIL nominale. |
Vantaggi | Garantisce una pensione elevata per chi ha avuto retribuzioni alte negli ultimi anni di lavoro. | È equo, in quanto la pensione è proporzionata ai contributi effettivamente versati. | Benefici dalla generosità del retributivo e dall’equità del contributivo. |
Svantaggi | È meno equo per chi ha retribuzioni basse negli ultimi anni e meno sostenibile per il sistema. | Potenzialmente meno vantaggioso per chi ha avuto carriere discontinue o redditi bassi. | Meno generoso della parte retributiva pura, ma più sostenibile. |
A chi si applica | A chi ha maturato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. | A tutti i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996. | Ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, ma non hanno raggiunto 18 anni di contributi entro il 1995. |
Il diritto e la misura della pensione
Il sistema pensionistico italiano al 2024 offre un’ampia gamma di opzioni, che variano in base all’età, agli anni di contribuzione e alla condizione lavorativa. Il raggiungimento dell’età pensionabile non è l’unico criterio da considerare: esistono infatti soluzioni flessibili che consentono ai lavoratori di accedere alla pensione in anticipo, in base a specifiche situazioni personali o professionali.
Quando si parla di pensione, due concetti fondamentali da comprendere sono il diritto e la misura della pensione. Questi termini si riferiscono a due aspetti distinti e complementari: il diritto rappresenta la possibilità di ottenere la pensione, mentre la misura riguarda l’ammontare della pensione stessa.
Il diritto alla pensione si riferisce al momento in cui un lavoratore può effettivamente richiedere e ottenere il trattamento pensionistico. Questo dipende dal raggiungimento di determinati requisiti anagrafici (età) e contributivi (anni di contributi versati). Ottenere il diritto significa che il lavoratore ha soddisfatto tutte le condizioni necessarie per accedere alla pensione.
La misura della pensione riguarda invece l’importo che verrà effettivamente erogato al pensionato. Questo importo viene calcolato in base ai contributi che il lavoratore ha versato nel corso della sua carriera e al sistema di calcolo applicabile (retributivo, contributivo o misto).
La differenza tra diritto e misura sta nel fatto che:
- Il diritto alla pensione riguarda l’idoneità del lavoratore a ricevere la pensione, ovvero il raggiungimento di età e anni di contributi necessari per avere accesso al sistema pensionistico.
- La misura della pensione si riferisce all’importo mensile o annuale che il pensionato riceverà una volta maturato il diritto. Questo importo dipende dalle regole di calcolo applicabili (sistema retributivo, contributivo o misto) e dall’ammontare dei contributi versati nel corso della vita lavorativa.
Le diverse tipologie di contributi
Nel nostro sistema pensionistico esistono diverse tipologie di contribuzione che variano in base alla categoria di lavoratore, al tipo di contratto e alle circostanze individuali. Ogni tipo di contribuzione ha specifiche caratteristiche e finalità, influenzando direttamente il calcolo della pensione.
La contribuzione obbligatoria è la tipologia principale di contribuzione, versata regolarmente durante la vita lavorativa. Si tratta di contributi previdenziali trattenuti direttamente dalla retribuzione del lavoratore dipendente o versati autonomamente nel caso di lavoratori autonomi.
La contribuzione figurativa viene accreditata per periodi in cui il lavoratore non lavora ma è comunque coperto ai fini previdenziali. Non si tratta di contributi effettivamente versati, ma di crediti previdenziali riconosciuti dall’INPS in determinati casi di interruzione lavorativa.
La contribuzione volontaria consente ai lavoratori di continuare a versare contributi anche durante i periodi di inattività lavorativa. Questa opzione è utile per coloro che desiderano evitare interruzioni nel proprio percorso contributivo o anticipare il raggiungimento dei requisiti pensionistici.
Il riscatto dei contributi consente di coprire a pagamento alcuni periodi non coperti da contribuzione, per valorizzarli ai fini pensionistici. Tra i riscatti più comuni c’è quello degli anni di studio universitario.
Le diverse opzioni per andare in pensione
La pensione di vecchiaia è la forma più comune di pensionamento in Italia. Attualmente, per accedere alla pensione di vecchiaia è necessario soddisfare due requisiti principali:
- Età pensionabile: Attualmente fissata a 67 anni per uomini e donne, ma soggetta a futuri adeguamenti basati sull’aspettativa di vita.
- Contributi: È richiesto un minimo di 20 anni di contributi versati.
L’importo della pensione deve essere superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (circa €534,41 mensili nel 2024). Se inferiore, la pensione di vecchiaia è differita fino ai 71 anni, salvo particolari eccezioni.
La pensione anticipata consente ai lavoratori di andare in pensione prima dell’età di vecchiaia, a condizione che abbiano versato un certo numero di contributi. Attualmente, i requisiti sono:
- Uomini: 42 anni e 10 mesi di contributi.
- Donne: 41 anni e 10 mesi di contributi.
Non è prevista un’età minima per accedere alla pensione anticipata, ma la penalizzazione riguarda solo la durata della carriera lavorativa. Tuttavia, questa opzione richiede un alto numero di anni di contribuzione, che non tutti i lavoratori riescono a raggiungere.
L’Opzione Donna è una misura che consente alle donne di accedere alla pensione anticipata a condizioni favorevoli. Possono accedere alla pensione anticipata Opzione donna le lavoratrici dipendenti (caregivers, invalide 74%, dipendenti o licenziate da aziende in crisi), che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano maturato:
- un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni;
- un’età anagrafica pari o superiore a 61 anni, ridotta di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di 2 anni;
- un’età anagrafica pari o superiore a 59 anni se dipendenti o licenziate da aziende in crisi.
Prevista una finestra mobile di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti (18 mesi per le lavoratrici autonome)