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La Pensione Anticipata: Guida Completa

La pensione anticipata è una forma di trattamento previdenziale che permette ai lavoratori di uscire dal mondo del lavoro prima del raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. È stata introdotta con la riforma del sistema previdenziale della Legge Fornero (art. 24, co. 10 del D.L. n. 201/2011) e ha sostituito la precedente pensione di anzianità, che considerava sia l’età anagrafica che l’anzianità contributiva.

A differenza della pensione di vecchiaia, che richiede il raggiungimento di un’età minima, la pensione anticipata si basa esclusivamente sul numero di anni di contributi versati.

In pratica la pensione anticipata offre una via d’uscita flessibile dal mondo del lavoro prima dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, consentendo ai lavoratori di accedere al trattamento pensionistico sulla base dei soli requisiti contributivi. A seconda della carriera contributiva e delle specifiche situazioni lavorative, le opzioni e i benefici disponibili possono variare, permettendo di personalizzare il percorso verso il pensionamento.

Chi può richiedere la pensione anticipata?

La pensione anticipata può essere ottenuta da tutti i lavoratori iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), comprese le gestioni speciali come quella per i lavoratori autonomi. I requisiti contributivi sono i seguenti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini,
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Fino al 31 dicembre 2024, grazie alla modifica introdotta dal D.L. n. 4/2019 e dalla legge di Bilancio 2024 (L. n. 213/2023), non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita stabiliti dall’ISTAT.

La finestra temporale per il pensionamento anticipato

Una volta maturati i requisiti contributivi, per la liquidazione della pensione è necessario attendere un periodo di “finestra” (cioè il tempo che intercorre tra la maturazione dei requisiti e l’effettiva erogazione della pensione) di 3 mesi, durante il quale il lavoratore può continuare a svolgere attività lavorativa. Non è richiesto un requisito minimo di età.

A partire dal 2025, la finestra sarà gradualmente estesa, arrivando a 9 mesi nel 2028, per i lavoratori iscritti alle ex Casse amministrate dal Tesoro (CPDEL, CPS, CPI e CPUG), come previsto dall’art. 1, co. 162, della Legge di Bilancio 2024.

Facciamo un esempio: Maria, una lavoratrice dipendente, ha maturato i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne) il 1° giugno 2024. Maria deve attendere un periodo di 3 mesi dopo aver maturato i requisiti.

  • Data di maturazione del requisito: 1° giugno 2024.
  • Finestra di attesa: 3 mesi (giugno, luglio, agosto).
  • Data di decorrenza della pensione: Maria inizierà a percepire la pensione dal 1° settembre 2024.

Durante questi 3 mesi, Maria può scegliere di continuare a lavorare o cessare l’attività lavorativa, ma l’assegno pensionistico sarà erogato a partire dal 1° settembre 2024.

È necessario interrompere il lavoro per accedere alla pensione anticipata?

Per avere diritto alla pensione anticipata, è obbligatorio cessare ogni attività di lavoro subordinato. Non è invece richiesta l’interruzione di attività lavorative autonome o parasubordinate, come le collaborazioni. I lavoratori che proseguono un’attività part-time, in base all’art. 1 co. 7 del D.Lgs. n. 503/1992 e art. 1 co. 20 della L. n. 335/1995, possono accedere alla pensione senza interrompere il rapporto lavorativo.

Una volta cessata l’attività di lavoro subordinato e iniziata la percezione della pensione, è possibile riprendere un nuovo rapporto di lavoro subordinato, poiché il D.L. n. 112/2008 consente la piena cumulabilità tra pensione anticipata e redditi da lavoro.

Contributi utili per ottenere la pensione anticipata

I contributi validi per la pensione anticipata comprendono diverse tipologie. Ecco le principali:

a. Contributi obbligatori: sono quelli versati automaticamente durante i periodi di lavoro dipendente o autonomo. Sono i contributi standard che ogni lavoratore accumula in base alle retribuzioni ricevute e ai periodi di attività lavorativa svolti. 

b. Contributi figurativi: sono contributi accreditati senza un effettivo versamento da parte del lavoratore o del datore di lavoro, ma riconosciuti dall’INPS in specifiche situazioni di inattività lavorativa, come malattia, maternità o disoccupazione. Sono considerati utili per il raggiungimento del requisito contributivo, seppur con alcune limitazioni. I principali casi in cui possono essere riconosciuti i contributi figurativi sono la  Malattia, Maternità e paternità, Disoccupazione indennizzata, Servizio militare

c. Contributi da riscatto: sono versamenti facoltativi effettuati dal lavoratore per coprire determinati periodi non lavorati, ma che possono essere considerati utili ai fini pensionistici. I periodi riscattabili includono:

  • Riscatto degli anni di laurea: I lavoratori possono riscattare il periodo degli studi universitari per far valere gli anni passati all’università come contributi ai fini pensionistici. Il riscatto è a pagamento e il costo varia a seconda dell’età e della retribuzione del lavoratore al momento della richiesta.
  • Riscatto di altri periodi non coperti da contribuzione: Alcuni periodi di attività lavorativa svolta senza versamento di contributi (es. collaborazione occasionale) o i periodi di formazione professionale possono essere riscattati, sempre a pagamento. Il riscatto degli anni di laurea e di altri periodi non coperti da contribuzione può contribuire a raggiungere il requisito contributivo per la pensione anticipata, accelerando il pensionamento.

d. Contributi volontari: sono versati direttamente dal lavoratore che sceglie di continuare a contribuire anche dopo aver interrotto l’attività lavorativa. Questa opzione è particolarmente utile per chi desidera colmare i buchi contributivi o raggiungere più rapidamente i requisiti per la pensione anticipata.

Tuttavia, per avere diritto alla pensione anticipata è necessario che almeno 35 anni di contributi siano effettivi, al netto dei contributi figurativi relativi a periodi di disoccupazione indennizzata, malattia o infortunio non coperti dal datore di lavoro (art. 22 co. 1 della L. n. 153/1969; circ. INPS 180/2014).

Chi opta per il calcolo contributivo integrale o chi non ha contribuzione prima del 1996 non può includere nel calcolo contributi derivanti dalla prosecuzione volontaria del versamento (art. 1 co. 7 della L. n. 335/1995).

Cumulo contributivo

Il cumulo contributivo è una possibilità che consente ai lavoratori di sommare i periodi contributivi maturati in diverse gestioni previdenziali (compresa la Gestione Separata INPS e le casse professionali) per ottenere il diritto alla pensione, senza trasferire i contributi da una gestione all’altra.

I lavoratori che hanno versato contributi in diverse gestioni previdenziali possono usufruire del cumulo contributivo per raggiungere il requisito richiesto per la pensione anticipata. Questo istituto consente di sommare i contributi versati in più gestioni (es. gestione separata, casse professionali) per ottenere un unico trattamento pensionistico.

Il cumulo è regolato dall’art. 1 co. 239 e ss. della L. n. 228/2012, modificato dalla L. n. 232/2016, ed è particolarmente utile per chi ha carriere discontinue o con diverse forme di lavoro.

Come si calcola la pensione anticipata?

Il calcolo della pensione anticipata segue lo stesso criterio applicato per gli altri trattamenti pensionistici e varia in base al sistema previdenziale a cui appartiene il lavoratore:

  • Sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011, contributivo successivo: per chi ha almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995.
  • Sistema misto (retributivo fino al 31 dicembre 1995, contributivo dopo): per chi ha meno di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995.
  • Sistema contributivo integrale: per chi non possiede contribuzione al 31 dicembre 1995 o sceglie l’opzione per il calcolo contributivo.

In caso di pensione anticipata in regime di cumulo, vengono presi in considerazione tutti i contributi accreditati nelle gestioni INPS. Non vengono invece conteggiati i contributi accreditati nelle casse professionali per il raggiungimento dei 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995. Ogni gestione previdenziale liquida la quota di competenza secondo le proprie regole.

La pensione anticipata può inoltre essere integrata al trattamento minimo o beneficiare delle maggiorazioni sociali, come il cosiddetto incremento al milione o la quattordicesima, qualora sussistano le condizioni.

Come richiedere la pensione anticipata?

La domanda per la pensione anticipata deve essere presentata tramite il portale INPS, utilizzando credenziali SPID, CNS o CIE 3.0. È necessario accedere al servizio “Domanda di prestazioni pensionistiche” e selezionare “Nuova prestazione pensionistica” per poi scegliere “Pensione anticipata”.

Durante la procedura, l’utente deve fornire diverse informazioni, tra cui:

  • Il fondo o i fondi a cui è iscritto,
  • La data di cessazione del rapporto di lavoro,
  • Dati relativi ai redditi e al pagamento della pensione.

La procedura consente anche di richiedere accrediti di contributi figurativi, servizi militari, o l’integrazione al minimo. È possibile ricevere supporto dal contact center INPS o dai patronati.

Chi ha diritto alla pensione anticipata con requisito ridotto?

Alcuni lavoratori possono accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi (più 3 mesi di finestra) se rientrano tra i lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno almeno 12 mesi di contribuzione effettiva prima del compimento dei 19 anni (non è valida la contribuzione da accreditamento del servizio militare o da riscatto di laurea). 

Per accedere a questa agevolazione, i lavoratori devono appartenere a specifiche categorie tutelate:

Disoccupati: Devono aver perso il lavoro involontariamente e aver concluso da almeno 3 mesi la percezione dell’indennità di disoccupazione (Naspi o altra misura analoga).

Caregiver: coloro che assistono da almeno 6 mesi un familiare disabile grave (ai sensi della L. n. 104/1992).

– Lavoratori con invalidità: superiore o pari al 74%.

– Lavoratori addetti a mansioni gravose: specifiche categorie di lavoratori che hanno svolto mansioni gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7 prima del pensionamento.

– Lavoratori addetti a lavori usuranti o notturni: Questi lavoratori rientrano nelle categorie definite dal D.lgs. n. 67/2011.

Come richiedere la pensione anticipata con requisito ridotto?

La domanda per la certificazione dei requisiti deve essere presentata all’INPS entro il 1° marzo dell’anno in cui si maturano i requisiti. In caso di presentazione tardiva (entro il 30 novembre), l’accesso alla pensione sarà subordinato alla disponibilità delle risorse finanziarie.

Una volta ottenuta la certificazione, è possibile presentare la domanda definitiva di pensione anticipata.

Pensione anticipata a 64 anni

La pensione anticipata a 64 anni è una forma di pensionamento dedicata a coloro che non hanno maturato contribuzione prima del 1° gennaio 1996 e che pertanto vedono il loro assegno pensionistico calcolato interamente con metodo contributivo. Questo trattamento pensionistico, regolato dall’art. 24, co. 11 del D.L. n. 201/2011, consente di ritirarsi dal lavoro prima del raggiungimento dell’età ordinaria per la pensione di vecchiaia, ma a determinate condizioni:

  • Almeno 20 anni di contributi (tutti ad esclusione dei contributivi figurativi da disoccupazione o malattia non integrata)
  • Età anagrafica pari a 64 anni (requisito univoco sia per uomini che per donne) 
  • Importo minimo della pensione: La pensione deve avere un importo mensile pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale (1.603,23 euro per il 2024).
    • Per le donne con un figlio, l’importo minimo è pari a 2,8 volte l’assegno sociale (1.496,35 euro).
    • Per le donne con due o più figli, l’importo minimo scende a 2,6 volte l’assegno sociale (1.389,47 euro).

Per poter accedere alla pensione, è previsto un periodo di attesa (finestra) di 3 mesi dopo il raggiungimento dei requisiti contributivi.

Per raggiungere i 20 anni di contributi richiesti, è possibile utilizzare il cumulo dei contributi versati in diverse gestioni previdenziali, inclusi i contributi versati presso le casse professionali.

Dal 2024, è introdotto un tetto massimo all’importo della pensione anticipata, che non può superare 5 volte il trattamento minimo (circa 2.993,05 euro per il 2024) fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria di 67 anni.

Questa opzione è pensata per chi ha contribuzione esclusivamente dopo il 1996 e consente il pensionamento anticipato con requisiti agevolati, ma con la garanzia di un importo pensionistico adeguato.

Pensione anticipata per lavoratori con contributi pre-1995

I lavoratori con contribuzione accreditata prima del 1995 possono accedere alla pensione anticipata a 64 anni, utilizzando il computo nella Gestione Separata. Per farlo, devono soddisfare le seguenti condizioni:

  • Almeno 15 anni di contributi totali, di cui 5 accreditati dopo il 1° gennaio 1996,
  • Meno di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 e almeno un contributo nella Gestione Separata

Esempio di pensione anticipata con lavoratore dipendente 

Giovanni è un lavoratore dipendente che ha iniziato a lavorare all’età di 20 anni senza nessun tipo di interruzione.  Ora ha 62 anni e si chiede se può andare in pensione anticipata. Ha versato regolarmente i contributi durante tutta la sua carriera lavorativa. Per accedere alla pensione anticipata, i requisiti contributivi attuali sono per gli Uomini 42 anni e 10 mesi di contributi.

Giovanni ha accumulato 42 anni di contributi, ma per poter accedere alla pensione anticipata gli mancano ancora 10 mesi di contributi per raggiungere i 42 anni e 10 mesi, che è il requisito per gli uomini. Quindi, Giovanni dovrà lavorare ancora 10 mesi.

Una volta maturati i 42 anni e 10 mesi di contributi, Giovanni avrà diritto alla pensione anticipata, anche se non ha raggiunto l’età pensionabile ordinaria di 67 anni.

Per calcolare l’importo della pensione anticipata di Giovanni, verranno utilizzati i seguenti sistemi di calcolo, a seconda dei contributi maturati prima e dopo il 1996:

  • Contributi versati prima del 1996: Saranno calcolati con il sistema retributivo, che si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di lavoro.
  • Contributi versati dal 1996 in poi: Saranno calcolati con il sistema contributivo, che si basa sui contributi effettivamente versati e applica un coefficiente di trasformazione legato all’età.

Supponiamo che Giovanni abbia percepito uno stipendio medio lordo annuo di €40.000 negli ultimi anni. Ecco una stima approssimativa del suo assegno pensionistico:

  1. Quota retributiva (contributi fino al 1995):
    • Supponiamo che Giovanni abbia maturato 15 anni di contributi prima del 1996. Questa parte della sua pensione sarà calcolata con il sistema retributivo, che potrebbe portare a una quota di circa €1.200 lordi al mese.
  2. Quota contributiva (contributi dal 1996 in poi):
    • Giovanni ha maturato 27 anni di contributi dal 1996 in poi. Questa parte sarà calcolata con il sistema contributivo e potrebbe corrispondere a circa €900 lordi al mese.

Sommando le due quote, l’importo stimato della pensione di Giovanni potrebbe essere di circa €2.100 lordi al mese. Tuttavia, l’importo effettivo dipenderà dai dettagli specifici del suo percorso contributivo e dalle regole applicabili al momento della richiesta.

Una volta maturati i 42 anni e 10 mesi di contributi, Giovanni dovrà attendere un periodo di finestra di 3 mesi prima di iniziare a percepire il primo assegno pensionistico. Durante questo periodo, potrà continuare a lavorare o cessare l’attività.

Giovanni, avendo iniziato a lavorare a 20 anni e avendo accumulato 42 anni di contributi, potrà andare in pensione anticipata una volta maturati 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Dopo aver maturato i requisiti contributivi, dovrà attendere un periodo di finestra di 3 mesi prima di iniziare a percepire l’assegno pensionistico.

Guida al sistema pensionistico italiano 

Introduzione

Il sistema pensionistico in Italia è principalmente un sistema definito a ripartizione, in cui i contributi pagati dai lavoratori attivi vengono utilizzati per finanziare le pensioni di coloro che sono in pensione. A differenza di un sistema a capitalizzazione, dove i contributi vengono accumulati e investiti nei mercati finanziari per ogni lavoratore, in un sistema a ripartizione non c’è accumulo di riserve.

Il modello a ripartizione implica che il funzionamento del sistema dipenda dalla presenza di un numero sufficiente di lavoratori attivi e di salari sufficientemente alti per coprire le spese pensionistiche. Questo tipo di sistema, sebbene funzioni efficacemente in condizioni di crescita economica e demografica stabile, diventa vulnerabile in contesti di invecchiamento della popolazione e bassa natalità.

Nel sistema a ripartizione:

  • I contributi raccolti dai lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni degli attuali pensionati.
  • Non esiste un accumulo di riserve: il sistema si basa sul principio della solidarietà intergenerazionale.
  • La sostenibilità del sistema dipende dal numero di lavoratori attivi e dal livello dei loro salari. Se la popolazione attiva diminuisce o i salari restano stagnanti, il sistema entra in crisi.
  • Ecco una tabella di riepilogo che confronta il sistema a ripartizione e il sistema a capitalizzazione:
CaratteristicaSistema a RipartizioneSistema a Capitalizzazione
Principio di funzionamentoI contributi dei lavoratori attivi vengono utilizzati per pagare le pensioni dei pensionati attuali.I contributi versati dai lavoratori vengono investiti in fondi, e la pensione si basa sul rendimento di questi investimenti.
Legame tra contributi e pensioniNon diretto: i lavoratori attivi finanziano i pensionati (modello di solidarietà intergenerazionale).Diretto: la pensione dipende dai contributi versati e dai rendimenti accumulati.
Fattori di rischioInvecchiamento della popolazione (pochi lavoratori attivi e molti pensionati).Rischi di mercato (fluttuazioni dei mercati finanziari).
SostenibilitàDipende dal rapporto tra lavoratori attivi e pensionati e dalla demografia.Dipende dal rendimento degli investimenti e dalle scelte di gestione dei fondi.
Benefici per i lavoratoriPiù stabile in termini di importi, poiché i lavoratori attuali coprono i pensionati.Potenzialmente più elevato se gli investimenti producono rendimenti alti, ma più incerto.
Esempio di applicazioneSistema pensionistico pubblico italiano (metodo contributivo e retributivo).Fondi pensione privati o previdenza complementare.
Trasferimento del rischioIl rischio è principalmente a carico dello Stato e del sistema previdenziale.Il rischio è a carico del singolo lavoratore che investe nei fondi pensione.

L’equilibrio di un sistema a ripartizione dipende dalla crescita economica e dal rapporto tra lavoratori attivi e pensionati. Se la popolazione invecchia e il numero di pensionati aumenta rispetto ai lavoratori attivi, le risorse disponibili per finanziare le pensioni possono diminuire, creando pressioni sul sistema. 

Questo è uno dei problemi centrali che il sistema pensionistico italiano si trova ad affrontare, soprattutto in un contesto di bassa natalità e di crescita economica lenta.

Il problema dell’invecchiamento della popolazione

Uno dei temi principali nel nostro sistema previdenziale è l’invecchiamento della popolazione. Le piramidi demografiche mostrano come la popolazione italiana stia progressivamente invecchiando, con un aumento significativo del numero di persone anziane rispetto ai giovani. Questo fenomeno crea una pressione crescente sul sistema pensionistico a ripartizione, poiché ci sono meno lavoratori attivi per ogni pensionato.

Immagine output

Basta guardare la piramide demografica” dell’Italia per il 2023 che rappresenta una fotografia precisa di come la popolazione stia cambiando nel tempo, rivelando una tendenza ormai consolidata verso un invecchiamento progressivo. Questa evoluzione ha profonde implicazioni per la società e l’economia del paese, toccando temi quali la natalità, la sostenibilità del sistema pensionistico e le politiche di welfare.

Uno degli aspetti più evidenti della piramide demografica è la base stretta, che rappresenta la popolazione più giovane, in particolare quella tra gli 0 e i 14 anni. Questo dato evidenzia un chiaro calo delle nascite, un fenomeno che si osserva non solo in Italia, ma in molti altri paesi sviluppati. Le famiglie italiane, oggi, tendono ad avere meno figli rispetto al passato, e spesso scelgono di diventare genitori in età più avanzata.

Questo calo delle nascite ha conseguenze a lungo termine sul sistema socio-economico del paese. Con un numero inferiore di giovani, in futuro ci sarà una forza lavoro ridotta e un minore contributo al sistema previdenziale e di welfare, mettendo in discussione la sostenibilità del modello attuale.

La fascia centrale della piramide, che comprende la popolazione tra i 35 e i 64 anni, rimane ancora abbastanza ampia. Questo indica che, per ora, c’è ancora un buon numero di persone in età lavorativa, soprattutto nelle fasce tra i 45 e i 59 anni, che rappresentano un segmento rilevante della forza lavoro.

Tuttavia, la transizione verso la pensione di questa fascia è imminente. Molti di questi lavoratori sono a pochi anni dal raggiungimento dell’età pensionabile, e con una popolazione giovane ridotta, si prospettano sfide significative per il sistema previdenziale. Il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati diventerà sempre più squilibrato, con una pressione crescente sui contributi dei più giovani per finanziare le pensioni della generazione in uscita dal mercato del lavoro.

Uno dei dati più preoccupanti è la parte superiore della piramide, che si allarga significativamente a partire dai 65 anni in su. Questa sezione riflette l’invecchiamento progressivo della popolazione italiana, con un numero crescente di persone anziane rispetto alle generazioni più giovani.

In particolare, la fascia tra i 65 e gli 85 anni è tra le più numerose, segno di una maggiore longevità della popolazione italiana. Se da un lato questo è un segno positivo, poiché riflette i progressi della medicina e un miglioramento generale delle condizioni di vita, dall’altro crea problemi in termini di sostenibilità economica e sociale. Le persone anziane richiedono infatti maggiori cure e assistenza, con costi crescenti per il sistema sanitario e sociale.

I metodi di calcolo della pensione

Il calcolo della pensione in Italia può avvenire attraverso due principali metodi: retributivo e contributivo. Nel corso degli anni, a causa delle riforme pensionistiche, i criteri di calcolo delle pensioni sono cambiati, spostandosi progressivamente da un sistema retributivo, che garantiva pensioni più generose, a un sistema contributivo, che lega l’importo della pensione ai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa. Il sistema misto combina entrambi i metodi e si applica a determinate categorie di lavoratori.  Vediamoli insieme !

  1. Il metodo retributivo

Il metodo retributivo è stato utilizzato in Italia fino alla metà degli anni ’90. Questo sistema calcola la pensione sulla base della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore durante gli ultimi anni di attività lavorativa, spesso i più redditizi. Questo metodo è vantaggioso per chi ha avuto una carriera stabile e con retribuzioni in crescita, poiché la pensione risulta generalmente più alta rispetto ai contributi effettivamente versati.

Infatti, le pensioni calcolate con il metodo retributivo tendono a essere più elevate rispetto al metodo contributivo, poiché non dipendono dai contributi effettivamente versati durante tutta la carriera lavorativa, ma si basano sulle retribuzioni più recenti.

Il metodo retributivo si applica solo ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996 e che avevano maturato almeno 18 anni di contributi entro quella data. Per chi non ha raggiunto i 18 anni di contributi entro quella data, si applica invece il sistema misto, che combina una quota retributiva per gli anni lavorati fino al 1995 e una quota contributiva per quelli successivi.

Il calcolo della pensione con il metodo retributivo tiene conto di due fattori principali:

  • La retribuzione pensionabile: la media delle retribuzioni percepite durante gli ultimi anni di lavoro.
  • L’aliquota di rendimento: una percentuale che viene applicata per ogni anno di contribuzione.

La retribuzione pensionabile è la media degli stipendi percepiti dal lavoratore in un determinato periodo di riferimento. Questo periodo varia a seconda degli anni di contribuzione:

  • Ultimi 5 anni di retribuzioni per i lavoratori con meno di 15 anni di contributi.
  • Ultimi 10 anni di retribuzioni per i lavoratori con più di 15 anni di contributi.

Per i lavoratori autonomi, il periodo di riferimento può essere più lungo e comprende generalmente gli ultimi 15 anni di reddito dichiarato.

L’aliquota di rendimento rappresenta la percentuale della retribuzione media che il lavoratore riceverà come pensione per ogni anno di contributi. Nel metodo retributivo, l’aliquota di rendimento è generalmente pari al 2% per ogni anno di contribuzione.

  1. Il metodo contributivo

Il metodo contributivo è il sistema di calcolo delle pensioni introdotto in Italia con la Riforma Dini del 1995, in risposta alla necessità di rendere il sistema pensionistico più sostenibile nel lungo termine. A differenza del metodo retributivo, che si basa sulle retribuzioni percepite negli ultimi anni di carriera, il metodo contributivo calcola la pensione sulla base dei contributi effettivamente versati dal lavoratore durante tutta la sua vita lavorativa.

Il metodo contributivo si basa su due principi fondamentali:

  • I contributi versati: La pensione dipende esclusivamente dall’ammontare dei contributi versati durante la carriera lavorativa.
  • La rivalutazione annuale: I contributi accumulati vengono rivalutati ogni anno in base a un tasso di crescita legato all’andamento dell’economia (PIL).

Il risultato finale è una pensione che riflette esattamente quanto il lavoratore ha versato durante la sua vita lavorativa, più la rivalutazione economica. Questo metodo si applica ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996, o a quelli che non hanno maturato 18 anni di contributi entro il 1995, per cui si applica il sistema misto (con una parte retributiva e una parte contributiva).

Ma vediamo nei dettagli i principi base del metodo contributivo: Durante la carriera lavorativa, ogni lavoratore versa contributi previdenziali che si accumulano in un montante contributivo che rappresenta la somma di tutti i contributi versati dal lavoratore durante gli anni di lavoro, più le rivalutazioni applicate nel tempo.

  • Montante contributivo: Somma di tutti i contributi versati e rivalutati ogni anno.
  • Rivalutazione annuale: Il montante contributivo viene rivalutato ogni anno in base all’andamento dell’economia. Il tasso di rivalutazione è legato alla crescita del PIL nominale.

Il montante contributivo viene convertito in pensione utilizzando un coefficiente di trasformazione. Questo coefficiente varia in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento: più si ritarda il pensionamento, maggiore sarà il coefficiente e quindi l’importo della pensione.

Il coefficiente di trasformazione rappresenta la percentuale del montante contributivo che viene trasformata in pensione annua. I coefficienti di trasformazione vengono periodicamente aggiornati per tenere conto dell’aumento dell’aspettativa di vita.

Il calcolo finale della pensione avviene moltiplicando il montante contributivo accumulato per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del pensionamento.

Pensione annua=Montante contributivo×Coefficiente di trasformazione

facciamo un esempio di come viene calcolata la pensione di un lavoratore che va in pensione nel 2024 all’età di 67 anni utilizzando il metodo contributivo.

  • Età di pensionamento: 67 anni.
  • Reddito medio annuo lordo: €45.000.
  • Anni di contribuzione: 40 anni.
  • Aliquota contributiva: 33% (per un lavoratore dipendente).
  • Coefficiente di trasformazione a 67 anni: 5,719% 

Il primo passo è determinare quanti contributi il lavoratore ha versato durante la sua vita lavorativa. L’aliquota contributiva è del 33% per i lavoratori dipendenti, che si applica al reddito annuo lordo.

Con un reddito medio annuo di €45.000, i contributi previdenziali versati ogni anno saranno:

Contributi annui = 45.000×33%=14.850euro annui

Il montante contributivo è la somma di tutti i contributi versati dal lavoratore durante la carriera lavorativa, rivalutati in base alla crescita del PIL. Per semplificare l’esempio, consideriamo il totale dei contributi versati senza considerare le rivalutazioni annuali.

Contributi annui: €14.850
Anni di contribuzione: 40 anni

Il montante contributivo accumulato in 40 anni sarà:

Montante contributivo=14.850euro×40=594.000euro.

Nella realtà, questo montante sarebbe più alto a causa della rivalutazione annuale in base all’indice ISTAT del PIL. Per semplicità, in questo esempio non consideriamo le rivalutazioni.

Il montante contributivo viene convertito in pensione annua utilizzando il coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento. Più alta è l’età del pensionamento, più elevato è il coefficiente di trasformazione.

Per un lavoratore che va in pensione a 67 anni nel 2024, il coefficiente di trasformazione indicativo è 5,719%.

Ora calcoliamo la pensione annua lorda moltiplicando il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione:

Pensione annua lorda = 594.000euro × 5,719% = 33.965,46euro lordi.

La pensione annua lorda per questo lavoratore sarà di €33.965,46. Questo importo è lordo e quindi soggetto a imposte. L’importo netto dipenderà dalle aliquote fiscali applicabili al reddito pensionistico.

Il sistema misto

Il sistema misto di calcolo della pensione in Italia combina due metodi principali: il metodo retributivo e il metodo contributivo. Questo sistema è stato introdotto con la Riforma Dini del 1995, in risposta alla necessità di garantire una maggiore sostenibilità del sistema pensionistico italiano.

Il sistema misto si applica a quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996, ma che non hanno maturato 18 anni di contribuzione entro quella data. Per i lavoratori con almeno 18 anni di contributi maturati entro il 1995, si applica interamente il metodo retributivo.

Il sistema misto combina i due metodi in questo modo:

  • Metodo retributivo: Si applica ai contributi versati fino al 31 dicembre 1995.
  • Metodo contributivo: Si applica ai contributi versati dal 1° gennaio 1996 in poi.

Il risultato finale è una pensione che riflette una quota calcolata con il metodo retributivo e una quota calcolata con il metodo contributivo. L’obiettivo è garantire un passaggio graduale dal sistema retributivo, che era più generoso ma insostenibile, a quello contributivo, che è più equo e legato ai contributi versati.

Tabella che confronta i tre principali metodi di calcolo della pensione: retributivo, contributivo, e sistema misto.

CaratteristicaMetodo RetributivoMetodo ContributivoSistema Misto
Periodo di applicazioneSi applica ai contributi versati prima del 1996 (e interamente a chi ha 18 anni di contributi entro il 1995).Si applica ai contributi versati dopo il 1996.Combina il metodo retributivo per i contributi fino al 1995 e il metodo contributivo per i contributi dal 1996 in poi.
Calcolo della pensioneSi basa sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro (gli ultimi 5 o 10 anni).Si basa sui contributi effettivamente versati durante l’intera carriera, rivalutati in base al PIL nominale.Utilizza il metodo retributivo per i contributi fino al 1995 e il contributivo per quelli dal 1996 in poi.
Fattori di calcoloRetribuzione media degli ultimi anni e aliquota di rendimento (2% per ogni anno di lavoro).Montante contributivo (somma dei contributi versati) e coefficiente di trasformazione legato all’età di pensionamento.Parte retributiva per i contributi fino al 1995 e parte contributiva per quelli successivi al 1996.
Aliquota di rendimentoOgni anno di lavoro vale il 2% della retribuzione media, fino a un massimo del 80% della retribuzione finale.Non esiste aliquota di rendimento; il calcolo si basa sui contributi versati.Aliquota di rendimento del 2% per la parte retributiva, e contributi rivalutati per la parte contributiva.
Coefficiente di trasformazioneNon applicato.Applicato sull’intero montante contributivo, varia in base all’età di pensionamento.Applicato solo alla parte contributiva (contributi versati dal 1996 in poi).
Importo della pensioneDipende dalle retribuzioni percepite negli ultimi anni lavorativi.Dipende dai contributi versati e dalla loro rivalutazione nel tempo.È una combinazione di retribuzione per i contributi fino al 1995 e contributi effettivi dal 1996.
RivalutazioneNon esiste rivalutazione dei contributi.I contributi versati sono rivalutati ogni anno in base al tasso di crescita del PIL nominale.Solo i contributi successivi al 1996 sono rivalutati in base al PIL nominale.
VantaggiGarantisce una pensione elevata per chi ha avuto retribuzioni alte negli ultimi anni di lavoro.È equo, in quanto la pensione è proporzionata ai contributi effettivamente versati.Benefici dalla generosità del retributivo e dall’equità del contributivo.
SvantaggiÈ meno equo per chi ha retribuzioni basse negli ultimi anni e meno sostenibile per il sistema.Potenzialmente meno vantaggioso per chi ha avuto carriere discontinue o redditi bassi.Meno generoso della parte retributiva pura, ma più sostenibile.
A chi si applicaA chi ha maturato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.A tutti i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996.Ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, ma non hanno raggiunto 18 anni di contributi entro il 1995.

Il diritto e la misura della pensione

Il sistema pensionistico italiano al 2024 offre un’ampia gamma di opzioni, che variano in base all’età, agli anni di contribuzione e alla condizione lavorativa. Il raggiungimento dell’età pensionabile non è l’unico criterio da considerare: esistono infatti soluzioni flessibili che consentono ai lavoratori di accedere alla pensione in anticipo, in base a specifiche situazioni personali o professionali.

Quando si parla di pensione, due concetti fondamentali da comprendere sono il diritto e la misura della pensione. Questi termini si riferiscono a due aspetti distinti e complementari: il diritto rappresenta la possibilità di ottenere la pensione, mentre la misura riguarda l’ammontare della pensione stessa.

Il diritto alla pensione si riferisce al momento in cui un lavoratore può effettivamente richiedere e ottenere il trattamento pensionistico. Questo dipende dal raggiungimento di determinati requisiti anagrafici (età) e contributivi (anni di contributi versati). Ottenere il diritto significa che il lavoratore ha soddisfatto tutte le condizioni necessarie per accedere alla pensione.

La misura della pensione riguarda invece l’importo che verrà effettivamente erogato al pensionato. Questo importo viene calcolato in base ai contributi che il lavoratore ha versato nel corso della sua carriera e al sistema di calcolo applicabile (retributivo, contributivo o misto).

La differenza tra diritto e misura sta nel fatto che:

  • Il diritto alla pensione riguarda l’idoneità del lavoratore a ricevere la pensione, ovvero il raggiungimento di età e anni di contributi necessari per avere accesso al sistema pensionistico.
  • La misura della pensione si riferisce all’importo mensile o annuale che il pensionato riceverà una volta maturato il diritto. Questo importo dipende dalle regole di calcolo applicabili (sistema retributivo, contributivo o misto) e dall’ammontare dei contributi versati nel corso della vita lavorativa.

Le diverse tipologie di contributi 

Nel nostro sistema pensionistico esistono diverse tipologie di contribuzione che variano in base alla categoria di lavoratore, al tipo di contratto e alle circostanze individuali. Ogni tipo di contribuzione ha specifiche caratteristiche e finalità, influenzando direttamente il calcolo della pensione.

La contribuzione obbligatoria è la tipologia principale di contribuzione, versata regolarmente durante la vita lavorativa. Si tratta di contributi previdenziali trattenuti direttamente dalla retribuzione del lavoratore dipendente o versati autonomamente nel caso di lavoratori autonomi.

La contribuzione figurativa viene accreditata per periodi in cui il lavoratore non lavora ma è comunque coperto ai fini previdenziali. Non si tratta di contributi effettivamente versati, ma di crediti previdenziali riconosciuti dall’INPS in determinati casi di interruzione lavorativa.

La contribuzione volontaria consente ai lavoratori di continuare a versare contributi anche durante i periodi di inattività lavorativa. Questa opzione è utile per coloro che desiderano evitare interruzioni nel proprio percorso contributivo o anticipare il raggiungimento dei requisiti pensionistici.

Il riscatto dei contributi consente di coprire a pagamento alcuni periodi non coperti da contribuzione, per valorizzarli ai fini pensionistici. Tra i riscatti più comuni c’è quello degli anni di studio universitario.

Le diverse opzioni per andare in pensione

La pensione di vecchiaia è la forma più comune di pensionamento in Italia. Attualmente, per accedere alla pensione di vecchiaia è necessario soddisfare due requisiti principali:

  • Età pensionabile: Attualmente fissata a 67 anni per uomini e donne, ma soggetta a futuri adeguamenti basati sull’aspettativa di vita.
  • Contributi: È richiesto un minimo di 20 anni di contributi versati.

L’importo della pensione deve essere superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (circa €534,41 mensili nel 2024). Se inferiore, la pensione di vecchiaia è differita fino ai 71 anni, salvo particolari eccezioni.

La pensione anticipata consente ai lavoratori di andare in pensione prima dell’età di vecchiaia, a condizione che abbiano versato un certo numero di contributi. Attualmente, i requisiti sono:

  • Uomini: 42 anni e 10 mesi di contributi.
  • Donne: 41 anni e 10 mesi di contributi.

Non è prevista un’età minima per accedere alla pensione anticipata, ma la penalizzazione riguarda solo la durata della carriera lavorativa. Tuttavia, questa opzione richiede un alto numero di anni di contribuzione, che non tutti i lavoratori riescono a raggiungere.

L’Opzione Donna è una misura che consente alle donne di accedere alla pensione anticipata a condizioni favorevoli. Possono accedere alla pensione anticipata Opzione donna le lavoratrici dipendenti (caregivers, invalide 74%, dipendenti o licenziate da aziende in crisi), che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano maturato:

  • un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni;
  • un’età anagrafica pari o superiore a 61 anni, ridotta di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di 2 anni;
  • un’età anagrafica pari o superiore a 59 anni se dipendenti o licenziate da aziende in crisi.

Prevista una finestra mobile di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti (18 mesi per le lavoratrici autonome)

Guida all’estratto conto contributivo

Nel contesto previdenziale, il capitale pensionistico di ciascun individuo rappresenta l’accumulo di una vita di lavoro, derivante dai contributi versati nei diversi pilastri del sistema previdenziale, sia pubblico che privato. Questo capitale non è solo un numero, ma il frutto di anni di impegno, dedizione e sacrificio. Tuttavia, è sorprendente quanto spesso questo patrimonio venga trattato con distacco, come se fosse un elemento separato dalla propria pianificazione finanziaria complessiva.

Molti individui, infatti, non esercitano un controllo attivo e regolare sulla propria situazione contributiva, cadendo nell’errore di considerare il capitale pensionistico come qualcosa di automatico e immutabile, destinato a maturare senza necessità di interventi o verifiche. Questa visione superficiale e passiva può avere conseguenze significative, poiché non permette di identificare e correggere tempestivamente eventuali lacune o anomalie nei versamenti contributivi, né di adottare strategie proattive per ottimizzare il rendimento del proprio patrimonio previdenziale.

La mancanza di una percezione accurata e consapevole del proprio capitale pensionistico porta a trascurare questioni fondamentali, come la verifica della corretta registrazione dei contributi, la valutazione di eventuali periodi di  non copertura contributiva, o la possibilità di integrare i pilastri previdenziali con soluzioni complementari. Questo disinteresse, spesso dovuto a una complessità percepita o a una fiducia eccessiva nel sistema, può ostacolare una pianificazione previdenziale efficace, lasciando l’individuo vulnerabile di fronte a cambiamenti normativi, economici o personali.

In realtà, il capitale pensionistico dovrebbe essere considerato come una componente centrale della propria strategia finanziaria, da monitorare e gestire con la stessa attenzione riservata ad altri investimenti. Solo attraverso una gestione attiva e informata si può garantire che il patrimonio previdenziale sia allineato con gli obiettivi di vita, assicurando una transizione serena verso il pensionamento. Ignorare questo aspetto significa rischiare di compromettere non solo il tenore di vita futuro, ma anche la capacità di affrontare con tranquillità le sfide economiche e finanziarie che possono emergere negli anni a venire.

Cause della mancanza di controllo

Nonostante l’importanza del monitoraggio contributivo, molte sono ancora purtroppo le ragioni che spingono i lavoratori a non consultare regolarmente il proprio estratto conto previdenziale. Ne riportiamo alcune:

  1. Mancanza di consapevolezza: molti individui non riconoscono l’importanza basilare di monitorare i propri contributi previdenziali. Spesso si presume erroneamente che il calcolo delle pensioni sia un processo automatizzato e infallibile, gestito esclusivamente dagli enti previdenziali competenti. Ad esempio, un lavoratore potrebbe ritenere che il suo capitale pensionistico sia automaticamente corretto e sufficiente per garantire una pensione adeguata senza ulteriori verifiche. Tuttavia, è essenziale comprendere che gli errori nei versamenti o nelle registrazioni possono essere corretti solo attraverso una revisione attiva e proattiva.
  1. Complicazioni burocratiche: la percezione della complessità e della burocrazia associate alla consultazione e alla comprensione degli estratti conto contributivi può dissuadere molti dal farlo. Ad esempio, un estratto conto contributivo potrebbe contenere terminologia tecnica e dettagli che sembrano difficili da interpretare senza una formazione specifica.
  1. Mancata conoscenza: un problema significativo è rappresentato dalla mancanza di conoscenza riguardo l’esistenza e l’importanza dell’estratto conto contributivo. Molti lavoratori non sono consapevoli dell’esistenza di questo documento essenziale, che riepiloga tutti i movimenti contributivi e che l’ente previdenziale è tenuto a inviare ai propri assicurati. Questa ignoranza può derivare dalla scarsa informazione o dalla mancanza di educazione finanziaria riguardo al sistema previdenziale. L’estratto conto contributivo è fondamentale per monitorare e verificare la propria posizione previdenziale. È importante che i lavoratori comprendano come accedere a questo documento, attraverso i portali online dell’ente previdenziale o mediante richiesta formale, e come interpretarne i dati per assicurarsi che tutte le informazioni siano corrette e complete.
  1. Falsa sicurezza: alcuni lavoratori ritengono erroneamente che i loro contributi siano gestiti correttamente dai datori di lavoro e dagli enti previdenziali, e quindi non vedono la necessità di effettuare controlli personali. Ad esempio, un libero professionista potrebbe assumere che le sue dichiarazioni e versamenti siano sempre correttamente registrati dall’ente previdenziale senza alcun errore.
  1. Problemi di pianificazione a lungo periodo: la pianificazione previdenziale spesso viene trascurata durante la fase attiva della carriera, con la consapevolezza dei contributi che emerge solo quando si avvicina il momento del pensionamento. Questo ritardo nella revisione può rendere difficili le correzioni tempestive. 

Per esempio, un lavoratore che scopre errori nei contributi previdenziali solo pochi anni prima del pensionamento potrebbe trovarsi in difficoltà nel risolvere tali discrepanze in tempo utile. Questi errori possono compromettere il calcolo dell’importo pensionistico finale, portando a una pensione inferiore rispetto alle aspettative, e limitare le opzioni di correzione disponibili.

In aggiunta, una pianificazione inadeguata può non tenere conto di problematiche future impreviste, che potrebbero derivare da una mancanza di attenzione alla previdenza. Ad esempio, se non si considerano le spese future come eventuali costi medici imprevisti o altre necessità finanziarie, è possibile trovarsi in una situazione di vulnerabilità economica durante il pensionamento. La mancanza di una pianificazione previdenziale adeguata potrebbe lasciare i pensionati senza le risorse necessarie per affrontare tali spese, riducendo significativamente la qualità della vita.

Altri problemi futuri, come l’aumento dell’inflazione e le variazioni nei requisiti normativi, potrebbero influenzare negativamente la pensione se non si è effettuata una pianificazione accurata. Senza una revisione regolare e sistematica della propria posizione contributiva e delle proiezioni pensionistiche, i lavoratori potrebbero non essere preparati ad affrontare queste sfide economiche, trovandosi quindi ad affrontare difficoltà finanziarie impreviste.

  1. Miopia economica: la tendenza a concentrarsi su problemi economici immediati a discapito di considerazioni a lungo termine contribuisce alla scarsa attenzione verso la pianificazione previdenziale. Un lavoratore che spende la maggior parte del proprio reddito per esigenze correnti potrebbe ignorare l’importanza di investire tempo e risorse nella verifica dei propri contributi pensionistici futuri.
  1. Mancata percezione del futuro personale: esiste, infine, una disconnessione tra la realtà presente e la percezione futura del proprio stato pensionistico. Frequentemente le persone non ritengono la propria pensione come una parte integrata e immediata della loro vita economica. Molto spesso infatti lavoratori non prendono in considerazione che la qualità della sua pensione futura dipende direttamente dai contributi versati oggi.

Necessità di interventi attivi

Alla luce di quanto detto si comprende quindi che il monitoraggio regolare della propria posizione contributiva è fondamentale per prendere decisioni strategiche informate riguardo al futuro pensionistico. L’analisi dell’estratto conto previdenziale, che fornisce una panoramica dettagliata di tutti i movimenti contributivi registrati, è il punto di partenza imprescindibile per acquisire una consapevolezza precisa.

Analogamente al settore finanziario, dove l’estratto conto bancario riepiloga i movimenti finanziari e viene inviato periodicamente dalle istituzioni finanziarie ai clienti, l’estratto conto contributivo riepiloga tutti i movimenti contributivi ed è obbligatoriamente inviato dagli enti previdenziali agli assicurati.

Sebbene sia una prassi consolidata tenere sotto controllo i movimenti del proprio conto bancario con regolarità, lo stesso livello di attenzione non viene spesso riservato all’estratto conto contributivo, uno strumento fondamentale per la pianificazione previdenziale. 

Tuttavia, è altrettanto importante monitorare almeno una volta all’anno il proprio estratto conto previdenziale per identificare tempestivamente eventuali errori o discrepanze nei contributi versati. Trascurare questa pratica può portare a spiacevoli sorprese al momento del pensionamento, rendendo necessario un intervento correttivo per garantire che ogni contributo sia correttamente accreditato e che i diritti previdenziali siano pienamente tutelati.

Vantaggi di una gestione previdenziale attiva

Utilizzare l’estratto conto previdenziale come strumento principale di analisi e verifica è quindi vitale per garantire una pianificazione pensionistica informata. Questo approccio consente di identificare e correggere errori o incongruenze, minimizzando i rischi e massimizzando i benefici derivanti dal capitale contributivo. 

Solo attraverso una revisione regolare e accurata di questo documento è possibile ottenere una visione completa e chiara della propria situazione previdenziale, e prendere decisioni strategiche ben fondate per il futuro.

Infine è bene rimarcare che nel contesto dell’analisi previdenziale, il monitoraggio sul proprio montante contributivo diviene imprescindibile, soprattutto nell’ambito del sistema contributivo. A differenza dei regimi misti, infatti, dove il diritto pensionistico dipende prevalentemente da requisiti di età e anzianità contributiva, nel sistema contributivo la determinante consiste nel montante contributivo accumulato e nell’importo pensionistico che da esso deriva. Il mancato raggiungimento dell’importo “soglia”, ad esempio, rende inaccessibile il diritto pensionistico, poiché la pensione stessa diventa requisito essenziale per garantire tale diritto.

Importanza della verifica costante

La verifica regolare della propria posizione assicurativa diviene pertanto una prassi fondamentale per rilevare tempestivamente omissioni o incongruenze nei resoconti, prevenendo così il rischio di perdere diritti pensionistici a causa del decorso dei termini di prescrizione. È essenziale correggere prontamente eventuali anomalie nella gestione del conto previdenziale per mantenere integro il montante contributivo e l’importo della futura pensione.

Che cosa è l’estratto contributivo

L’estratto conto contributivo è il documento indispensabile per effettuare una corretta analisi previdenziale.

Ma cosa rappresenta esattamente un estratto contributivo. Questo documento, elaborato dagli enti previdenziali, riepiloga tutti i movimenti contributivi registrati sul conto assicurativo di ciascun assicurato. Fornisce una panoramica chiara e dettagliata della situazione previdenziale, permettendo così ai destinatari di monitorare l’andamento dei propri contributi nel corso del tempo.

Gli enti previdenziali avevano l’obbligo di inviare periodicamente l’estratto contributivo ai loro assicurati, ed è fondamentale che le informazioni in esso contenute siano presentate in modo comprensibile e che siano accurate. 

Questo aspetto è cruciale perché eventuali errori o informazioni poco chiare possono portare a reclami e azioni risarcitorie da parte degli assicurati nei confronti dell’ente previdenziale. 

Nota bene

L’estratto conto contributivo è un documento essenziale per ogni lavoratore, poiché riassume dettagliatamente tutte le informazioni relative ai contributi previdenziali versati durante la carriera lavorativa. La sua corretta lettura e interpretazione sono fondamentali per comprendere i diritti pensionistici e pianificare in modo efficace il proprio futuro previdenziale.

Per l’analista previdenziale, l’estratto conto rappresenta uno strumento indispensabile per monitorare accuratamente la posizione contributiva dei propri clienti. La comprensione approfondita dei vari elementi che compongono questo documento consente di verificare l’esattezza dei contributi versati e di elaborare una strategia pensionistica ottimale per il cliente.

Altresì bisogna ricordare un aspetto importante dell’estratto conto contributivo che non solo rappresenta una fotografia della vita del lavoratore in cui vengono evidenziati ogni singolo contributo accreditato ma la storia lavorativa è fatta anche di eventi collegati alla tutela dello stesso lavoratore che hanno poi delle implicazioni sul futuro pensionistico come la cessazione del rapporto lavorativo, l’assenza per malattia o maternità, l’assenza per la cura dei figli, il periodo di studio, l’assistenza ad un familiare. Tutti questi eventi devono essere attentamente analizzati dall’analista previdenziale insieme al proprio cliente.

Innovazioni nella digitalizzazione dei servizi previdenziali

Con l’introduzione dei servizi telematici, l’ente previdenziale ha deciso di rendere accessibile online l’estratto contributivo. Questa scelta ha notevolmente semplificato il processo di consultazione, garantendo al contempo una maggiore trasparenza nella gestione della previdenza. 

Ora, grazie all’uso delle proprie credenziali digitali, gli utenti possono verificare rapidamente la loro posizione contributiva e previdenziale, evitando lunghe attese e le complicazioni burocratiche.

È fondamentale evidenziare che la consultazione dell’estratto conto contributivo è un servizio completamente gratuito, disponibile per tutti gli utenti. Essi possono facilmente visualizzare o stampare il documento per controllare i propri versamenti, monitorando in modo preciso la loro situazione previdenziale. 

Inoltre, in caso di errori o discrepanze nei versamenti effettuati dai datori di lavoro, essi hanno la possibilità di intervenire prontamente per correggere qualsiasi inesattezza, assicurando così una corretta gestione dei loro contributi previdenziali.

Differenze tra estratto conto contributivo e certificativo

L’estratto conto contributivo ha un valore puramente informativo e non ha valore legale. Per ottenere un documento certificativo con valore legale, si deve ricorrere all’Estratto Conto Certificativo (noto come ECOCERT o ECOMAR per i lavoratori marittimi) che è un documento ufficiale che attesta i contributi previdenziali versati dal lavoratore durante tutta la sua carriera.

È un documento che deve essere richiesto esplicitante dal lavoratore all’INPS specie in prossimità del pensionamento e visto il suo valore legale, può essere utilizzato in contesti formali e giuridici come prova della contribuzione avvenuta.

Processo di richiesta

Per ottenere l’Estratto Conto Certificativo, il lavoratore deve presentare una richiesta formale all’INPS. Questa richiesta può essere effettuata in diversi modi:

  • online, tramite il portale ufficiale dell’INPS, utilizzando credenziali digitali come SPID, CIE o CNS;
  • presso gli sportelli INPS, recandosi fisicamente presso una delle sedi territoriali dell’ente;
  • attraverso un patronato, che può facilitare la procedura di richiesta e fornire supporto nella gestione della documentazione.

Validità e utilizzo

L’estratto conto certificativo abbiamo detto che ha una valenza certificativa e legale. Questo significa che può essere utilizzato in contesti legali per dimostrare i contributi versati e può essere presentato in sede di:

  • richiesta di pensione: per dimostrare il raggiungimento dei requisiti contributivi necessari per l’accesso alla pensione;
  • contenziosi legali: come prova in dispute legali riguardanti la contribuzione previdenziale;
  • valutazioni previdenziali: per ottenere una valutazione precisa della propria posizione contributiva e pianificare il futuro pensionistico con maggiore consapevolezza.

Specificità dell’ECOMAR per i lavoratori marittimi

Per i lavoratori marittimi, esiste una variante specifica dell’Estratto Conto Certificativo, nota come ECOMAR. Questo documento include informazioni specifiche relative ai periodi di imbarco e sbarco, nonché ai contributi versati durante tali periodi.

L’ECOMAR è essenziale per i lavoratori del settore marittimo per garantire che tutti i periodi di lavoro in mare siano correttamente contabilizzati ai fini previdenziali.

Vantaggi dell’estratto conto certificativo

L’Estratto Conto Certificativo offre quindi diversi vantaggi essenziali:

  • trasparenza: fornisce una visione completa e trasparente della contribuzione previdenziale, facilitando il controllo da parte del lavoratore;
  • sicurezza legale: la natura certificativa del documento offre una garanzia legale sulla veridicità delle informazioni contenute;
  • pianificazione pensionistica: consente una pianificazione accurata del futuro pensionistico, aiutando i lavoratori a comprendere esattamente quando potranno andare in pensione e quale sarà l’importo previsto.

Tipologia estratti conto

Esistono diversi documenti previdenziali che riepilogano la storia contributiva di ciascun lavoratore, accessibili a vari soggetti attraverso specifici modelli. Di seguito sono indicati i principali:

  • Estratto conto contributivo: include tutti i contributi versati all’INPS da parte dei datori di lavoro, ed è destinato ai lavoratori dipendenti privati e pubblici
  • Estratto conto integrato: è un documento riepilogativo di tutti i contributi versati sia nella gestione INPS che nelle casse professionali 
  • Estratto conto certificativo (ECOCERT ed ECOMAR): è un documento con valore legale che attesta i contributi versati durante la vita lavorativa, rilasciato previa verifica da parte degli operatori.

Alla luce di quanto appena riportato, emerge quindi, che ogni ente previdenziale è obbligato a fornire l’estratto contributivo ai propri iscritti.

Sebbene poi l’aspetto dell’estratto conto possa variare a seconda della gestione di appartenenza dell’assicurato, le informazioni contenute rimangono sostanzialmente le stesse. Generalmente, infatti, l’estratto si articola in elementi tipici e ricorrenti che permettono la valutazione e il calcolo dei requisiti pensionistici. 

In particolare, possiamo distinguere diverse tipologie di estratto conto, ognuna relativa a differenti gestioni:

  • Gestione AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria): per lavoratori dipendenti e autonomi;
  • Gestione dei Lavoratori Dipendenti Pubblici: specifica per il personale del settore pubblico (forme esclusive);
  • Gestione Separata: per i professionisti e collaboratori che non hanno altre coperture previdenziali obbligatorie;
  • Forme Sostitutive dell’AGO: ancora in vigore per determinate categorie di lavoratori.

Queste distinzioni permettono di adeguare la presentazione dei dati alle specificità delle diverse gestioni previdenziali, pur mantenendo la coerenza nelle informazioni essenziali fornite

Ogni tipologia di estratto conto contributivo è progettata per fornire le informazioni necessarie al calcolo della pensione, specificamente adattate alla categoria di appartenenza del lavoratore. La comprensione delle differenze tra questi vari estratti conto è cruciale per una corretta analisi previdenziale. 

Questo assicura che tutti i contributi siano accuratamente documentati e integrati nel calcolo della pensione, garantendo così l’accuratezza e la completezza delle prestazioni pensionistiche.

Procediamo ora a esaminare queste quattro tipologie di estratti conto, iniziando dalle gestioni AGO. 

Va sottolineato che per ogni gestione, l’estratto contributivo è presentato con differenti tonalità di colore:

  • blu per la Gestione AGO;
  • arancione per la Gestione dei Lavoratori Dipendenti Pubblici;
  • verde per gli iscritti alla Gestione Separata;
  • rosso per i lavoratori ancora iscritti alle Gestioni Sostitutive AGO ancora esistenti.

Ne riportiamo di seguito alcuni stralci per ogni gestione di appartenenza:

  1. Estratto conto Gestione AGO

L’estratto conto della Gestione AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) è destinato ai lavoratori dipendenti e autonomi. Questo documento, riconoscibile per il suo aspetto di colore blu, è noto come “estratto conto previdenziale in regime generale”. Include informazioni dettagliate sui contributi versati durante l’attività lavorativa, quali periodi di contribuzione, tipi di contribuzione e retribuzioni. 

La Gestione AGO rappresenta la struttura portante del sistema previdenziale italiano, coprendo la maggior parte dei lavoratori. Attualmente, si stima che oltre 23 milioni di lavoratori in Italia siano sotto la copertura della Gestione AGO.

Principali gestioni AGO e Sigle

  1. Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD)

      Sigla: FPLD

Descrizione: Questa gestione copre i lavoratori dipendenti del settore privato, inclusi marittimi, lavoratori domestici, apprendisti e lavoratori delle imprese agricole. Fornisce una panoramica completa dei contributi versati da queste categorie, garantendo che i loro diritti pensionistici siano adeguatamente contabilizzati.

  1. Gestione Speciale Artigiani (GSA)

Sigla: GSA

Descrizione: Include gli artigiani e gli autotrasportatori. Questo estratto conto fornisce dettagli sui contributi specificamente versati da queste categorie, assicurando una corretta valutazione della loro posizione previdenziale.

  1. Gestione Speciale Commercianti (GSC)

Sigla: GSC

Descrizione: Comprende commercianti, esercenti del settore turismo e titolari di impresa. Il documento riepiloga i contributi versati da questi lavoratori, fornendo una base per il calcolo delle loro future prestazioni pensionistiche.

  1. Gestione Speciale Coltivatori Diretti, Mezzadri e Coloni (GSCD)

Sigla: GSCD

Descrizione: Copre coltivatori diretti, imprenditori agricoli, mezzadri e coloni. L’estratto conto di questa gestione include tutte le informazioni sui contributi versati da queste categorie, garantendo una corretta rendicontazione dei loro diritti pensionistici.


  1. Estratto conto dipendenti pubblici

Le forme esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) sono strutture previdenziali specifiche progettate per categorie particolari di lavoratori dipendenti nel settore pubblico. Queste gestioni previdenziali, originariamente istituite per fornire trattamenti pensionistici più favorevoli rispetto al sistema AGO standard, hanno visto una progressiva armonizzazione con i requisiti generali dell’AGO a seguito delle riforme introdotte negli anni ’90.

Dimensioni e copertura

Il numero di lavoratori attualmente iscritti a queste forme esclusive è variabile, ma una stima indicativa suggerisce la presenza di circa 2,37 milioni di individui coperti da tali gestioni previdenziali.

Elenco delle forme esclusive

Le forme previdenziali esclusive comprendono:

  1. CPDEL (Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali)
  2. CPS (Cassa Pensioni Sanitari)
  3. CPI (Cassa Pensioni Insegnanti)
  4. CPUG (Cassa Pensioni Ufficiali Giudiziari)
  5. CTPS (Cassa Trattamenti Pensionistici Statali)
  6. Fondo Speciale delle Ferrovie dello Stato
  7. Fondo Quiescenza Poste (IPOST)
  8. Fondo di Previdenza per gli Spedizionieri Doganali
  9. Fondo di Previdenza per i Lavoratori delle Miniere, Cave e Torbiere
  10. Fondo per i Lavoratori di Ex-Enti Creditizi
  11. INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) ora incorporato nell’INPS, gestiva le pensioni per il personale dell’amministrazione pubblica.
  1. Estratto conto lavoratori iscritti alla Gestione Separata

La Gestione Separata è stata istituita nel 1996 con la Riforma Dini e copre diverse categorie di lavoratori autonomi e parasubordinati che non rientrano nelle altre gestioni previdenziali.

a chi è Rivolta:

  • Collaboratori Coordinati e Continuativi (Co.Co.Co.): Lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
  • Liberi Professionisti senza Cassa: Professionisti che non hanno una cassa previdenziale specifica.
  • Lavoratori Autonomi Occasionali: Coloro che svolgono lavori autonomi in modo non continuativo e con un reddito annuo superiore a 5.000 euro.
  • Venditori a Domicilio: Con reddito annuo superiore a 5.000 euro.
  • Dottorandi e Assegnisti di Ricerca: Beneficiari di assegni di ricerca e borse di studio.

L’estratto conto previdenziale si caratterizza per il colore verde.

  1. Estratto conto lavoratori iscritti alle Gestioni Sostitutive AGO

Per quanto riguarda le forme sostitutive, è necessario fare una distinzione. Esistono infatti lavoratori che erano iscritti a Gestioni Sostitutive dell’AGO che sono state soppresse, come il Fondo elettrici o il Fondo telefonici. A seguito di questa soppressione c’è stato il trasferimento degli iscritti nella relativa Gestione Separata dell’INPS. 

D’altra parte, ci sono anche lavoratori iscritti a Forme Sostitutive dell’AGO che ancora oggi possiedono una propria personalità giuridica, come il Fondo lavoratori dello spettacolo o il Fondo degli sportivi professionisti.

Questa distinzione ha una conseguenza molto importante ai fini della registrazione dei relativi contributi.

Nel caso di lavoratori che erano iscritti a forme sostitutive ormai soppresse, infatti, i periodi di iscrizione sono stati trasferiti e risultano quindi nell’estratto conto previdenziale generale dell’INPS. Se invece il lavoratore è, o è stato iscritto, a una forma sostitutiva che continua a mantenere una propria personalità giuridica, allora ciascuna di queste forme avrà il proprio estratto conto.

Ad esempio, si può vedere un estratto conto per gli iscritti al Fondo lavoratori dello spettacolo o al Fondo degli sportivi professionisti, che manterrà la sua specificità rispetto agli estratti conto generali, con la caratteristica tonalità rossa come avevamo sopra detto:

Contenuto estratto conto contributivo

Pur considerando che ogni gestione emette il proprio documento, è fondamentale rilevare la presenza di informazioni essenziali e ricorrenti in ciascuno di essi, indispensabili per la valutazione e il calcolo dei requisiti pensionistici. 

A tal proposito, a scopo illustrativo, utilizziamo l’estratto conto per gli iscritti all’AGO come riferimento per identificare questi elementi comuni presenti in ogni tipologia di estratto conto contributivo.

Ogni tipo di estratto conto presenta invariabilmente, nell’angolo in alto a destra, i dettagli anagrafici dell’assicurato. Pertanto, si trovano:

  • nome e cognome;
  • data di nascita;
  • indirizzo di residenza: 
  • codice fiscale.

Subito dopo, si possono osservare sei colonne, ciascuna ricca di informazioni specifiche e altrettanto significative.

  1. Periodo di riferimento

La prima colonna riporta il periodo di riferimento e svolge un ruolo cruciale nell’analisi dell’estratto conto previdenziale. 

Esso di fatto indica il periodo durante il quale sono state registrate le contribuzioni. Generalmente, il periodo di riferimento copre un anno solare, dal primo gennaio al 31 dicembre di un generico anno. Tuttavia, possono verificarsi situazioni in cui un anno solare contenga più periodi di riferimento o, in modo equivalente, che questo periodo di riferimento si componga di più anni (periodo di riferimento pluriennale).

L’informazione riportata in questa colonna è fondamentale al fine di valutare se le contribuzioni riportate rispettano i limiti di capienza, considerando anche sovrapposizioni con altri periodi.

Nello specifico il termine “limite di capienza” nei contributi previdenziali si riferisce al massimale contributivo annuale o pluriennale che può essere accumulato da un lavoratore per ogni specifico periodo di riferimento. Questo limite è stabilito dalle normative previdenziali e può variare in base al tipo di contribuzione (retributiva, figurativa, contributi volontari, etc.) e alla gestione previdenziale a cui l’assicurato è affiliato.

In sostanza, il limite di capienza indica la massima quantità di contributi che possono essere conteggiati per un determinato periodo di riferimento senza eccedere i limiti previsti dalla normativa vigente. Superare questo limite potrebbe avere implicazioni sulla quantità di prestazioni previdenziali che l’assicurato può ricevere o sui benefici fiscali applicabili ai contributi versati.

Procediamo a tal proposito con un esempio riportando uno stralcio di un estratto conto in cui vi è la situazione di un lavoratore che, in relazione ad uno stesso anno di riferimento (2004), ha tre differenti periodi di accredito:

  • uno come dipendente presso un’azienda;
  • un secondo con contribuzione figurativa per un’indennità sostitutiva di preavviso presso la stessa azienda;
  • un terzo periodo come dipendente presso un’altra azienda.

Importanza del periodo di riferimento

Il periodo di riferimento è una sezione molto importante nell’estratto conto contributivo, poiché indica l’intervallo temporale per il quale sono stati registrati i contributi previdenziali. Questa informazione è fondamentale per diverse ragioni:

  1. Data di primo accredito della contribuzione

Analizzando il periodo di riferimento di partenza, possiamo determinare la data in cui sono stati versati i primi contributi. Questo è essenziale per capire in quale regime di calcolo si troverà il lavoratore:

  • se i contributi sono stati versati entro il 31 dicembre 1995, il cliente rientrerà in un regime di calcolo misto;
  • se i contributi sono stati versati a partire dal 1° gennaio 1996, il cliente rientrerà in un sistema di calcolo esclusivamente contributivo.

Ricordiamo inoltre che, all’interno del regime misto, sussistono due periodi distinti e dunque due regimi differenti di calcolo delle pensioni, ossia: 

  1. periodo retributivo

Questo periodo di riferimento può estendersi fino al 31 dicembre 1995. Tuttavia, in alcuni casi specifici, può arrivare fino al 31 dicembre 2011. La durata esatta del periodo retributivo dipende dall’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995. 

Se un lavoratore ha maturato almeno 18 anni di contributi entro tale data, il periodo retributivo si estende fino al 31 dicembre 2011. Altrimenti, il periodo retributivo si conclude al 31 dicembre 1995.

  1. periodo contributivo

Successivamente, a partire dal 1° gennaio 1996, entra in vigore il sistema contributivo. Questo metodo si applica per i contributi versati dopo questa data e si basa esclusivamente sui contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa del dipendente.

  1. Requisiti per la pensione anticipata

La seconda informazione che si può ricavare dal periodo di riferimento riguarda la possibilità di conseguire la pensione anticipata. Conoscendo l’inizio dell’attività lavorativa e l’età anagrafica dell’assicurato, si può determinare con precisione se un cliente è in grado di soddisfare i requisiti per la pensione anticipata. In aggiunta, il periodo di riferimento indica anche se sono stati raggiunti i requisiti per altre pensioni, come quelle di invalidità, di inabilità e ai superstiti.

A tal proposito consideriamo questa situazione. Immaginiamo un assicurato che abbia questo profilo:

  • età: 54 anni;
  • anno di inizio contribuzione: 1990.

Nel 2024, l’assicurato avrà maturato 34 anni di anzianità contributiva, partendo dal 1990. Questo assumendo sempre che non ci siano state interruzioni nel versamento dei contributi.

Alla luce di quanto detto avremo i seguenti regimi di calcolo della prestazione pensionistica: 

PeriodoTipo di CalcoloAnni
1990 – 1995Retributivo6 anni
1996 – 2024Contributivo28 anni

Vediamo adesso quali altre informazioni chiave possiamo tirare fuori da queste indicazioni.

  1. Requisiti per la pensione anticipata:
  • l’assicurato, con 34 anni di contribuzione nel 2024 e 54 anni di età, avrà 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva nel 2033;
  • pertanto, maturerà il diritto alla pensione anticipata nel 2033, prima dell’età di 67 anni prevista per la pensione di vecchiaia.
  1. Requisiti per altre pensioni:
  • con 34 anni di contribuzione, inoltre, i requisiti per la pensione di invalidità, inabilità e ai superstiti sono già soddisfatti.

Continuiamo sempre la nostra analisi supponendo che ora che l’assicurato sia nato nel 1970 e abbia iniziato a lavorare nel 1990. Nel 2024, avrà 54 anni e 34 anni di contribuzione.

Questo ci consente di stabilire che l’assicurato potrà andare in pensione anticipata nel 2033, a 63 anni, grazie ai 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più l’incremento della aspettativa di vita.

Inoltre, la pensione di vecchiaia verrà raggiunta nel 2037, quando l’assicurato avrà 67 anni. Il periodo di riferimento è quindi fondamentale per pianificare con precisione il futuro previdenziale del cliente, assicurando che tutti i requisiti siano compresi e soddisfatti.

Nella tabella sottostante il riepilogo della situazione contributiva appena descritta:

AnnoAnzianità ContributivaEtàAnnotazioni
202434 anni54Inizio analisi
203342 anni e 10 mesi63Maturazione pensione anticipata
203747 anni e 10 mesi67Maturazione pensione di vecchiaia
  1. Tipo di contribuzione

La seconda colonna dell’estratto conto è dedicata al tipo di contribuzione. Questa sezione specifica la natura dell’attività lavorativa o dell’evento che ha generato la registrazione dei contributi. Ad esempio, qui si può distinguere se il contributo deriva da:

  • lavoro dipendente; 
  • lavoro autonomo; 
  • contribuzione figurativa per malattia o disoccupazione.

Le diverse attività vengono espresse con termini specifici, come “periodo di apprendistato”, “collaboratore familiare”, o “salariato agricolo”. È fondamentale notare che questo campo dettaglia l‘origine del contributo registrato, sia esso obbligatorio da lavoro dipendente o autonomo. Inoltre, se l’assicurato ha avuto periodi di iscrizione in forme sostitutive soppresse, questi saranno indicati con il nome della forma sostitutiva.

Riportiamo a tal proposito uno stralcio di un estratto dove si può vedere la tipologia di contribuzione:

Ad esempio, consideriamo un lavoratore che ha prestato servizio come dirigente di aziende industriali. I dirigenti erano iscritti alla forma sostitutiva ImpDai, cassa che poi è stata soppressa nel 2003. Pertanto, per un assicurato con periodi come dirigente, l’estratto conto indicherà nella colonna del tipo di contribuzione la dicitura “D. I. obbligatoria” per i periodi antecedenti il 2003.

Riportiamo di seguito uno stralcio che illustra una situazione di questo tipo:

Dall’estratto, si può vedere che per il periodo 1997-2002, la colonna riporta la dicitura “D. I. obbligatoria”. Tuttavia, a partire dal 2003, anno di soppressione dell’ImpDai, il tipo di contribuzione ritorna a essere genericamente “lavoro dipendente”. Così, il nome della forma sostitutiva appare solo per i periodi in cui era attiva; successivamente, il contributo viene indicato semplicemente come lavoro dipendente.

Andando ora più nel dettaglio di questa seconda colonna, ciò che sicuramente possiamo dire è che il tipo di contribuzione fornisce informazioni importanti per comprendere la storia lavorativa del cliente. 

Innanzitutto, consente di rilevare eventuali cambiamenti nell’attività professionale, come il passaggio da lavoratore autonomo a dipendente o viceversa. Queste variazioni possono indicare la necessità di operazioni di ricongiunzione, totalizzazione o cumulo dei periodi contributivi.

È bene poi sempre ricordare che nel contesto delle gestioni AGO, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, è adottato un sistema di contabilizzazione unitaria dei contributi. 

Questo implica che se un individuo accumula periodi di lavoro sia come dipendente che come lavoratore autonomo, si applica in fase di compilazione della domanda, il meccanismo del cumulo dei contributi, come disciplinato dalla Legge 233 del 1990. 

Questo meccanismo assicurerà che tutti i contributi versati in diverse attività lavorative vengano integrati in modo coerente, facilitando il calcolo della pensione.

  1. Contributi utili per la pensione

La terza colonna dell’estratto conto contributivo riguarda i contributi utili per la pensione. Questa colonna rappresenta un’informazione fondamentale, poiché i contributi sono contabilizzati in maniera diversa a seconda che si tratti di un lavoratore dipendente o di un lavoratore autonomo.

Contributi utili per la pensione

  1. Contributi per lavoratori dipendenti:
  • l’annualità intera è espressa in settimane;
  • sono necessarie 52 settimane per un anno di contribuzione.
  1. Contributi per lavoratori autonomi:
  • l’annualità intera è espressa in mesi;
  • sono necessari 12 mesi per un anno di contribuzione.
GestioneGiorniSettimaneMesi
DIPENDENTI PRIVATI✔︎
DIPENDENTI PRIVATI SETTORE AGRICOLO✔︎
ARTIGIANI E COMMERCIANTI✔︎ 1 mese = 4,33 settimane✔︎
COLTIVATORI DIRETTI E MEZZADRI✔︎ 1 anno completo = 156 gg 1 settimana = 3 gg
INPDAP (dipendenti pubblici)✔︎✔︎ Convertiti da anni/mesi/giorniLe frazioni di mese > 15 gg sono arrotondate al mese intero
ENPALS (sport e spettacolo)✔︎✔︎ 1 settimana = 6 gg
GESTIONE SEPARATA (professionisti senza cassa)✔︎ Convertiti da settimane 1 mese = 4,333 settimane✔︎

La settimana è considerata dalla domenica al sabato

È dovuto un contributo settimane anche per un solo girono di lavoro nella settimana.

Oltre alla contabilizzazione differente, in questa colonna si distingue tra i contributi utili per maturare il diritto alla pensione e quelli utili per determinare l’importo della pensione (misura). 

La contribuzione utile per il diritto rappresenta l’anzianità contributiva necessaria per maturare i requisiti pensionistici, mentre i contributi utili per la misura sono quelli che influiscono direttamente sul calcolo dell’importo della pensione.

Contributi per il diritto e per la misura

Generalmente, i contributi per il diritto e quelli per la misura coincidono.

Tuttavia ci sono casi in cui i periodi accreditati differiscono. È il caso ad esempio, di un lavoratore part-time, i cui contributi per il diritto possono essere superiori a quelli per la misura.

Tipo di ContribuzionePeriodoContributi per il DirittoContributi per la Misura
Part-Time 50%1 anno52 settimane26 settimane

In questa eventualità un lavoratore part-time al 50% avrà accreditato 52 settimane utili per il diritto (un anno intero), ma solo 26 settimane utili per la misura.

Calcolo dell’anzianità contributiva

L’anzianità contributiva, ovvero il totale dei contributi utili per il diritto alla pensione, riveste un’importanza sostanziale nel regime di calcolo della quota retributiva. 

Questo perché la quota retributiva della pensione si ottiene moltiplicando la base pensionabile per l’anzianità contributiva e per le aliquote di rendimento. Pertanto, nel calcolo di questa quota, l’anzianità contributiva maturata è fondamentale per verificare il raggiungimento del requisito richiesto.

La stessa importanza ha l’anzianità contributiva nel regime misto dove i contributi maturati fino al 31 dicembre 1995 sono determinanti per il calcolo della quota retributiva.

In contrasto, nel calcolo della pensione con il regime contributivo, l’anzianità maturata non influisce sull’importo della pensione. Questo sistema prevede infatti che l’assegno pensionistico sia determinato esclusivamente dai contributi versati e rivalutati, formando il montante contributivo accumulato.

Ma vediamo adesso come si calcola questa anzianità contributiva.

Determinazione dell’anzianità contributiva

Per determinare l’anzianità contributiva utile sia per il diritto sia per la misura, è necessario considerare il tipo di lavoratore:

  1. Lavoratori Dipendenti

Per i lavoratori dipendenti, l’anzianità contributiva si calcola sommando tutti i periodi di riferimento. Il totale delle settimane maturate viene diviso per 52 per ottenere l’anzianità contributiva in anni.

Ad esempio ipotizziamo un lavoratore dipendente con 416 settimane di contribuzione, alla fine risulta che ha maturato 8 anni di anzianità contributiva (416/52 = 8).

Periodi ContributiviTotale SettimaneAnzianità Contributiva
8 anni416 settimane8 anni
  1. Lavoratori Autonomi

Per i lavoratori autonomi, per determinare l’anzianità contributiva in anni, si sommano i mesi di contribuzione e si divide il totale per 12.

Ipotizzando un lavoratore autonomo con 88 mesi di contribuzione, questo si troverà ad aver maturato 7 anni e 4 mesi di anzianità contributiva (88/12 = 7,33).

Periodi ContributiviTotale MesiAnzianità Contributiva
7 anni e 4 mesi88 mesi7 anni e 4 mesi (88/12=7.33)
  1. Retribuzione o il reddito nel periodo

La quarta colonna dell’estratto conto fornisce informazioni sulla retribuzione o il reddito nei diversi periodi di riferimento. Questa informazione è molto importante per determinare l’importo della pensione maturata, sia nel sistema di calcolo retributivo sia in quello contributivo.

Utilità della retribuzione o reddito

Analizziamo adesso come questa informazione venga effettivamente utilizzata nei vari regimi di calcolo.

  • Calcolo della pensione retributiva: nel sistema retributivo, l’importo della pensione è determinato dall’anzianità contributiva e dalla base pensionabile. La base pensionabile è la media di un certo numero di anni di retribuzione o reddito. Quindi, l’estratto conto fornisce i dati necessari per calcolare questa media.
  • Calcolo della pensione contributiva: nel sistema contributivo, l’importo della pensione si basa sul montante contributivo maturato. L’estratto conto generale mostra solo le retribuzioni o i redditi nei vari periodi, ma non il montante contributivo direttamente. Per determinare il montante contributivo, è necessario calcolare i contributi versati e rivalutati per ciascun periodo.

Calcolo del montante contributivo

Per ottenere il montante contributivo, bisogna seguire questi passaggi:

  1. Determinazione dei contributi versati

Per ogni periodo di riferimento, si applica l’aliquota contributiva in vigore in quell’anno alla retribuzione o al reddito. Ad esempio se nel 2003 l’aliquota contributiva per un dipendente era del 30,28%, si applica questa percentuale alla retribuzione di quell’anno.

  1. Rivalutazione dei contributi

I contributi versati devono essere rivalutati annualmente utilizzando i coefficienti di rivalutazione passati per ottenere il montante contributivo finale.

Riportiamo nella successiva tabella un esempio di calcolo per la rivalutazione dei contributi:

AnnoRetribuzione/RedditoAliquota ContributivaContributi VersatiCoefficiente di RivalutazioneContributi Rivalutati
2003€30,00030,28%€9,0841,10€9,992
2004€32,00033,00%€10,5601,09€11,510
2005€34,00033,00%€11,2201,08€12,118

Il montante contributivo alla fine dell’attività lavorativa è quindi la somma di tutti i contributi rivalutati accumulati nel corso degli anni di lavoro. Questo montante rappresenta il capitale previdenziale accumulato che verrà utilizzato per calcolare l’importo della pensione al momento del pensionamento.

V. Retribuzione o il reddito nel periodo

La quinta colonna dell’estratto conto contributivo, come menzionato, fornisce informazioni specifiche sull’azienda o il datore di lavoro. Le informazioni ovviamente differiscono a seconda della tipologia del lavoratore.

  1. Lavoratori dipendenti

Per i dipendenti, la quinta colonna dell’estratto conto contributivo riporta le informazioni relative all’azienda presso cui il dipendente lavora, questo include solitamente il nome completo dell’azienda o dell’ente per il quale il dipendente presta servizio. Questa informazione è essenziale per identificare il soggetto che ha effettuato i versamenti contributivi per conto del dipendente.

Ad esempio, se un dipendente lavora per “ABC Spa”, la quinta colonna indicherà “ABC Spa” come datore di lavoro responsabile per i versamenti contributivi sul conto previdenziale del dipendente.

  1. Lavoratori autonomi

Per i lavoratori autonomi, la situazione è leggermente diversa. Poiché i lavoratori autonomi non hanno un datore di lavoro nel senso tradizionale, la quinta colonna dell’estratto conto contributivo indicherà il nome o la ragione sociale del titolare dell’azienda o dell’impresa individuale del lavoratore autonomo stesso. 

In questo caso, il “datore di lavoro” è il lavoratore autonomo stesso, essendo direttamente responsabile di versare i propri contributi previdenziali.

Ad esempio, se un lavoratore autonomo è un consulente freelance e opera come “Mario Rossi Consulenze”, la quinta colonna indicherà “Mario Rossi Consulenze” come la figura responsabile dei versamenti contributivi sul suo conto previdenziale.

La quinta colonna dell’estratto conto contributivo non solo identifica chi è responsabile dei versamenti contributivi, ma è anche importante per:

  • verifica e controllo: per i dipendenti, verifica che l’azienda abbia effettivamente versato i contributi previdenziali dovuti al loro conto. Per i lavoratori autonomi, conferma che essi abbiano effettuato i versamenti necessari per garantire la copertura previdenziale.
  • trasparenza: fornisce trasparenza riguardo alla gestione dei fondi previdenziali e ai soggetti coinvolti nel processo di versamento dei contributi.
  • rendicontazione: è utile per scopi di rendicontazione e per audit, poiché consente di tracciare chi è responsabile dei contributi in caso di necessità di verifica o controversie.

VI. Le note nell’estratto conto contributivo

Tra le colonne dell’estratto, la sesta e ultima colonna infine, è dedicata alle “note”, le quali comprendono numeri di rinvio che rimandano a spiegazioni specifiche nell’apposito riquadro in calce all’estratto.

Esse forniscono dettagli importanti per la comprensione e l’interpretazione delle informazioni contenute nell’estratto. Le principali note includono:

  1. Anomalie nei dati: indica la presenza di discrepanze o errori nei dati dell’INPS che richiedono verifica e correzione.
  2. Contribuzione non utile per pensione anticipata: segnala la presenza di periodi di contribuzione non computabili ai fini del requisito minimo di contribuzione per la pensione anticipata, ad esempio periodi di accredito figurativo per malattia o disoccupazione.
  3. Contributi ridotti al massimo accreditabile: informa che i contributi per un determinato periodo sono stati ridotti al numero massimo accreditabile, ad esempio 52 settimane per i dipendenti o 12 mesi per i lavoratori autonomi. Questo accade quando un lavoratore accumula più settimane o mesi rispetto in più rispetto a quelli consentiti.
  4. Retribuzione sotto il massimale: avverte che la retribuzione percepita in un anno è inferiore al massimale stabilito, influenzando il numero di settimane di contribuzione accreditate proporzionalmente. 
  5. Contributi soggetti a verifica: indica che i contributi relativi a determinati periodi sono soggetti a verifica a causa della retribuzione percepita al di sotto del minimo stabilito.

Avvertenze in calce all’estratto conto contributivo

Oltre alle note, in calce all’estratto troviamo anche le avvertenze, ossia delle comunicazioni informative e normative fornite dall’INPS agli assicurati al termine dell’estratto conto contributivo. 

Queste avvertenze includono:

  1. Periodi coincidenti di contribuzione: informa che i periodi di contribuzione che coincidono devono essere considerati una sola volta per il diritto alla pensione. Al contrario tutti i contributi sono valutati per la misura della pensione indipendentemente dalla coincidenza.
  2. Limite di contributi figurativi per infortuni e malattia: dal 1997, informa che i contributi accreditabili per infortuni e malattia sono limitati a un massimo di 96 settimane complessive.

Queste avvertenze forniscono agli assicurati importanti indicazioni normative e procedurali che influenzano il calcolo e l’assegnazione dei contributi previdenziali e della pensione.

Gli altri estratti delle altre gestioni previdenziali

Fermo restando queste informazioni di carattere generale, vediamo adesso le peculiarità che possono mostrare gli estratti conto delle altre gestioni previdenziali.

Iniziamo con l’estratto per i lavoratori dipendenti pubblici. Abbiamo già visto che questo si connota per il differente colore del fondo rispetto a quello dei dipendenti privati, essendo in questo caso arancione.

Le informazioni contenute sono sostanzialmente simili a quelle presenti negli estratti conto delle gestioni AGO. Oltre al periodo di riferimento, che indica il periodo in cui sono state registrate tutte le transazioni, sono inclusi la gestione di iscrizione, i contributi previdenziali, la retribuzione ai fini pensionistici e l’indicazione dell’amministrazione o dell’ente datore di lavoro.

Una differenza rilevante rispetto all’estratto conto contributivo del Regime Generale è la presenza della gestione anziché del tipo di contribuzione. Questo è dovuto al fatto che i dipendenti pubblici sono iscritti a diverse gestioni previdenziali in base alla natura dell’ente per cui lavorano.

Questo accade perché i dipendenti pubblici sono affiliati a tre diverse gestioni pubbliche in base alla loro attività lavorativa. Possono essere iscritti alla gestione:

  • Stato se lavorano per un’amministrazione statale;
  • Enti Locali se impiegati in un ente locale;
  • Aziende Sanitarie se operano in un contesto sanitario. 

Pertanto, nella colonna “Gestione” dell’estratto conto contributivo, si indica il datore di lavoro in base alla tipologia di gestione cui appartiene il dipendente.

Nella terza colonna dell’estratto conto, denominata “Tipo di Contribuzione (Rapporto)”, si specifica se il lavoratore è stato assunto a tempo determinato o indeterminato, e si indicano eventuali contributi da ricongiunzione.

La quarta colonna dell’estratto conto rappresenta i “Contributi Utili per la Pensione”, suddivisi tra quelli necessari per il diritto e quelli utilizzati per determinare l’ammontare della pensione (misura).

Rispetto alle gestioni AGO, l’estratto conto contributivo per dipendenti pubblici registra i contributi non in settimane, ma in giorni, mesi e anni. Per calcolare l’anzianità contributiva in anni, si sommano i periodi completi in anni, mesi e giornate (con 30 giorni per mese e 12 mesi per anno).

Infine, la colonna relativa alla “Retribuzione ai Fini Pensionistici” indica l’importo retributivo utilizzato nel calcolo della pensione per il periodo considerato. Questa informazione è essenziale per determinare l’ammontare della pensione che verrà erogata, poiché tiene conto delle retribuzioni percepite durante la carriera lavorativa dell’assicurato.

È importante notare che, all’interno di questa colonna, fino al 1992 non è indicato alcun importo retributivo per i dipendenti pubblici. Questo avviene perché, in quel periodo, il sistema di registrazione e calcolo dei contributi per i dipendenti pubblici era diverso rispetto a quello attuale. 

Tuttavia, a partire dal 1993, iniziano ad apparire i valori retributivi, riflettendo il cambiamento delle normative e l’aggiornamento dei sistemi di calcolo pensionistico per questa categoria di lavoratori.

Nello specifico sussistono per i dipendenti pubblici in Italia due diverse modalità di calcolo della retribuzione ai fini pensionistici con due differenti quote retributive indicate rispettivamente con A e B. Più dettagliatamente:

  1. Quota retributiva A

La quota retributiva A è applicata fino al 1992 per i dipendenti pubblici. Questa quota non tiene conto delle singole retribuzioni percepite ogni anno. Invece, è basata su una percentuale dell’ultima retribuzione percepita al momento del pensionamento, moltiplicata per il numero di anni di contribuzione maturati fino al 1992.

Ad esempio, se un dipendente pubblico ha lavorato per 20 anni fino al 1992, la quota retributiva A sarà calcolata come una percentuale dell’ultima retribuzione per questi 20 anni di servizio.

La percentuale specifica varia in base agli anni di servizio e alla posizione lavorativa del dipendente pubblico.

  1. Quota retributiva B

A partire dal 1993, la pensione per i dipendenti pubblici è calcolata usando la quota retributiva B. Questa quota considera le retribuzioni effettivamente percepite ogni anno dal dipendente pubblico dopo il 1992. La base pensionabile per la quota retributiva B include tutte le retribuzioni annue successive al 1992.

Per esempio, se un dipendente pubblico ha continuato a lavorare dopo il 1992, ogni anno di retribuzione verrà incluso nel calcolo della base pensionabile per la quota retributiva B.

La pensione sarà quindi calcolata sulla scorta di questa base pensionabile, che è più aderente alla retribuzione effettivamente percepita durante la carriera dopo il 1992.

In sintesi, la quota retributiva A si basa sull’ultima retribuzione moltiplicata per gli anni di servizio fino al 1992, mentre la quota retributiva B include tutte le retribuzioni successive al 1992 nella base pensionabile. 

Quota retributivaPeriodo applicazioneModalità di calcoloDescrizione
AFino al 1992Percentuale sull’ultima retribuzioneBasata sull’ultima retribuzione moltiplicata per gli anni di servizio fino al 1992. Non considera le singole retribuzioni annuali.
BDal 1993 in poiContributi annuali effettiviBasata sulle retribuzioni effettivamente percepite ogni anno dopo il 1992.Include tutte le retribuzioni annuali nella base pensionabile.

Queste due differenti modalità di calcolo riflettono le regole specifiche applicate ai dipendenti pubblici per determinare la loro pensione in base alla loro carriera lavorativa.

Infine, nell’ultima colonna dell’estratto conto contributivo, viene indicato l’amministrazione o l’ente datore di lavoro. Ad esempio, se l’assicurato è un dipendente statale presso un istituto scolastico, questa colonna indicherà l’istituto scolastico come datore di lavoro.

Estratto conto contributivo della Gestione Separata

Andiamo ora ad esaminare un’altra tipologia di estratto conto, quella per gli iscritti alla Gestione Separata dal caratteristico fondo verde.

Questo documento si articola in due parti distintive, offrendo un quadro dettagliato della carriera previdenziale di chi svolge attività come collaborazioni coordinate e continuative (COCOCO) o libere professioni con partita IVA.

Prima parte: dettagli operativi

La prima parte dell’estratto conto della Gestione Separata si presenta con sei colonne informative che sviscerano ogni aspetto cruciale per la gestione contributiva dei lavoratori parasubordinati.

La prima colonna riporta l’anno solare, che rappresenta il periodo di riferimento dell’estratto conto, analogamente a quanto avviene per l’estratto conto in regime generale. La seconda colonna indica il reddito imponibile, ovvero il reddito dichiarato e registrato negli archivi dell’INPS

La colonna successiva, “Descrizione del Committente”, rivela dettagli sul committente nel caso di COCOCO o sull’assicurato stesso in caso di libera professione. 

Questa distinzione è cruciale in quanto influisce direttamente sul tipo di attività e di contribuzione, specificati nella quarta colonna. Qui emergono le differenze sostanziali tra COCOCO e liberi professionisti, con implicazioni dirette sulla determinazione dell’aliquota contributiva applicabile, delineata nella sesta colonna.

Ricordiamo infatti che a questi due differenti tipologie di lavoratori corrispondono nella Gestione Separata aliquote contributive differenti (si consulti in proposito la relativa Guida ai contributi previdenziali) riflettendo dunque le modalità precise con cui vengono calcolati i contributi per ciascuna categoria di lavoratori, garantendo una gestione previdenziale aderente alle esigenze specifiche di ciascun settore lavorativo

Alla fine di questa prima parte dell’estratto conto per gli iscritti alla Gestione Separata, sono riportate le segnalazioni personalizzate o le pratiche in corso. Ad esempio, sono indicate la data di prima iscrizione alla Gestione Separata e eventuali pensioni in essere.

Seconda Parte: dettagli per il calcolo della prestazione

La seconda parte dell’estratto conto contributivo della Gestione Separata amplia ulteriormente l’analisi con sette colonne, aggiungendo nuove informazioni fondamentali per il calcolo specifico della prestazione previdenziale di relativa spettanza. Oltre ai dati già presenti nella prima parte, qui sono inclusi due elementi fondamentali: i “Mesi accreditati” e il “Montante contributivo” maturato anno per anno.

I “Mesi accreditati” rappresentano un’informazione vitale per la valutazione della carriera contributiva di ogni assicurato, offrendo una chiara visione dei periodi considerati validi ai fini pensionistici. Questo dato è seguito dal “Montante contributivo” maturato anno per anno, indicatore essenziale che quantifica e rivaluta i contributi versati, rappresentando un punto di riferimento nodale per il calcolo della pensione contributiva.

Questo aspetto è particolarmente significativo, poiché semplifica notevolmente le elaborazioni delle proiezioni sulla pensione maturata. La presenza di dati dettagliati come l’anzianità contributiva accumulata e il montante contributivo rivalutato permette infatti un calcolo immediato e accurato dell’importo pensionistico, eliminando la necessità di ulteriori valutazioni e stime complesse come richiesto negli estratti conto standard.

Questo perché ricordiamo che, noto il montante contributivo complessivo rivalutato, che rappresenta appunto l’ammontare totale dei contributi accumulati, la pensione è ottenuta semplicemente applicando il coefficiente di conversione relativo all’età a tale importo complessivo.

Relativamente all’anzianità contributiva per gli iscritti alla Gestione Separata andiamo a fare delle considerazioni aggiuntive. L’anzianità contributiva per gli iscritti alla Gestione Separata è un elemento fondamentale per determinare il diritto alla pensione anticipata e verificare il raggiungimento dei requisiti per altre tipologie di pensioni.

A differenza dei lavoratori autonomi, nella Gestione Separata non esiste un limite minimo di reddito annuale. Questo significa che i contributi vengono calcolati esattamente in base al reddito dichiarato dal lavoratore.

In altre parole questo significa che l’accredito contributivo sarà proporzionale al reddito dichiarato: un reddito inferiore al minimo comporterà un accredito inferiore ai 12 mesi, mentre un reddito uguale o superiore al minimo garantirà l’accredito completo di 12 mesi, ossia di un intero anno di contribuzione.

Un altro caso in cui si può trovare un accredito inferiore a 12 mesi è quando l’iscrizione alla Gestione Separata avviene dopo l’inizio dell’anno solare. Ad esempio, se l’iscrizione avviene a marzo, verranno accreditati solo 9 mesi di contribuzione per quell’anno, corrispondenti ai mesi da marzo a dicembre. Questo accade solo nel primo anno di iscrizione; negli anni successivi, l’accredito sarà basato sul reddito dichiarato per l’intero anno.

Estratto conto per gli iscritti alle Gestioni Sostitutive

Dell’estratto conto contributivo per gli iscritti alle Gestioni Sostitutive ne abbiamo già parlato all’inizio di questa Guida. Si presenta con il caratteristico fondo rosso e si rivolge a quei lavoratori che hanno versato contributi a enti previdenziali sostitutivi dell’INPS, che operano in sostituzione del regime generale.

In dettaglio questo estratto conto è destinato a specifiche categorie di lavoratori, tra cui:

  • dipendenti pubblici: lavoratori che operano in enti statali, locali e altre istituzioni pubbliche;
  • personale delle aziende sanitarie: inclusi medici e personale amministrativo;
  • dipendenti di istituti di credito e assicurazioni: questi settori avevano forme previdenziali specifiche;
  • altre categorie particolari: come i lavoratori delle ex gestioni speciali delle ferrovie, poste, e altri settori con previdenza sostitutiva.

Le informazioni in esso contenute coincidono nella parte generale con tutte le altre presenti nelle differenti gestioni:

Tuttavia abbiamo detto che una situazione particolare è presente nelle informazioni contenute in questi estratti conto allorquando si faccia riferimento a delle gestioni che sono state nel frattempo soppresse.

Quando una gestione sostitutiva viene soppressa, infatti, i contributi versati non vengono persi ma vengono trasferiti all’INPS. L’estratto conto contributivo rifletterà questo trasferimento, mantenendo traccia dei contributi accreditati durante i periodi di iscrizione alla gestione sostitutiva soppressa.

Il fatto che si continui a tenere traccia di tutti i contributi trasferiti avrà di conseguenza un impatto sulle pensioni in quanto influenzerà questi due aspetti fondamentali:

  • continuità dei contributi: i contributi versati nelle gestioni sostitutive soppresse vengono conteggiati nel calcolo della pensione;
  • calcolo della pensione: l’INPS calcola la pensione considerando i contributi trasferiti, mantenendo la validità dei periodi contributivi.

Grazie alla continuità dei conteggi, l’estratto conto fornirà quindi sempre una visione chiara dei contributi trasferiti, garantendo che i lavoratori possano verificare la corretta contabilizzazione di tutti i periodi contributivi.

L’estratto conto continuativo integrato

Descriviamo adesso un estratto conto contributivo differente rispetto a quelli sopra menzionati, ossia l’estratto conto contributivo integrato che rappresenta uno strumento innovativo e complesso, progettato per fornire una visione completa della contribuzione previdenziale accumulata da un lavoratore durante tutta la sua carriera. 

Questo documento aggrega i contributi versati non solo nelle gestioni INPS, ma anche quelli come dipendente pubblico, in forme sostitutive, e, la grande novità, come libero professionista.

Contenuto dell’estratto conto contributivo integrato

L’estratto conto integrato riassume in un unico documento cronologico tutte le contribuzioni. Questo permette di ottenere una visione completa della posizione contributiva dell’assicurato senza la necessità di consultare separatamente gli estratti conto delle diverse gestioni.

La consultazione dell’estratto conto integrato è accessibile tramite il portale online dell’ente di ultima iscrizione. È sufficiente accedere al sito dell’ente per richiedere il documento.

Struttura dell’estratto conto integrato

L’estratto conto integrato è suddiviso in tre quadri distinti: Quadro A, Quadro B e Quadro C.

  1. Quadro A

Il Quadro A contiene tutti gli elementi necessari per valutare l’anzianità contributiva complessivamente maturata dal lavoratore, sia per il diritto che per la misura della pensione. Include iscrizioni presso le gestioni INPS e le casse dei liberi professionisti. Inoltre, per i liberi professionisti, oltre al reddito, viene indicato il volume d’affari ai fini IVA, essenziale per calcolare il contributo integrativo.

  1. Quadro B

Il Quadro B è dedicato esclusivamente ai periodi di iscrizione presso le casse di previdenza dei liberi professionisti. Qui vengono riportati tutti i tipi di contribuzione versata, tra cui il contributo soggettivo, il contributo integrativo, e altri contributi come quelli per la maternità. Questo quadro appare solo se l’assicurato ha contributi accreditati in una cassa professionale.

  1. Quadro C

Il Quadro C è riservato a chi ha contributi presso la Fondazione Enasarco. Include tutti i contributi specifici versati in questa gestione.

In calce all’estratto del conto integrato è poi sempre presente un avviso importante: se un lavoratore ha contribuzioni in gestioni differenti (come gestioni INPS e casse di liberi professionisti), può valorizzare tutta la contribuzione accreditata attraverso strumenti come la ricongiunzione, la totalizzazione o il cumulo. 

Questi strumenti permettono di unire le diverse contribuzioni per il calcolo della pensione, ottimizzando così i benefici previdenziali.

Estratto conto contributivo e possibili anomalie

Un’attenta revisione dell’estratto conto contributivo da parte del lavoratore può mettere in luce diverse irregolarità, tra cui:

  • la mancanza di alcuni periodi lavorativi;
  • la registrazione di retribuzioni inferiori rispetto a quelle reali;
  • l’assenza di accrediti per eventi figurativi, come malattia indennizzata. 

Affrontare queste irregolarità richiede una comprensione precisa delle cause e delle azioni correttive da intraprendere.

Questa comprensione è di primaria importanza in quanto la presenza di anomalie nei dati non è sempre riconducibile ad errori da parte dell’INPS o ad omissioni del datore di lavoro. 

È essenziale dunque esaminare le varie possibili ragioni di queste discrepanze, poiché esistono diversi motivi che potrebbero spiegare la mancata registrazione dei contributi all’interno dell’estratto conto. Tra questi possiamo includere:

  1. Accrediti figurativi su richiesta

Alcuni periodi di contribuzione non sono automaticamente inclusi nell’estratto conto contributivo. Questi includono periodi come il servizio militare obbligatorio o i periodi di maternità trascorsi al di fuori del rapporto di lavoro. Nonostante l’INPS sia a conoscenza di questi periodi, il loro accreditamento richiede una specifica domanda da parte dell’interessato. Questo processo garantisce che i periodi di contribuzione siano adeguatamente riconosciuti e inclusi nei calcoli pensionistici.

  1. Periodi riscattati

Altri periodi invece, possono essere inclusi nell’estratto conto solo se l’interessato decide di riscattarli. Questo avviene quando un lavoratore decide di versare un contributo ad esempio per periodi di studio universitario legalmente riconosciuti, come previsto dall’art. 2 del D. Lgs. n. 184/1997. Questo riscatto consente di contare quegli anni come periodi di contribuzione effettiva per il calcolo della pensione.

La segnalazione contributiva all’INPS: procedura

Quando un lavoratore riscontra l’assenza di periodi lavorativi o mancati accrediti contributivi nel proprio estratto conto previdenziale, è essenziale avviare una segnalazione contributiva presso l’INPS per correggere eventuali errori o omissioni. La procedura da seguire è la seguente:

  1. Accesso al fascicolo previdenziale del cittadino:
  • utilizzare credenziali dispositive come SPID, Carta d’Identità Elettronica (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
  • accedere al sistema e selezionare la sezione “Posizione assicurativa”.
  1. Avvio della segnalazione contributiva:
  • trovare l’opzione per avviare la segnalazione contributiva all’interno del Fascicolo;
  • seguire il percorso indicato per procedere con la richiesta di variazione.
  1. Dettagli da specificare:
  • descrivere dettagliatamente il periodo contributivo mancante o non accreditato;
  • indicare la gestione previdenziale interessata (es. Assicurazione Generale Obbligatoria, Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti);
  • specificare la tipologia di contribuzione mancante (obbligatoria, da riscatto, figurativa, etc.).
  1. Allegare documentazione comprovante:
  • includere documenti che attestano il diritto agli accrediti contributivi (es. buste paga, ricevute di versamento, certificazioni di servizio);
  • assicurarsi che la documentazione sia completa e coerente per facilitare la verifica da parte dell’INPS.

La segnalazione contributiva per un dipendente pubblico: procedura di RVPA

Se a riscontrare un errore o un’omissione è un dipendente pubblico, la procedura di segnalazione risulta leggermente differente rispetto a quella appena descritta. In questo caso infanti è necessario che il lavoratore avvii la procedura di RVPA (Richiesta di Variazione della Posizione Assicurativa). Questa procedura differenziata richiede un approccio specifico per garantire la correzione delle informazioni previdenziali.  

Avvio della RVPA

La procedura si articola in due momenti essenziali:

  1. Accesso al fascicolo previdenziale del cittadino:
  • utilizzare credenziali dispositive come SPID, Carta d’Identità Elettronica (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
  • seguire il percorso “Posizione assicurativa, RVPA” per iniziare la procedura.
  1. Documentazione da allegare:
  • presentare ogni tipo di informazione o documento rilevante, inclusi documenti non certificativi;
  • se consigliabile, allegare lo stato di servizio, la certificazione di servizio, lo stato o foglio matricolare;
  • sono ammissibili anche dichiarazioni, determinazioni o decreti emanati dall’Ente/Amministrazione datore di lavoro.

In aggiunta alla documentazione allegata l’INPS può sempre considerare ulteriori elementi quali: 

  • certificazioni uniche CU;
  • vecchi modelli CUD ed equivalenti;
  • buste paga; 
  • certificazione di stato di servizio (settore pubblico)
  • provvedimenti di aspettativa;
  • sentenze o verbali di conciliazione.

A seguito dell’avvenuta segnalazione da parte di qualunque lavoratore, l’istituto procede all’esame della pratica. 

Il tempo necessario per l’esame delle segnalazioni contributive, in particolare per le procedure RVPA, può essere prolungato a causa di motivi organizzativi. 

Accade spesso, infatti, che queste segnalazioni vengano gestite verso la fine della carriera lavorativa del dipendente pubblico, quando la pensione è imminente. Pertanto, può trascorrere un periodo significativo, anche anni, prima che l’accredito corretto sia visibile nell’estratto conto contributivo.

Questa procedura garantisce che i dipendenti pubblici possano correggere eventuali discrepanze nel loro percorso contributivo, assicurando la precisione delle informazioni previdenziali in vista della pensione.

Estensione dei termini per la regolarizzazione contributiva nel pubblico impiego: opportunità fino al 2024

Oltre a quanto sopra menzionato, nell’ambito del pubblico impiego, è stata introdotta un’estensione significativa dei termini per la regolarizzazione dei contributi previdenziali non versati fino al 31 dicembre 2019. Questa proroga mira a consentire alle amministrazioni pubbliche di sanare le omissioni contributive che altrimenti sarebbero prescritte.

La tabella seguente offre una panoramica chiara delle nuove disposizioni e dei loro impatti:

Beneficiario della ProrogaDettagli della Proroga
Dipendenti delle Pubbliche AmministrazioniEstensione fino al 31 dicembre 2024 per versare i contributi non versati fino al 31 dicembre 2019, includendo contributi per trattamenti di fine servizio.
Collaboratori Coordinati e ContinuativiI rapporti di collaborazione coordinata e continuativa possono essere regolarizzati entro il 31 dicembre 2024, nonostante la prescrizione.
Gestione Separata dell’INPS (collaboratori vari)Le denunce contributive e i versamenti per i rapporti con la Gestione Separata dell’INPS possono essere effettuati entro il 31 dicembre 2024.

L’articolo 11, comma 5 del Decreto Legge n. 162/2019 ha prorogato inizialmente i termini per i contributi fino al 31 dicembre 2015, successivamente estesi al 31 dicembre 2017 dal Decreto Legge n. 228/2021, consentendo alle amministrazioni pubbliche di regolarizzare le contribuzioni in scadenza entro il 31 dicembre 2022. 

Il Decreto Legge n. 198/2022 ha ulteriormente esteso i termini al 31 dicembre 2018, e il Decreto Legge n. 215/2023 ha aggiunto un anno supplementare, portando la data limite al 31 dicembre 2023.

Dal 1° gennaio 2025, in assenza di versamenti contributivi per i compensi denunciati nella Gestione Separata dell’INPS, sarà possibile esercitare la facoltà di costituzione della rendita vitalizia per recuperare i periodi prescritti ai fini pensionistici.

Infine, l’INPS chiarisce che per le regolarizzazioni effettuate entro il 31 dicembre 2024 non saranno applicate sanzioni civili per l’omesso versamento dei contributi, alleviando il carico finanziario sulle pubbliche amministrazioni.

Questa proroga rappresenta un’opportunità cruciale per stabilizzare la posizione previdenziale dei dipendenti pubblici e dei collaboratori, garantendo un trattamento equo e sostenibile nel lungo termine.

Il mancato versamento dei contributi

Quando non si è di fronte ad un’omissione o ad un errore, ma i contributi previdenziali mancano perché non sono mai stati versati dal datore di lavoro e risulta siano prescritti, allora la legge prevede un rimedio specifico per il lavoratore: la richiesta da parte del datore di lavoro di costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi. 

Questa possibilità è disciplinata dall’articolo 13 della Legge n. 1338/1962, nonché dalla circolare INPS n. 78/2019.

Rendita vitalizia

La rendita vitalizia può essere costituita per diverse categorie di lavoratori, tra cui:

  • dipendenti subordinati; 
  • coadiutori di imprenditori artigiani o commerciali; 
  • coltivatori diretti; 
  • coloni e mezzadri; 
  • collaboratori iscritti alla Gestione Separata INPS; 
  • lavoratori autonomi occasionali. 

Essenziale per il processo è la presentazione di una prova documentale del rapporto di lavoro, la quale deve essere datata in modo certificato. Questo requisito è stato confermato dalla Corte di Cassazione in diverse occasioni, tra cui la sentenza n. 14416/2019.

Nello specifico la procedura per la richiesta della rendita vitalizia richiede diverse fasi, di seguito illustrate:

  • Identificazione del mancato versamento: il lavoratore deve individuare chiaramente i periodi contributivi per i quali non sono stati versati i contributi previdenziali.
  • Presentazione documentazione necessaria: è necessario fornire documenti che dimostrino l’esistenza e la natura del rapporto di lavoro, come contratti di lavoro, certificazioni di servizio, o altre forme di documentazione ufficiale riconosciute dalla normativa.
  • Presentazione della richiesta: la richiesta di costituzione di rendita vitalizia va presentata all’INPS, che valuterà la documentazione fornita e l’idoneità della richiesta.

È evidente come in assenza di contributi previdenziali non regolarmente versati dal datore di lavoro o da altri soggetti responsabili, la rendita vitalizia funge da meccanismo di compensazione. Essa permette al lavoratore di ricevere un flusso di reddito continuativo, in sostituzione della pensione a cui avrebbe avuto diritto se i contributi fossero stati versati correttamente.

Quando il lavoratore non riesce ad ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita così come previsto dalla legge, è autorizzato a agire in sua vece, mantenendo tuttavia il diritto al risarcimento del danno. È tuttavia essenziale che egli fornisca all’INPS le necessarie prove del rapporto di lavoro e della retribuzione, come precisato nel comma 5 dell’art. 13.

Rendita vitalizia e riscatto

La costituzione della rendita vitalizia rappresenta quindi uno strumento fondamentale per correggere omissioni contributive nell’ambito dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, particolarmente valido quando si verifica la prescrizione dei contributi. 

Accanto a questo, la normativa vigente ha poi ampliato la gamma degli strumenti a disposizione degli assicurati, aggiungendo anche l’opzione del riscatto consentendo così di regolarizzare i contributi non versati garantendo al contempo i diritti pensionistici e l’assistenza sanitaria per diverse categorie di soggetti.

Chi può beneficiarne

Abbiamo detto che la rendita vitalizia può essere richiesta da vari soggetti. In dettaglio:

  • datore di lavoro: quando vi è stato un mancato versamento dei contributi, il datore di lavoro può optare per la costituzione di una rendita vitalizia come forma di riparazione per il danno causato al dipendente;
  • lavoratore: il lavoratore ha il diritto di richiedere il riscatto autonomamente, sostituendosi al datore di lavoro, sia durante l’attività lavorativa che dopo aver cessato il rapporto di lavoro e ottenuto la pensione;
  • superstiti: anche i superstiti del lavoratore hanno la facoltà di richiedere la costituzione di una rendita vitalizia, previo soddisfacimento dei requisiti stabiliti.

Estensione delle facoltà di riscatto 

Per ciò che attiene il riscatto invece, inizialmente era un’opzione limitata ai soli rapporti di lavoro subordinato, successivamente è stata però estesa ad altre categorie di lavoratori grazie al Decreto Legislativo 30 aprile 1997, n. 184, modificato dalla Legge 24 dicembre 2007, n. 247. Questa normativa ha ampliato l’applicazione del riscatto a:

  • familiari coadiuvanti e coadiutori: includendo i collaboratori dei titolari di imprese artigiane e commerciali;
  • collaboratori agricoli: come i coadiutori del nucleo diretto di coltivatori diversi dal titolare;
  • soggetti della Gestione Separata INPS: i cui contributi sono trattenuti e versati dal committente o associante.

Funzionamento e applicazione

Il riscatto è applicabile per i periodi di lavoro in cui la contribuzione non è stata versata e non può più essere recuperata a causa della prescrizione. Questo meccanismo consente agli interessati di ottenere crediti utili per il calcolo delle pensioni e altre prestazioni previdenziali.

Requisiti e procedura

Per avanzare una richiesta di riscatto, è necessario presentare documentazione che attesti:

  • l’esistenza e durata del rapporto di lavoro: mediante documenti autentici dell’epoca, quali buste paga, libretti di lavoro e lettere di assunzione o licenziamento;
  • la qualifica e le retribuzioni percepite.

Azioni in caso di insolvenza del datore di lavoro

Esaminiamo adesso un’altra situazione che può verificarsi, ossia il mancato versamento dei contributi a seguito di difficoltà finanziarie dell’azienda. 

Nel caso in cui i contributi previdenziali non siano stati versati a causa del fallimento dell’azienda, il lavoratore dispone di specifici strumenti per tutelare i propri diritti contributivi. Nello specifico il lavoratore ha facoltà di intraprendere le seguenti azioni: 

  • Richiesta di insinuazione al passivo: il lavoratore ha il diritto di dimostrare al curatore fallimentare che i contributi previdenziali non sono stati versati dall’azienda. Questo processo è parte integrante del procedimento di fallimento e consente al lavoratore di inserire il proprio credito nel quadro generale dei creditori dell’azienda. La documentazione necessaria comprende prove documentali dei versamenti mancanti e altre evidenze pertinenti.
  • Fondo di Garanzia dell’INPS: in situazioni di insolvenza comprovata dell’azienda, il lavoratore può rivolgersi al Fondo di Garanzia dell’INPS per ottenere il pagamento dei contributi previdenziali non versati. 

Il Fondo di Garanzia interviene come garante in caso di inadempimento contributivo dell’azienda, purché siano soddisfatti determinati requisiti:

  • insolvenza accertata dell’azienda, dimostrata attraverso documentazione idonea;
  • iscrizione dell’azienda ad una forma di previdenza complementare, come richiesto dalle normative vigenti;
  • cessazione del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’azienda, confermata mediante documentazione appropriata.

È inoltre essenziale che il lavoratore mantenga una documentazione accurata e agisca tempestivamente per garantire la tutela dei propri diritti previdenziali durante il processo di fallimento dell’azienda.

Queste due azioni non si escludono a vicenda; anzi, spesso vengono perseguite simultaneamente per massimizzare le possibilità di recupero dei contributi. 

Il lavoratore  avvia la richiesta di insinuazione al passivo e dopo che ha ottenuto la dichiarazione del diritto al Trattamento di  Fine Rapporto e i relativi crediti di lavoro,  presenta domanda di liquidazione diretta al Fondo di Garanzia dell’INPS. Tuttavia, è importante coordinare le azioni legali con l’assistenza di professionisti del settore per garantire che siano seguite le procedure corrette e rispettati i tempi previsti dalla legge.

Mancato riconoscimento dei contributi da parte dell’INPS

Alcune volte può accadere invece, che sia l’ente a non riconoscere i contributi versati. Il mancato riconoscimento dei contributi versati all’INPS può derivare da diversi motivi tecnici e amministrativi. 

Di seguito sono elencate le principali cause:

Cause del mancato riconoscimentoDescrizione
Errori nell’invio della documentazionePuò accadere che il datore di lavoro o il lavoratore autonomo non invii correttamente o tempestivamente la documentazione necessaria per l’iscrizione e il versamento dei contributi previdenziali.
Errori nella compilazione dei datiLa documentazione inviata potrebbe contenere errori o inesattezze nella compilazione dei dati relativi ai contributi versati.
Verifiche e controlli da parte dell’INPSL’INPS potrebbe avviare verifiche o controlli per accertare la correttezza e la completezza dei contributi versati, il che potrebbe portare al mancato riconoscimento di alcuni contributi.
Discrepanze tra i dati del datore di lavoro e quelli del lavoratorePotrebbero esserci discrepanze nei dati relativi ai contributi versati, ad esempio a causa di errori di trascrizione o di calcolo tra quelli segnalati dal datore di lavoro e quelli dichiarati dal lavoratore.
Trasmissione flussi EMENS con dati codificati erratiPotrebbe accadere che vi siano degli eventuali errori nella trasmissione telematica dei dati alfanumerici riepilogativi delle posizioni contributive dei lavoratori

Se l’INPS non riconosce i contributi versati, è fondamentale agire prontamente per risolvere la situazione e proteggere i diritti del lavoratore. Nello specifico se vengono identificate delle anomalie o dei contributi non riconosciuti, è possibile contattare direttamente l’INPS per ottenere chiarimenti sulle cause del mancato riconoscimento.

Implicazioni del mancato versamento dei contributi INPS

La richiesta di chiarimenti all’ente è estremamente importante in quanto il mancato versamento dei contributi previdenziali può avere serie conseguenze per i lavoratori quali:

  • accesso limitato ai benefici previdenziali: il mancato versamento può impedire ai lavoratori di accedere ai benefici previsti, come la pensione o l’assistenza sanitaria, a causa della mancanza di copertura contributiva;
  • difficoltà nel recupero dei crediti: se l’azienda entra in difficoltà finanziarie e non ha versato i contributi, il recupero dei crediti da parte dei lavoratori può diventare problematico.

Contributi indebitamente versati

Può accedere invece, che da un esame dell’estratto conto contributivo si ravveda la presenza di contributi indebitamente versati. Vediamo nello specifico di cosa si tratta e cosa fare in una situazione di questo tipo.

I contributi indebitamente versati all’INPS sono quei pagamenti che, per vari motivi, non erano dovuti all’INPS e che invece risultano versati. Sebbene compaiano nell’estratto conto contributivo, non contribuiscono alla determinazione della futura pensione. 

In altre parole, questi contributi non possono essere utilizzati per il calcolo pensionistico né per altre finalità, come la totalizzazione, il cumulo, la ricongiunzione o per richiedere una pensione supplementare. In pratica, rappresentano denaro perso per il lavoratore, a meno che non si attivi un processo di recupero dall’INPS.

Un esempio comune riguarda i lavoratori dipendenti, dove il datore di lavoro versa contributi oltre il massimale previsto (119.650 € per il 2024). Ricordiamo infatti, che oltre questa soglia, non sono dovuti ulteriori versamenti previdenziali per chi accede alla pensione con il sistema contributivo. 

In caso di errore nei pagamenti, è dunque necessario richiedere un rimborso. Vediamo quindi, come attivarsi per il recupero di queste somme.

Recupero dei contributi indebitamente versati

Il recupero dei contributi indebitamente versati può avvenire in due modi:

  1. Rimborso d’ufficio

Se l’INPS rileva l’anomalia nei versamenti, dispone automaticamente il rimborso, risolvendo rapidamente la questione senza necessità di intervento da parte del lavoratore o del datore di lavoro.

  1. Richiesta di rimborso

Se l’errore non viene rilevato dall’INPS, il datore di lavoro deve avviare un’istanza di rimborso tramite il servizio “Rimborso dei crediti contributivi alle aziende”. Successivamente, l’azienda deve restituire al lavoratore la quota di contributi indebitamente versati a suo carico.

Normativa e termini di prescrizione

Le regole per il rimborso dei contributi indebitamente versati sono disciplinate dal DPR 818 del 1957. Questa norma stabilisce che i contributi indebiti non concorrono a formare le prestazioni pensionistiche e devono essere rimborsati al datore di lavoro, che a sua volta li restituirà al lavoratore. 

Il rimborso deve essere richiesto entro cinque anni dal versamento; tuttavia, per i contributi versati oltre il massimale, il termine di prescrizione si estende a dieci anni, come sancito dalla Circolare INPS n. 63 del 2019.

Trascorsi i termini di prescrizione, i contributi indebitamente versati non possono più essere rimborsati e restano acquisiti dall’INPS. 

Rimborso dei contributi e pagamento degli interessi

In merito al rimborso dei contributi previdenziali indebitamente versati, l’INPS procede con la restituzione del solo importo originario senza aggiungere interessi. Tuttavia, questa posizione è stata contestata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 417 del 1998, che ha dichiarato illegittimo tale approccio e ha stabilito il diritto del lavoratore a ricevere un rimborso comprensivo degli interessi.

Nello specifico ci sono state due sentenze decisamente rilevanti in proposito:

  1. Sentenza Corte Costituzionale n. 417/1998

La sentenza ha sancito che i rimborsi effettuati dall’INPS devono includere gli interessi maturati, non solo l’importo indebitamente versato. Pertanto i lavoratori hanno il diritto di richiedere il rimborso degli interessi oltre al capitale versato in eccesso.

  1. Sentenza Corte di Cassazione n. 7296/1994

Questa sentenza stabilisce che il calcolo degli interessi dovuti sull’importo rimborsato deve iniziare dalla data della domanda di rimborso e non dal momento del versamento indebito. Questo implica che gli interessi si accumulano solo a partire dalla richiesta di rimborso, non dal momento in cui il versamento indebito è stato effettuato.

Ad oggi, non è stata emanata una nuova normativa che chiarisca definitivamente la questione degli interessi sui rimborsi. Pertanto, i lavoratori possono ancora richiamare le sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione per ottenere il rimborso degli interessi maturati.

Questo vuol dire che al momento della presentazione della domanda di rimborso all’INPS devono citare in tali domande le sentenze n. 417/1998 della Corte Costituzionale e n. 7296/1994 della Corte di Cassazione.

Conformemente dunque a quanto statuito da queste sentenze, l’importo degli interessi sarà corrisposto e calcolato a partire dalla data della domanda di rimborso.

Aggiornamento informazioni estratto conto contributivo

Da ultimo è sempre bene tenere a mente che l’Estratto Conto Contributivo non riflette immediatamente i versamenti effettuati. 

Anche se i contributi sono versati secondo scadenze precise, infatti, c’è un intervallo di tempo tra il pagamento all’INPS e l‘aggiornamento visibile nel documento. Questo ritardo può durare fino a due mesi.

Quando si consulta il documento online o lo si richiede attraverso un ente preposto, è dunque importante considerare questo ritardo per evitare interpretazioni errate. La presenza di questo intervallo significa che i dati visualizzati potrebbero di fatto, non includere i versamenti più recenti.

La storia contributiva del cliente come strumento di pianificazione

Un consulente previdenziale esperto può trasformare l’estratto conto contributivo del cliente in una narrazione dettagliata e significativa della sua vita lavorativa, evidenziando non solo i periodi contributivi ma anche le scelte e i momenti cruciali che hanno modellato il suo percorso previdenziale. 

Questo approccio non solo fornisce un quadro completo della situazione previdenziale del cliente, ma permette anche di identificare aree di miglioramento e opportunità per ottimizzare i benefici futuri. 

Attraverso un’analisi approfondita e personalizzata, il consulente può accompagnare il cliente lungo un percorso di consapevolezza e pianificazione, rendendo ogni contributo versato una parte integrante della sua storia e della sua sicurezza finanziaria futura.

L’importanza dell’analisi dell’estratto conto contributivo: le domande chiave per il cliente

L’analisi dell’estratto conto contributivo rappresenta una tappa cruciale nella consulenza previdenziale, offrendo una visione chiara e precisa della carriera contributiva del cliente. Questo processo si articola in tre fasi fondamentali:

  1. Verifica della correttezza dei dati con il cliente

La prima fase dell’analisi consiste nella rigorosa verifica della correttezza dei dati presenti nell’estratto conto contributivo. È essenziale controllare con attenzione i periodi di contribuzione, le tipologie di contributi e le retribuzioni segnalate. Coinvolgere direttamente il cliente in questa fase è fondamentale, poiché egli può fornire informazioni aggiuntive o chiarire eventuali discrepanze riscontrate nei dati. Un esame accurato evita errori che potrebbero compromettere il calcolo della pensione e garantisce che tutti i contributi siano stati correttamente accreditati.

  1. Ascolto della “storia” contributiva del cliente

Ogni cliente ha una storia contributiva unica che riflette la sua carriera lavorativa. Ascoltare attentamente questa narrazione consente al consulente di comprendere meglio eventuali lacune o anomalie nei dati. Questo passaggio non solo aiuta a identificare possibili errori, ma permette anche di ricostruire un quadro più completo e preciso della situazione previdenziale del cliente. Il racconto del cliente può rivelare esperienze professionali significative che meritano di essere considerate nella pianificazione previdenziale.

  1. Evidenziazione dei passaggi cruciali

Dopo aver verificato la correttezza dei dati e compreso la storia contributiva del cliente, il passo successivo è identificare i passaggi più rilevanti della carriera contributiva. Questo include l’individuazione dei periodi che potrebbero avere un impatto significativo sul calcolo della pensione, come ad esempio anni di contribuzione particolarmente vantaggiosi o periodi di lavoro all’estero. In questa fase, è inoltre possibile segnalare eventuali azioni correttive necessarie, come la richiesta di accredito di contributi mancanti o l’aggiornamento di informazioni errate presso l’INPS.

Seguendo questi tre passaggi, il consulente può garantire un’analisi completa e accurata dell’estratto conto contributivo, fornendo al cliente una chiara comprensione della sua situazione previdenziale e delle azioni necessarie per ottimizzare il proprio futuro pensionistico. Inoltre, questo processo favorisce un dialogo aperto e approfondito con il cliente, che può contribuire in modo significativo all’analisi complessiva della sua situazione finanziaria e patrimoniale.

Le domande fondamentali da porre al cliente

Per una consulenza previdenziale efficace, è poi indispensabile porre poi al cliente domande specifiche che stimolino la riflessione e l’autovalutazione. Ne citiamo alcune:

  1. Hai mai richiesto un estratto conto contributivo aggiornato?

L’estratto conto contributivo è il documento che riassume tutti i contributi previdenziali versati durante la carriera lavorativa. Richiederlo regolarmente è fondamentale per garantire che tutti i contributi siano correttamente accreditati, evitando sorprese spiacevoli al momento della pensione.

  1. Sei sicuro che tutti i tuoi contributi siano stati correttamente accreditati?

Accedere all’estratto conto contributivo attraverso il portale INPS utilizzando lo SPID è il primo passo. Se il cliente non ha ancora attivato lo SPID, il consulente può offrire assistenza. Questo non è solo un passaggio tecnico, ma un’occasione per approfondire la conoscenza del percorso professionale del cliente. Analizzando insieme l’estratto conto, è possibile identificare eventuali lacune contributive e verificare la correttezza dei dati, costruendo così un quadro preciso della situazione previdenziale.

  1. Sai come i tuoi contributi influenzeranno la pensione futura?

Ogni contributo versato rappresenta una tappa del percorso professionale del cliente, dalle prime esperienze lavorative alle sfide affrontate negli anni più recenti. Discutere di queste esperienze permette al consulente di costruire una strategia previdenziale su misura, che tenga conto delle specificità della carriera del cliente.

L’importanza di un’analisi previdenziale personalizzata

La missione del consulente previdenziale è dunque quella di garantire che il cliente disponga di tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni consapevoli riguardo alla propria pensione. Monitorare regolarmente l’estratto conto contributivo permette di prevenire problemi, massimizzare i benefici pensionistici e pianificare con precisione il futuro finanziario. Questo servizio di consulenza non solo offre tranquillità riguardo alla pensione, ma rappresenta anche un investimento nel benessere finanziario a lungo termine del cliente.

Conclusione: un percorso di pianificazione previdenziale

L’analisi previdenziale rappresenta un viaggio complesso e articolato, in cui il consulente e il cliente lavorano fianco a fianco per costruire un futuro finanziario solido e sicuro. Questo percorso va ben oltre la semplice revisione dei dati contributivi: è un’opportunità per esplorare in profondità la carriera lavorativa del cliente, analizzando non solo i contributi versati, ma anche le scelte professionali, le transizioni di carriera, e le eventuali pause o cambiamenti significativi.

Richiedere un estratto conto contributivo aggiornato è un passo cruciale, ma non basta. È necessario contestualizzare questi dati all’interno della vita lavorativa del cliente, valutando come ciascun periodo contributivo si inserisca nel quadro più ampio della sua storia professionale e personale. Questa fase di analisi è fondamentale per identificare eventuali lacune contributive o errori amministrativi che, se non corretti, potrebbero compromettere il diritto a una pensione piena e adeguata.

Ma l’analisi previdenziale non si ferma alla verifica dei dati. Una volta ottenuta una visione chiara e completa della situazione attuale, il consulente deve aiutare il cliente a proiettarsi nel futuro, elaborando scenari previdenziali diversi in base alle variabili personali e di mercato. Questo processo include la valutazione di eventuali strumenti integrativi, come la previdenza complementare, e l’ottimizzazione dei periodi contributivi per massimizzare i benefici pensionistici.

La pianificazione previdenziale diventa così un processo altamente personalizzato, che riflette non solo le esigenze attuali del cliente, ma anche le sue aspirazioni future. Attraverso un’analisi accurata e una strategia previdenziale su misura, il consulente può guidare il cliente verso un futuro finanziario non solo stabile, ma anche in linea con i suoi obiettivi di vita. La vera sfida è trasformare l’incertezza in una visione chiara e realistica del futuro, dove ogni passo è pianificato con attenzione per garantire una pensione serena e senza sorprese.

In questo senso, l’analisi previdenziale diventa un esercizio di consapevolezza, un momento in cui il cliente prende piena coscienza della propria situazione e delle azioni necessarie per garantirsi un futuro protetto. È un percorso che richiede impegno e collaborazione, ma che alla fine ripaga con la certezza di aver costruito un piano previdenziale solido e adattabile, capace di resistere alle incertezze del tempo e del mercato.

Guida alla Gestione Separata INPS

Introduzione

La Gestione Separata INPS è stata istituita nel 1995 (Legge n. 335/1995) con l’obiettivo di coprire i lavoratori autonomi e parasubordinati che non erano iscritti ad altre casse previdenziali. 

La sua creazione rispondeva alla necessità di garantire una copertura previdenziale a una crescente fascia di lavoratori che operavano in maniera indipendente, spesso attraverso contratti di collaborazione o come liberi professionisti senza una cassa di categoria. Si tratta principalmente di lavoratori autonomi e parasubordinati che non hanno una cassa previdenziale di riferimento.

Secondo i dati pubblicati (2023) dall’INPS, gli iscritti alla Gestione Separata hanno superato i 3 milioni di lavoratori, di cui una parte significativa sono professionisti senza cassa e collaboratori.

Negli ultimi anni, la Gestione Separata ha continuato a evolversi, adattandosi ai cambiamenti del mercato del lavoro e includendo nuove categorie di lavoratori. È probabile che, in futuro, questo strumento continui a svolgere un ruolo cruciale nel garantire una copertura previdenziale per tutte quelle forme di lavoro che non rientrano nelle tradizionali categorie del lavoro subordinato.

La sfida principale per il sistema rimane quella di garantire una sostenibilità nel lungo termine e di rispondere alle nuove esigenze dei lavoratori autonomi e parasubordinati in un mercato del lavoro sempre più flessibile e dinamico.

Chi è tenuto a iscriversi alla Gestione Separata INPS?

I soggetti che devono iscriversi alla gestione separata sono:

1. Professionisti senza Cassa Previdenziale

I professionisti senza Cassa sono quei lavoratori autonomi che esercitano una professione non regolata da un albo o un ordine professionale con una propria cassa previdenziale (es. avvocati, ingegneri, medici). Si stima che i professionisti rappresentino circa il 30-35% del totale degli iscritti.

Rientrano in questa categoria:

  • Consulenti aziendali
  • Consulenti informatici
  • Traduttori
  • Grafici freelance
  • Web designer

Questi lavoratori non hanno una propria cassa previdenziale di categoria (come avvocati, medici o ingegneri) e pertanto sono obbligati a iscriversi alla Gestione Separata INPS per ottenere una copertura pensionistica e, in alcuni casi, per malattia e maternità.

2. Collaboratori Coordinati e Continuativi (Co.Co.Co.)

I collaboratori coordinati e continuativi sono lavoratori che svolgono attività in favore di un committente con cui mantengono un rapporto di collaborazione stabile e continuativo, ma senza vincolo di subordinazione tipico dei dipendenti. Si tratta di una forma di lavoro parasubordinato in cui, pur non essendo un vero e proprio dipendente, il collaboratore è comunque obbligato a versare contributi previdenziali alla Gestione Separata. Si rammenta che il D.Lgs. n. 81/2015 ha disposto dal 25.6.2015 l’abrogazione del c.d. “lavoro a progetto”

3. Collaboratori Occasionali

I collaboratori occasionali sono lavoratori che svolgono prestazioni sporadiche per uno o più committenti, senza un rapporto stabile e continuativo. Tuttavia, l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS scatta solo se il reddito annuo percepito dal collaboratore per ciascun committente supera i € 5.000. Sotto questa soglia, non è necessario il versamento dei contributi.

4. Lavoratori Autonomi Occasionali

Anche i lavoratori autonomi occasionali, ovvero coloro che prestano servizi o lavori senza una regolarità e senza essere legati da un contratto subordinato, sono tenuti a iscriversi alla Gestione Separata se il reddito percepito supera i € 5.000 all’anno. In questo caso, i contributi vengono versati solo sulla parte eccedente tale soglia.

5. Incaricati alla Vendita a Domicilio

Gli incaricati alla vendita a domicilio sono quei lavoratori che vendono prodotti porta a porta senza avere una sede fissa. Questi lavoratori sono tenuti a iscriversi alla Gestione Separata solo se il loro reddito annuo supera i € 6.410,26. Al di sotto di questa soglia, non è necessario versare i contributi.

6. Associati in Partecipazione con Apporto di Solo Lavoro

L’obbligo riguarda i contratti ancora in essere dopo i D.Lgs. n. 81/2015, fermo restando che non sono soggetti all’obbligo contributivo gli associati in partecipazione: 

  • che apportano esclusivamente capitale (beni o denaro) ovvero sia capitale che lavoro il cui reddito è qualificabile come reddito di capitale; 
  • che apportano esclusivamente lavoro, iscritti ad un Albo professionale; 
  • imprenditori, per i quali il compenso concorre alla formazione del reddito d’impresa

7. Soci-amministratori di Società

L’obbligo sussiste se il socio contestualmente:

  • partecipa al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; 
  • ricopre la carica di amministratore percependo per essa uno . 

Pertanto, è necessaria l’iscrizione e la contribuzione: 

  • alla Gestione IVS per il lavoro prestato in qualità di socio; 
  • alla Gestione separata INPS per il compenso percepito in qualità di amministratore. 

La legittimità della “doppia iscrizione”, sancita dalla Corte Costituzionale con la sentenza 26.1.2012, n. 15, è stata confermata dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 27.1.2021, n. 1759 in base alla quale: 

  • non sussiste l’automatismo fra il ruolo di socio lavoratore e amministratore di una srl e l’obbligo di iscrizione sia alla Gestione separata che alla Gestione IVS; 
  • sussiste l’obbligo alla doppia contribuzione nel caso in cui l’amministratore partecipi in maniera diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda. Si rammenta inoltre che come sancito dalla Corte d’Appello di Milano (sentenze 5 / 6.10.2015, nn. 766 e 677) è a carico dell’INPS l’onere di provare il “doppio ruolo” del socio.

8. Soggetti iscritti a una Cassa ma senza versamento di contributi soggettivi

Alcuni professionisti, pur essendo iscritti a una cassa previdenziale di categoria, possono non versare i contributi soggettivi per varie ragioni, come previsto dallo statuto della cassa o per scelta personale. In questi casi, devono iscriversi alla Gestione Separata INPS per coprire la loro posizione previdenziale.

Categorie particolari

Oltre ai professionisti autonomi e collaboratori, vi sono alcune categorie speciali che sono obbligate all’iscrizione e al versamento dei contributi alla Gestione Separata. Vediamo nel dettaglio quali sono queste categorie:

  • Spedizionieri doganali non dipendenti
  • Magistrati onorari, ad esempio giudici di pace o giudici onorari 
  • Assegnisti di ricerca e dottorandi che ricevono borse di studio
  • Amministratori locali che non sono lavoratori dipendenti e non hanno altra forma di copertura previdenziale
  • Medici specializzandi con contratto di formazione specialistica
  • Volontari del Servizio Civile Nazionale

Redditi medi degli iscritti alla Gestione Separata

Secondo i dati dell’INPS, il reddito medio degli iscritti alla Gestione Separata è più basso rispetto a quello dei lavoratori dipendenti e delle categorie coperte da casse professionali. Il reddito annuo medio degli iscritti varia molto a seconda della categoria:

  • Professionisti senza cassa: Il reddito medio annuo per questa categoria si aggira attorno ai € 25.000, con forti variazioni in base alla professione e all’esperienza.
  • Collaboratori: I collaboratori tendono a percepire redditi più bassi rispetto ai professionisti, con un reddito medio annuo intorno ai € 15.000.
  • Soci-amministratori di società: I redditi per questa categoria sono molto variabili e possono essere più alti rispetto alle altre categorie della Gestione Separata, in quanto legati alle attività amministrative delle imprese.

Caratteristiche demografiche degli iscritti

Le caratteristiche demografiche degli iscritti alla Gestione Separata INPS riflettono l’evoluzione del mercato del lavoro italiano e la crescente presenza di lavoratori autonomi, collaboratori e altre forme di lavoro non subordinato. 

La Gestione Separata INPS copre una fascia ampia di età, con una concentrazione maggiore nelle fasce di età adulta. Tuttavia, esistono differenze significative in base alla categoria di lavoratori iscritti:

  • Giovani (sotto i 30 anni): Negli ultimi anni si è osservato un aumento di giovani iscritti alla Gestione Separata, specialmente tra i dottorandi, assegnisti di ricerca e professionisti autonomi. Molti giovani si iscrivono per coprire periodi di lavoro autonomo o parasubordinato, spesso durante gli anni di formazione o di inserimento nel mercato del lavoro.
  • Adulti (30-50 anni): La maggior parte degli iscritti alla Gestione Separata rientra in questa fascia di età. In particolare, i professionisti senza cassa, come consulenti aziendali, traduttori e lavoratori del settore creativo, si collocano in questa fascia. Anche i collaboratori coordinati e continuativi (Co.Co.Co.) e i soci-amministratori di società tendono a rientrare in questa categoria.
  • Over 50: Sebbene meno numerosa, questa fascia di età è comunque rappresentata, in particolare tra i professionisti autonomi con una lunga carriera alle spalle e tra gli amministratori di società. Alcuni lavoratori più anziani potrebbero iscriversi alla Gestione Separata come consulenti o collaboratori dopo una carriera come dipendenti.

La distribuzione per genere tra gli iscritti alla Gestione Separata evidenzia alcune differenze tra le categorie professionali:

  • Uomini: Storicamente, gli uomini sono leggermente più numerosi tra gli iscritti alla Gestione Separata, in particolare tra i soci-amministratori di società e i professionisti del settore tecnico (come consulenti IT o ingegneri). Gli uomini tendono a rappresentare una quota maggiore anche tra i collaboratori coordinati e continuativi di lunga data.
  • Donne: Negli ultimi anni, la presenza femminile tra gli iscritti alla Gestione Separata è in crescita, specialmente tra i professionisti autonomi nei settori creativi e nei servizi (come traduttrici, consulenti di comunicazione, freelance nel design e nella scrittura). Anche nel mondo accademico, tra i dottorandi e assegnisti di ricerca, le donne stanno assumendo un ruolo sempre più importante.

Aliquote Contributive per la Gestione Separata INPS nel 2024

Per l’anno 2024, le aliquote contributive per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS sono state aggiornate. Queste aliquote variano in base alla categoria di lavoratori e alla presenza o meno di altre forme di copertura previdenziale. Vediamole nel dettaglio:

Aliquote Contributive 2024:

  • 24%: soggetti titolari di pensione o provvisti di altra gestione previdenziale obbligatoria
  • 33,72%: Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali non è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL (indennità di disoccupazione). 

Si applica a:

  • Venditore porta a porta
  • Rapporto occasionale autonomo ex art.44, Legge n.326/2003
  • 35,03%: soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL. 

Si applica a: 

  • Collaboratori coordinati e continuativi (Co.Co.Co.)
  • Soci-amministratori di società
  • Dottorato di ricerca
  • Liquidatori di società
  • Sindaco di società e altri enti con o senza personalità giuridica
  • Collaboratore di giornali, riviste
  • Associati in partecipazione con apporto di solo lavoro
  • Lavoratori autonomi occasionali e collaboratori occasionali (sui redditi eccedenti i € 5.000)
  • 26,07%: questa è l’aliquota ridotta per i professionisti senza Cassa. Non include la copertura per malattia e maternità, ma è obbligatoria per garantire la pensione. 

Si applica a:

  • Professionisti autonomi senza cassa previdenziale

Lavoratori del settore sportivo dilettantistico 

A seguito dell’entrata in vigore della “Riforma dello sport” contenuta nel D.Lgs. n. 36/2021, l’INPS nella Circolare 31.10.2023, n. 88 ha fornito chiarimenti in merito all’obblighi previdenziali per i lavoratori sportivi del settore dilettantistico ed i co.co.co. di carattere amministrativo-gestionale in società / associazioni sportive dilettantistiche / federazioni / discipline sportive associate / enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI / CIP, ripresi e confermati dalla Circolare n. 24 in esame. 

In particolare, si evidenzia che l’art. 35, D.Lgs. n. 36/2021 dispone che i lavoratori sportivi del settore dilettantistico sono tenuti: all’iscrizione alla Gestione separata INPS qualora titolari di un contratto di co.co.co. o lavoratori autonomi, anche titolari di partita IVA; alla contribuzione al superamento del limite di € 5.000, considerando, in presenza di più rapporti, tutti i compensi erogati dai diversi committenti, compresi quelli ai lavoratori autonomi occasionali di cui all’art. 44, DL n. 269/2003.

Massimale e Minimale Reddito 2024

Il massimale e il minimale di reddito sono strumenti fondamentali per il funzionamento del sistema previdenziale. Il massimale permette di evitare versamenti eccessivi da parte dei lavoratori con redditi alti, mentre il minimale garantisce che i lavoratori con redditi più bassi possano comunque accumulare i requisiti necessari per l’accredito annuale completo ai fini della pensione.

Queste soglie assicurano che il sistema previdenziale sia sostenibile, equo e capace di rispondere alle diverse esigenze delle categorie di lavoratori che operano in autonomia o con rapporti di collaborazione parasubordinata.

Il massimale rappresenta un tetto massimo oltre il quale non si effettuano ulteriori versamenti alla Gestione Separata, garantendo al lavoratore il massimo accredito previdenziale previsto per quell’anno. Questo meccanismo tutela sia i lavoratori che percepiscono redditi elevati, sia il sistema previdenziale, che garantisce copertura fino a un limite stabilito.

  • Massimale Reddito: € 119.650 – oltre questo importo non sono dovuti ulteriori contributi previdenziali.

Il minimale di reddito rappresenta, invece, la soglia minima di guadagno annuo necessaria per ottenere l’accredito di un’intera annualità contributiva.

  • Minimale Reddito: € 18.415 – se il reddito è inferiore a questa soglia, i contributi devono comunque essere versati sul minimale, con un calcolo forfettario basato su tale importo.

Come versare i contributi alla Gestione Separata INPS

Il versamento dei contributi alla Gestione Separata INPS viene solitamente effettuato attraverso la Dichiarazione dei Redditi (Modello Unico), per i lavoratori autonomi, oppure direttamente dal committente per i collaboratori. In quest’ultimo caso, il committente trattiene la quota di contributi a carico del lavoratore (pari a circa 1/3 dell’aliquota totale) e versa l’intero importo all’INPS.

Conclusione

La Gestione Separata INPS rappresenta una forma fondamentale di previdenza per tutti quei lavoratori che, per la natura autonoma o parasubordinata della loro attività, non sono coperti da altre casse previdenziali. È importante, per chi rientra nelle categorie descritte, procedere all’iscrizione e versare regolarmente i contributi per garantire una futura copertura pensionistica e l’accesso a eventuali prestazioni assistenziali come malattia e maternità. 

Se hai dubbi sulla tua posizione o necessiti di maggiori informazioni, puoi consultare il sito dell’INPS per verificare le norme aggiornate e le procedure di iscrizione alla Gestione Separata. In alternativa, puoi rivolgerti a noi per una consulenza personalizzata, in modo da chiarire ogni aspetto riguardante il tuo inquadramento previdenziale e assicurarti di essere in regola con gli obblighi contributivi. 

Siamo a disposizione per assisterti passo dopo passo nella gestione della tua posizione previdenziale.

Guida alla pensione di reversibilità

Introduzione

La pensione di reversibilità in Italia ha attraversato più di un secolo di evoluzione, passando da una misura riservata a pochi a un diritto fondamentale per i familiari superstiti. Le sue radici storiche riflettono l’importanza data alla protezione della famiglia e alla solidarietà sociale, principi che continuano a guidare il dibattito sulle future riforme del sistema previdenziale.

Oggi, la pensione di reversibilità è ancora al centro del dibattito pubblico, con discussioni che riguardano l’equità e la sostenibilità di questo beneficio. In un contesto di crescente diversificazione dei modelli familiari e di cambiamenti demografici, c’è una continua riflessione su come adattare la pensione di reversibilità alle nuove realtà sociali.

La pensione di reversibilità ha lo scopo di fornire un reddito sostitutivo ai familiari superstiti, riducendo l’impatto economico della perdita del reddito da lavoro o pensione del defunto.

Le regole per la pensione di reversibilità si applicano sia agli assicurati presso l’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) che agli assicurati presso le Casse Professionali. Tuttavia, ci sono differenze significative tra i due sistemi, che riguardano le modalità di calcolo e le normative specifiche. Ogni Cassa Professionale può avere requisiti specifici riguardo al numero di settimane di contribuzione necessarie. Allo stesso modo alcune Casse possono stabilire requisiti minimi per il diritto alla pensione di reversibilità.

Questa guida ti aiuterà a comprendere come funziona, chi ne ha diritto, come si calcola e come richiederla.

Le prestazioni spettanti ai superstiti nella previdenza pubblica

Le prestazioni previdenziali spettanti ai superstiti nella previdenza pubblica italiana, conosciute comunemente come “pensione ai superstiti”, si riferiscono a vari tipi di trattamenti pensionistici destinati ai familiari di un lavoratore deceduto. Queste prestazioni sono garantite dall’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) gestita dall’INPS e includono principalmente:

  • Assegno temporaneo ai superstiti: è una prestazione economica concessa ai familiari di un lavoratore deceduto che non ha maturato i requisiti per la pensione indiretta o di reversibilità. Questa prestazione è volta a offrire un sostegno economico temporaneo ai superstiti, in attesa di una soluzione pensionistica definitiva.
  • Pensione di Reversibilità: è una prestazione economica erogata ai familiari superstiti di un pensionato deceduto.
  • Pensione Indiretta: è una prestazione economica destinata ai superstiti di un lavoratore che, al momento del decesso, non era ancora pensionato.

Obiettivi Principali della Pensione di Reversibilità

Come si è visto la pensione di reversibilità serve a garantire che i familiari superstiti non rimangano privi di sostegno economico dopo la morte di un pensionato. È una misura di tutela fondamentale che riflette l’impegno dello Stato nel proteggere i cittadini in situazioni di bisogno e vulnerabilità.

La pensione di reversibilità è una componente cruciale del sistema previdenziale italiano, progettata per offrire protezione e stabilità finanziaria ai familiari superstiti di un pensionato deceduto. I suoi obiettivi principali sono garantire il sostegno economico, proteggere i più vulnerabili, assicurare continuità del reddito, e offrire stabilità a lungo termine. Questi obiettivi riflettono l’importanza di un sistema previdenziale che tutela non solo i lavoratori, ma anche le loro famiglie.

  • Stabilità Finanziaria nel Lungo Periodo: La pensione di reversibilità contribuisce a fornire stabilità finanziaria a lungo termine, permettendo ai superstiti di pianificare il loro futuro con un reddito garantito, anche se ridotto rispetto alla pensione originale del defunto.
  • Sostegno Economico ai familiari superstiti: La pensione di reversibilità offre un supporto finanziario al coniuge, ai figli, e in alcuni casi ai genitori o ai fratelli e sorelle, che dipendevano economicamente dal pensionato deceduto. Questo aiuto può essere essenziale per mantenere il tenore di vita dei superstiti e per coprire le spese quotidiane.
  • Protezione Sociale: Funziona come una forma di protezione sociale, assicurando che i superstiti non si trovino senza mezzi di sussistenza dopo la morte di un familiare che era pensionato. È un diritto che si inserisce nel quadro più ampio del sistema di welfare italiano, volto a tutelare i cittadini in situazioni di vulnerabilità.
  • Garanzia di Continuità del Reddito: La pensione di reversibilità assicura una continuità di reddito per i familiari superstiti, riducendo l’impatto economico della perdita del pensionato. Questo è particolarmente importante per i coniugi superstiti, i figli minorenni o inabili, che potrebbero non avere altre fonti di reddito.
  • Tutela dei Familiari Inabili o a Carico: Offre una protezione specifica ai familiari che, per età o condizione di salute, non sono in grado di lavorare o di mantenersi autonomamente, come i figli inabili al lavoro.

Cos’è la Pensione di Reversibilità?

La pensione di reversibilità è una forma di tutela economica destinata ai familiari superstiti di un pensionato deceduto, già titolare di una pensione (di vecchiaia, anticipata, di anzianità o di invalidità). Si tratta, quindi di una parte della pensione originaria del defunto, trasferita ai superstiti per garantire loro un sostegno finanziario.

Questo strumento ha l’obiettivo di garantire ai superstiti un reddito in seguito alla perdita del coniuge o di un genitore pensionato, offrendo un aiuto finanziario per affrontare la situazione.

Pensione di reversibilità e pensione indiretta 

Nel sistema previdenziale italiano, la pensione di reversibilità e la pensione indiretta sono due prestazioni volte a garantire un sostegno economico ai familiari di un lavoratore deceduto. Sebbene abbiano obiettivi simili, esistono differenze significative tra le due.

La pensione di reversibilità è una prestazione economica erogata ai familiari superstiti di una persona che era già titolare di una pensione di vecchiaia o di anzianità al momento del decesso mentre la pensione indiretta è erogata ai familiari superstiti di un lavoratore che, al momento della morte, non era ancora titolare di una pensione, ma aveva maturato i requisiti contributivi necessari per avere diritto a una pensione di vecchiaia o di anzianità.

Per avere diritto alla pensione INPS indiretta bisogna che il lavoratore deceduto debba aver maturato almeno 15 anni di contributi in tutta la vita lavorativa oppure almeno 5 anni di contributi, di cui 3 anni versati nei 5 anni precedenti il decesso. Se il lavoratore non soddisfa questi requisiti contributivi, i superstiti non possono accedere alla pensione indiretta.

Chi ha Diritto alla Pensione di Reversibilità?

I beneficiari della pensione di reversibilità sono:

  • Coniuge: La pensione di reversibilità spetta al coniuge del pensionato deceduto, anche se separato, a patto che non sia stato dichiarato “colpevole” con sentenza passata in giudicato. 

In caso di divorzio, il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità se non si è risposato e se percepiva un assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge.

  • Unioni Civili: Dal 2016, anche i partner delle unioni civili sono equiparati ai coniugi; quindi, hanno diritto alla pensione di reversibilità.
  • Figli: I figli hanno diritto alla pensione di reversibilità se sono:

– Figli Minori: I figli minori (sotto i 18 anni) hanno sempre diritto alla pensione di reversibilità.

– Figli Studenti: I figli maggiorenni, fino a 21 anni se frequentano la scuola media superiore e fino a 26 anni se iscritti all’università, possono beneficiare della pensione di reversibilità. È necessario che i figli non svolgano attività lavorativa e siano a carico del genitore deceduto.

– Figli Inabili: I figli inabili al lavoro, indipendentemente dall’età, hanno diritto alla pensione di reversibilità, purché siano a carico del genitore deceduto al momento del decesso.

– Figli Nati Fuori dal Matrimonio: Hanno gli stessi diritti dei figli nati all’interno del matrimonio, a condizione che sia stata riconosciuta la paternità o maternità.

  • Genitori: Se il pensionato non ha coniuge o figli, i genitori possono ottenere la pensione di reversibilità se hanno più di 65 anni, non percepiscono redditi, e vivevano a carico del defunto.
  • Fratelli e Sorelle: In assenza di coniuge, figli, e genitori, i fratelli e le sorelle non sposati, inabili al lavoro e a carico del defunto, possono avere diritto alla pensione di reversibilità.

Presupposto del familiare superstite a carico

Il familiare superstite viene considerato a carico  del pensionato deceduto al sussistere delle condizioni di non autosufficienza economica e di mantenimento abituale. Per l’accertamento della vivenza a carico assume particolare rilievo la convivenza del superstite con il defunto. La vivenza a carico è sempre richiesta, ad eccezione del coniuge e dei figli minori e figli superstiti studenti lavoratori. I figli studenti hanno diritto alla pensione ai superstiti anche se svolgono un’attività lavorativa dalla quale deriva un piccolo reddito. 

Pensione di Reversibilità: Percentuali in Base ai Beneficiari

La pensione ai superstiti viene liquidata in misura percentuale rispetto alla pensione che percepiva o avrebbe percepito il defunto. Le percentuali variano a seconda del tipo di beneficiario (coniuge, figli, genitori, fratelli o sorelle) e della composizione del nucleo familiare. Queste percentuali non possono mai superare complessivamente il 100% della pensione originaria del defunto. Se ci sono più beneficiari, la somma delle loro quote non deve superare questo limite e, se necessario, le quote vengono proporzionalmente ridotte.

Conoscere le percentuali e le condizioni di accesso alla pensione di reversibilità per i beneficiari è fondamentale per una corretta pianificazione previdenziale. Questo permette ai familiari di avere un quadro chiaro delle risorse disponibili in caso di decesso del coniuge o del genitore, garantendo una migliore gestione delle finanze e una maggiore sicurezza economica per il futuro.

BeneficiariPercentuale della Pensione del Defunto
Coniuge Superstite60%
Coniuge con un Figlio80%
Coniuge con Due o Più Figli100%
Un Figlio (senza Coniuge Superstite)70%
Due Figli (senza Coniuge Superstite)80%
Tre o Più Figli (senza Coniuge Superstite)100%
Genitori (ciascuno)15%
Fratelli e Sorelle (ciascuno)15%

Come si Calcola la Pensione di Reversibilità?

Il calcolo della pensione di reversibilità si basa su una percentuale della pensione che percepiva (o avrebbe percepito) il defunto al momento del decesso. Questa percentuale varia a seconda del numero e della tipologia dei beneficiari (coniuge, figli, ecc.). 

Per il calcolo preciso della pensione di reversibilità bisogna tenere in considerazione diversi fattori:

  1. Percentuale Assegnata ai Beneficiari: Come menzionato in precedenza, le percentuali variano in base ai beneficiari.
  2. Riduzione per Cumulo con Altri Redditi: Se il beneficiario ha altri redditi, la pensione di reversibilità può essere ridotta in base a specifiche fasce di reddito stabilite dalla legge.
  3. Quota della Pensione del Defunto: La pensione di reversibilità è calcolata sulla pensione diretta del defunto, che può essere:
    • Una pensione di vecchiaia, di anzianità, o di invalidità.
    • Una pensione virtuale, calcolata come se il defunto avesse raggiunto l’età pensionabile al momento del decesso.

Esempio Pratico di calcolo di pensione di reversibilità:

Supponiamo che il defunto percepisse una pensione di €2.000 al mese. I beneficiari sono il coniuge superstite e un figlio. La percentuale per il coniuge con un figlio è l’80%.

  • Pensione del defunto: €2.000
  • Percentuale di reversibilità per coniuge con un figlio: 80%
  • Pensione di reversibilità mensile: €2.000 × 80% = €1.600

Quindi, il coniuge superstite riceverà €1.600 al mese come pensione di reversibilità.

Riduzioni in Base al Reddito

L’importo della pensione ai superstiti può essere ridotto in base ai redditi personali del beneficiario. Questa riduzione si applica per evitare che la pensione di reversibilità superi un certo limite di reddito e garantire una distribuzione equa delle risorse previdenziali.

Fasce di Reddito e Percentuali di Riduzione:

  • Reddito fino a 1 volta il trattamento minimo: Nessuna riduzione.
  • Reddito tra 1 e 1,5 volte il trattamento minimo: Riduzione del 25% della pensione di reversibilità.
  • Reddito tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo: Riduzione del 40% della pensione di reversibilità.
  • Reddito superiore a 2 volte il trattamento minimo: Riduzione del 50% della pensione di reversibilità.

Facciamo un esempio pratico sul calcolo della riduzione  e supponiamo che il coniuge superstite riceva altri redditi annuali pari a 40.000 euro.

  • Reddito del Coniuge: 40.000 euro annui.
  • Trattamento Minimo: 10.000 euro (esempio, il valore esatto può variare).
  • Soglia di Reddito:
    • 3 volte il trattamento minimo: 30.000 euro.
    • 4 volte il trattamento minimo: 40.000 euro.
    • 5 volte il trattamento minimo: 50.000 euro.

In questo caso, il reddito del coniuge è pari a 4 volte il trattamento minimo, quindi la pensione di reversibilità subirà una riduzione del 40%.

Calcolo della Riduzione: 

14.400 euro×40%=5.760 euro di riduzione 

14.400 euro−5.760 euro=8.640 euro annui dopo riduzione

Altri Beneficiari e Cumulo di Redditi

Per figli, genitori, e fratelli/sorelle:

  • Figli: Non ci sono riduzioni legate al reddito per i figli. La pensione di reversibilità per i figli non è influenzata da altri redditi che possono percepire.
  • Genitori: Come i figli, anche per i genitori non vi è una riduzione della pensione di reversibilità in base al reddito.
  • Fratelli e Sorelle: Se i fratelli o le sorelle sono inabili e a carico del defunto, ricevono una pensione di reversibilità che non subisce riduzioni per redditi aggiuntivi.

Il coniuge superstite deve comunicare all’INPS o all’ente previdenziale il reddito annuo complessivo. Questo è fondamentale per calcolare correttamente la riduzione della pensione di reversibilità.

Come Richiedere la Pensione di Reversibilità?

La domanda per la pensione di reversibilità deve essere presentata all’INPS tramite il servizio online disponibile sul sito ufficiale, oppure tramite un patronato o un CAF.

  1. Documenti Necessari
    • Codice fiscale e documento d’identità del richiedente.
    • Certificato di morte del pensionato.
    • Dichiarazione di responsabilità sulla situazione familiare e reddituale.
  2. Tempistiche
    • La domanda può essere presentata in qualsiasi momento, ma la pensione di reversibilità viene corrisposta retroattivamente solo fino a 5 anni dalla data di decesso del pensionato.

Implicazioni Fiscali

La pensione di reversibilità è soggetta a tassazione, come qualsiasi altro reddito. I beneficiari devono includere l’importo della pensione nella loro dichiarazione dei redditi.

Considerazioni Fiscali:

  • Detrazione Fiscale: Verifica se esistono detrazioni fiscali applicabili per i redditi da pensione.
  • Consulenza Fiscale: Rivolgersi a un consulente fiscale per ottimizzare la dichiarazione dei redditi e gestire al meglio la tassazione.

Come Richiedere la Pensione di Reversibilità?

La domanda per la pensione di reversibilità deve essere presentata all’INPS tramite il servizio online disponibile sul sito ufficiale, oppure tramite un patronato o un CAF.

  1. Documenti Necessari
    • Codice fiscale e documento d’identità del richiedente.
    • Certificato di morte del pensionato.
    • Dichiarazione di responsabilità sulla situazione familiare e reddituale.
  2. Tempistiche
    • La domanda può essere presentata in qualsiasi momento, ma la pensione di reversibilità viene corrisposta retroattivamente solo fino a 5 anni dalla data di decesso del pensionato.

La decorrenza

La corretta decorrenza della pensione di reversibilità è fondamentale per garantire che i superstiti ricevano il supporto economico a cui hanno diritto. È cruciale rispettare i termini per la presentazione della domanda e fornire tutta la documentazione necessaria per evitare ritardi e problemi nella liquidazione della pensione.

La pensione di reversibilità decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello del decesso dell’assicurato, se la domanda è presentata entro i termini stabiliti. Ad esempio, se il decesso avviene a marzo e la domanda è presentata entro i termini, la pensione di reversibilità decorre da aprile.

Cause di cessazione della pensione di reversibilità

La pensione di reversibilità può cessare per vari motivi, che possono essere legati a cambiamenti nelle circostanze personali del beneficiario o a modifiche normative. le principali cause di cessazione della pensione di reversibilità sono:

1. Decesso del Beneficiario:

  • La pensione di reversibilità termina con il decesso del beneficiario. In questo caso, i diritti al pagamento cessano e non vengono trasferiti ad altri superstiti.

2. Nuovo Matrimonio del Coniuge Superstite:

  • Per i coniugi superstiti: Se il coniuge superstite si risposa, la pensione di reversibilità cessa. Tuttavia, esistono alcune eccezioni per i coniugi che si sono risposati dopo il compimento di un’età pensionabile specificata dalla legge (ad esempio, dopo i 55 anni) o per quelli che hanno avuto figli dal matrimonio precedente.

3. Conseguimento di Nuovo Diritto alla Pensione:

  • Se un beneficiario, come un ex coniuge o un figlio, raggiunge l’età pensionabile e inizia a ricevere una propria pensione di vecchiaia o di invalidità, la pensione di reversibilità può cessare.

4. Superamento dei Limiti di Reddito:

  • Per i coniugi superstiti: Se il reddito personale del coniuge superstite supera determinati limiti stabiliti dalla legge, può verificarsi una riduzione o cessazione della pensione di reversibilità.
  • Per i figli superstiti: Se il reddito del figlio superstite supera i limiti previsti dalla legge, la pensione di reversibilità potrebbe essere ridotta o cessare.

5. Raggiungimento della Maggiore Età o Conclusione degli Studi per i Figli:

  • Per i figli superstiti: La pensione di reversibilità ai figli cesserà̀ al compimento della maggiore età̀ (18 anni) o al termine degli studi (fino ai 26 anni se frequentano corsi universitari o accademici) se non esiste un’altra condizione di invalidità che ne giustifichi il proseguimento.

6. Rinuncia o Revoca:

  • Il beneficiario può rinunciare alla pensione di reversibilità per vari motivi, come la decisione di non volerla più percepire. Inoltre, se viene accertata la falsificazione di documenti o dichiarazioni, l’ente previdenziale può revocare il diritto alla pensione.

7. Modifiche Normative:

  • Cambiamenti nelle normative previdenziali possono influenzare la cessazione della pensione di reversibilità. Ad esempio, nuove leggi o regolamenti possono modificare le condizioni di mantenimento della pensione.

Guida all’estratto conto contributivo

Introduzione

L’estratto conto contributivo previdenziale è un documento fondamentale per tutti i lavoratori poiché fornisce una visione dettagliata e riepilogativa dei contributi previdenziali versati durante la propria vita lavorativa. 

Monitorare e gestire i propri contributi previdenziali attraverso l’estratto conto aiuta non solo a garantire la corretta registrazione dei contributi, ma anche a pianificare e ottimizzare la propria futura pensione. Mantenere un controllo attivo tramite l’estratto conto contribuisce a una gestione previdenziale informata e proattiva, riducendo il rischio di problematiche future e migliorando la sicurezza finanziaria.

L’estratto è rilasciato dall’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) che gestisce la previdenza sociale o dagli altri enti previdenziali (casse professionali) a cui appartengono i diversi professionisti.

Come l’estratto conto bancario riepiloga tutti i movimenti effettuati durante un determinato periodo di tempo, così l’estratto conto contributivo previdenziale contiene tutti i movimenti dettagliati della storia contributiva di un lavoratore, fornendo una serie di informazioni importanti come:

  • Eventuali anomalie o discrepanza nei contributi versati, come periodi mancanti o importi errati
  • Dati anagrafici del lavoratore
  • Periodi di lavoro e relative retribuzioni
  • Il datore di lavoro
  • Contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro
  • Eventuali periodi di disoccupazione o malattia
  • Riscatti e ricongiunzioni di periodi contributivi

Perché è importante l’estratto conto previdenziale

L’estratto conto contributivo Previdenziale è essenziale per una gestione attenta e consapevole del proprio percorso lavorativo e previdenziale in quanto permette al lavoratore di monitorare, verificare e ottimizzare la propria posizione contributiva, assicurando che i contributi versati nel corso della vita lavorativa siano correttamente accreditati e che la pensione futura rispecchi effettivamente quanto dovuto. 

Mantenere un controllo regolare di questo documento è una pratica fondamentale per garantire una pensione serena e adeguata. 

Si consiglia comunque di effettuare una verifica annuale del proprio estratto conto previdenziale. Questo consente di assicurarsi che tutti i contributi dell’anno precedente siano stati registrati correttamente e di identificare eventuali errori o omissioni tempestivamente.

Inoltre, sarebbe buona prassi controllare il proprio estratto conto previdenziale ogni volta che si inizia un nuovo lavoro o si cambia attività lavorativa per assicurarsi che tutti i nuovi contributi siano stati registrati correttamente oppure se si hanno delle interruzioni di lavoro come periodi di disoccupazione, maternità, malattia o congedi, bisogna controllare che questi contributi (figurativi) siano stati regolarmente registrati e calcolati in maniera corretta.

Allo stesso modo, se si sta per raggiungere l’età pensionabile o se si sta considerando di richiedere altre prestazioni previdenziali, è fondamentale fare una verifica approfondita oppure è importantissimo effettuare un controllo se si sta valutando di riscattare periodi di studi o altri periodi di contribuzione, affinché si possa comprendere esattamente quali periodi si possono riscattare e come ciò può influenzare l’assegno pensionistico.

Vediamo perché l’estratto conto previdenziale è importante:

  • Valutazioni di opzioni di Riscatti e Ricongiunzioni: Offre la possibilità di valutare l’opportunità di riscattare periodi non coperti da contribuzione, come gli anni di laurea, o di ricongiungere contributi versati in diverse gestioni.
  • Verifica dello Stato Contributivo: Permette al lavoratore di verificare l’esattezza dei contributi versati e di rilevare eventuali errori o omissioni che potrebbero compromettere il calcolo della pensione. Controllare regolarmente l’estratto conto contribuisce a prevenire sorprese sgradite al momento della richiesta della pensione, come la mancanza di contributi necessari per raggiungere l’età pensionabile.
  • Pianificazione della Pensione: Aiuta a pianificare il proprio futuro pensionistico, consentendo di capire quanto tempo manca per raggiungere l’età pensionabile e quale potrebbe essere l’importo della pensione.
  • Aggiornamenti e Correzioni: Fornisce la possibilità di richiedere la correzione di eventuali errori o di integrare periodi contributivi mancanti, assicurando che al momento del pensionamento non ci siano sorprese.

Come è costituito un estratto conto Previdenziale

Un estratto conto previdenziale contiene diversi elementi tipici e ricorrenti che riportano informazioni dettagliate sui contributi versati dal lavoratore. 

Di seguito è riportato un esempio semplificato di come potrebbe apparire un estratto conto previdenziale:

Estratto Conto Previdenziale – Esempio

Periodo di riferimento(1)Tipo di Contribuzione(2)Contributi Utili alla Pensione(3)Retribuzione o Reddito Netto(4)Azienda(5)Note(6)
01/01/2022 – 31/12/2022Lavoro Dipendente52 settimane€ 30,000Azienda ABC S.p.A.Nessuna anomalia riscontrata
01/01/2021 – 31/12/2021Contribuzione Figurativa (Maternità)26 settimaneN/AN/APeriodo coperto da contribuzione figurativa per maternità
01/01/2020 – 31/12/2020Lavoro Autonomo52 settimane€ 20,000Libero ProfessionistaContributi versati regolarmente
01/01/2019 – 31/12/2019Lavoro Dipendente52 settimane€ 28,000Azienda XYZ S.r.l.Contributi versati con ritardo

Descrizione delle Colonne

(1)Periodo di riferimento: Indica il periodo di lavoro o il periodo di riferimento per la contribuzione. Può essere espresso in giorni, settimane, mesi o anni. Il periodo di riferimento è un elemento cruciale dell’estratto conto contributivo, poiché rappresenta la base temporale su cui si calcolano i contributi accreditati.

(2)Tipo di Contribuzione: La contribuzione può essere espressa in settimane (ad esempio, lavoratori dipendenti privati), in mesi (ad esempio, lavoratori autonomi, artigiani, commercianti), in anni, mesi e giorni (ad esempio, lavoratori iscritti ai Fondi speciali o alle Gestioni pubbliche), in giornate (ad esempio, lavoratori in agricoltura, coltivatori diretti, lavoratori dello spettacolo). Vediamo in maniera sintetica quali sono le tipologie di Periodi di Contribuzione nell’Estratto Conto Contributivo:

  • Contribuzione Obbligatoria: Sono i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore durante i periodi di lavoro dipendente o autonomo. Questi contributi sono calcolati sulla base della retribuzione percepita e sono obbligatori per legge.
  • Contribuzione Volontaria: Sono i contributi che il lavoratore può scegliere di versare volontariamente per coprire periodi in cui non ha lavorato (ad esempio, periodi di disoccupazione non coperti da contributi figurativi) o per aumentare l’importo della pensione futura.
  • Contribuzione Figurativa: Si tratta di contributi accreditati d’ufficio, senza che il lavoratore o il datore di lavoro debbano versare effettivamente denaro. Questi contributi coprono periodi particolari come disoccupazione indennizzata, malattia, maternità, servizio militare, e altro.
  • Contribuzione da Riscatto: Sono contributi relativi a periodi non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa, che il lavoratore può “riscattare” a proprie spese. Questo include, ad esempio, gli anni di laurea.

(3)Contributi utili per il diritto e la misura: indicano i contributi che sono validi sia per acquisire il diritto alla pensione sia per calcolarne l’importo. I contributi per il diritto determinano se un lavoratore ha maturato il diritto di accedere alla pensione. Il diritto alla pensione si ottiene al raggiungimento di un determinato numero di anni di contribuzione, che varia a seconda del tipo di pensione (vecchiaia, anticipata, etc.) mentre i contributi utili per la misura della pensione influenzano l’importo della pensione che verrà percepita. Non tutti i contributi utili per il diritto sono automaticamente utili anche per la misura della pensione

(4)Retribuzione o Reddito: Indica la retribuzione lorda o il reddito netto (nel caso di lavoro autonomo) relativo al periodo indicato. La retribuzione imponibile è l’importo sul quale vengono calcolati i contributi previdenziali. È il reddito lordo percepito dal lavoratore prima delle detrazioni fiscali e delle spese. Questa cifra è utilizzata per determinare la base su cui vengono calcolati i contributi previdenziali e, di conseguenza, influisce sull’importo della pensione futura. Maggiore è la retribuzione imponibile, maggiore sarà il contributo versato e, potenzialmente, l’importo della pensione futura.

(5)Azienda: Nome dell’azienda per cui sono stati versati i contributi o indicazione dello stato di libero professionista.

(6)Note: Include qualsiasi annotazione relativa al periodo specifico, come ritardi nei pagamenti, segnalazioni di anomalie, periodi di sospensione. Questa sezione è utile per chiarire particolari situazioni contributive, spiegare eventuali anomalie o fornire indicazioni su come interpretare specifiche voci del documento. Leggere attentamente questa sezione consente di comprendere meglio le informazioni fornite nell’estratto conto e di prendere le misure necessarie per correggere eventuali errori o per ottimizzare la propria posizione previdenziale. Esempi di note al margine:

La nota 1) indica che la contribuzione è da verificare; 

La nota 3) indica le settimane non utili per il raggiungimento del diritto a pensione di anzianità; 

La nota 4) indica che i contributi sono stati ridotti al numero massimo di contributi accreditabili nel periodo; 

La nota 5) indica che il numero di contributi utili al diritto è soggetto a verifica qualora la retribuzione sia insufficiente a soddisfare il minimale di accredito settimanale di cui all’articolo 7, L. 638/1983; 

Differenze tra estratto conto contributivo e certificativo

L’estratto conto contributivo ha un valore puramente informativo e non ha valore legale. Per ottenere un documento certificativo con valore legale, si deve ricorrere all’Estratto Conto Certificativo (noto come ECOCERT o ECOMAR per i lavoratori marittimi) che è un documento ufficiale che attesta i contributi previdenziali versati dal lavoratore durante tutta la sua carriera.

È un documento che deve essere richiesto esplicitante dal lavoratore all’INPS specie in prossimità del pensionamento e visto il suo valore legale, può essere utilizzato in contesti formali  e giuridici come prova della contribuzione avvenuta.

L’estratto conto certificativo abbiamo detto che ha una valenza certificativa e legale. Questo significa che può essere utilizzato in contesti legali per dimostrare i contributi versati e può essere presentato in sede di:

  • richiesta di pensione: per dimostrare il raggiungimento dei requisiti contributivi necessari per l’accesso alla pensione;
  • contenziosi legali: come prova in dispute legali riguardanti la contribuzione previdenziale;
  • valutazioni previdenziali: per ottenere una valutazione precisa della propria posizione contributiva e pianificare il futuro pensionistico con maggiore consapevolezza.

L’Estratto Conto Certificativo offre quindi diversi vantaggi essenziali:

  • trasparenza: fornisce una visione completa e trasparente della contribuzione previdenziale, facilitando il controllo da parte del lavoratore;
  • sicurezza legale: la natura certificativa del documento offre una garanzia legale sulla veridicità delle informazioni contenute;
  • pianificazione pensionistica: consente una pianificazione accurata del futuro pensionistico, aiutando i lavoratori a comprendere esattamente quando potranno andare in pensione e quale sarà l’importo previsto.

Chi Rilascia l’Estratto Conto Contributivo?

L’estratto conto contributivo è rilasciato dall’ente previdenziale al quale sono stati versati i contributi previdenziali durante la carriera lavorativa di un individuo. In Italia, gli enti previdenziali principali che rilasciano l’estratto conto contributivo sono:

1. INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale)

  • Chi: L’INPS è il principale ente previdenziale in Italia e gestisce la maggior parte dei contributi previdenziali dei lavoratori dipendenti, autonomi e parasubordinati.
  • Servizio: L’INPS fornisce l’estratto conto contributivo per i periodi di contribuzione coperti dalle sue gestioni. Questo include il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, la Gestione Separata, la Gestione Commercianti, e altre gestioni speciali.
  • Richiesta: Può essere richiesto online tramite il portale INPS, via posta o recandosi presso una sede INPS.

2. Casse Previdenziali Private 

  • Chi: Alcuni lavoratori, come professionisti o liberi professionisti, possono avere contributi accreditati presso casse previdenziali private o fondi pensionistici specifici (ad esempio, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti, ecc.).
  • Servizio: Ogni cassa previdenziale o fondo pensionistico privato rilascia l’estratto conto contributivo per i periodi di contribuzione che gestisce.
  • Richiesta: Per ottenere l’estratto conto contributivo, è necessario contattare direttamente la cassa previdenziale o il fondo pensionistico di appartenenza.

3. Altri Enti Previdenziali Specializzati

  • Chi: Altri enti previdenziali possono essere coinvolti per specifici settori o categorie di lavoratori, come le casse di previdenza dei giornalisti o degli artisti.
  • Servizio: Ogni ente previdenziale specializzato gestisce i contributi per la sua specifica categoria e rilascia l’estratto conto contributivo relativo.
  • Richiesta: La richiesta deve essere fatta direttamente presso l’ente previdenziale competente.

Come Richiedere l’Estratto Conto Contributivo

Richiedere l’estratto conto contributivo è un passo importante per tenere sotto controllo la propria situazione previdenziale.

  1. Online:
    • INPS: Accedi al portale INPS con le tue credenziali SPID, CNS o CIE e utilizza il servizio “Estratto Conto” disponibile nella tua area riservata.
    • Casse e Fondi: Ogni cassa professionale ha un portale online dedicato ai suoi iscritti. Per accedere al servizio, è necessario visitare il sito web ufficiale della propria cassa di previdenza. Molti enti previdenziali privati offrono servizi online per richiedere l’estratto conto. Visita il sito web dell’ente previdenziale specifico e segui le istruzioni per la richiesta.
  2. Via Posta:
    • INPS: Puoi inviare una richiesta all’INPS tramite posta, specificando i tuoi dati e la richiesta di estratto conto contributivo.
    • Casse e Fondi: Invia una richiesta scritta all’ente previdenziale di riferimento, seguendo le indicazioni fornite sul loro sito web.
  3. In Sede:
    • INPS: Recati presso una sede INPS e richiedi l’estratto conto presso l’ufficio competente.
    • Casse e Fondi: Visita la sede della cassa previdenziale o del fondo pensionistico di riferimento per richiedere l’estratto conto.

Come Interpretare l’Estratto Conto Contributivo

Saper leggere e interpretare correttamente l’estratto conto contributivo è fondamentale per comprendere la tua situazione previdenziale e pianificare al meglio il tuo futuro pensionistico. Ecco alcuni semplici passaggi per fare un check veloce del tuo estratto conto previdenziale:

Seguendo questi passaggi, potrai leggere e comprendere l’estratto conto contributivo in modo efficace, garantendo che la tua situazione previdenziale sia corretta e aggiornata. 

  1. Accedi all’Estratto Conto Contributivo : 
  • Accesso all’estratto conto Contributivo INPS: Vai su www.inps.it e entra nella tua Area Personale, clicca su “Entra in MyINPS” in alto a destra e accedi utilizzando uno dei seguenti metodi SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di Identità Elettronica), CNS (Carta Nazionale dei Servizi). Trova l’Estratto Conto Contributivo e una volta loggato, utilizza la barra di ricerca e digita “Estratto conto contributivo”. Alla fine seleziona “Estratto conto contributivo” dall’elenco dei servizi.
  • Accesso all’Estratto Conto Contributivo per le Casse Professionali può variare a seconda della cassa. Visita il Sito della Tua Cassa Professionale e entra nel sito ufficiale della tua cassa (ad esempio, Cassa Forense, ENPAM, Inarcassa, ecc.). dopodiché accedi all’Area Riservata e inserisci le tue credenziali di accesso.  Cerca nella tua area riservata la sezione dedicata ai “Contributi” o “Posizione Previdenziale”. Qui dovresti trovare l’opzione per visualizzare o scaricare il tuo estratto conto contributivo.

2. Verifica dei Dati Anagrafici: Assicurati che i tuoi dati anagrafici (nome, cognome, data di nascita) siano corretti. Eventuali errori potrebbero causare problemi in futuro. Eventuali errori devono essere comunicati all’INPS o alla Cassa Professionale  per aggiornare i tuoi dati.

3. Esamina i Periodi di Contribuzione: Controlla che tutti i periodi lavorativi siano riportati correttamente, con date di inizio e fine.

4. Controlla il Tipo di Contribuzione: Assicurati che i contributi versati dal tuo datore di lavoro siano corretti. Verifica che i contributi figurativi (per esempio per malattia, disoccupazione) siano stati accreditati correttamente e se hai versato contributi volontari, conferma che siano inclusi.

5. Controlla la Retribuzione o Reddito Imponibile: Verifica che la retribuzione o il reddito su cui sono stati calcolati i contributi siano corretti e che le retribuzioni corrispondano a quelle che hai realmente percepito e siano state registrate correttamente.

6. Esamina l’Azienda o Ente: assicurati che i nomi delle aziende o degli enti siano corretti e corrispondano ai tuoi periodi lavorativi. Controlla che ogni periodo di contribuzione sia associato al datore di lavoro corretto.

7. Leggi e Comprendi le Note: Leggi attentamente le note per capire eventuali spiegazioni aggiuntive, anomalie o situazioni particolari (come periodi di contribuzione figurativa o problemi di accredito). Se le note segnalano errori o discrepanze, prendi nota di cosa è necessario correggere.

8. Analizza i Totali: Verifica i totali dei contributi che servono per acquisire il diritto alla pensione e controlla i totali dei contributi utili per calcolare l’importo della pensione.

9. Azioni Correttive: Se trovi errori o discrepanze, contatta l’INPS o l’ente previdenziale e fornisci eventuali documenti aggiuntivi necessari per le correzioni.

10. Monitoraggio Regolare: Effettua controlli regolari sull’estratto conto per assicurarti che i contributi siano sempre aggiornati e corretti. Se ci sono cambiamenti nella tua carriera o nella tua situazione lavorativa, assicurati che siano riflessi correttamente nel tuo estratto conto.

Esempio Pratico di Lettura dell’Estratto Conto Contributivo per un Lavoratore Dipendente

Si prenda come esempio un lavoratore dipendente di nome Luca Bianchi, nato il 15 marzo 1980, che ha lavorato per diverse aziende negli ultimi anni. Ecco come Luca può leggere e interpretare il suo estratto conto contributivo.

1. Dati Anagrafici

  • Nome e Cognome: Luca Bianchi
  • Codice Fiscale: BNC LCU 80C15 H501Z
  • Data di Nascita: 15/03/1980

Verifica: Controlla che i tuoi dati personali siano corretti. Errori nei dati devono essere comunicati all’INPS per la correzione.

2. Periodi di Contribuzione

PeriodoTipo di ContrattoContributi Accumulati
01/01/2005 – 31/12/2010Tempo Indeterminato312 settimane
01/01/2011 – 30/09/2015Tempo Determinato260 settimane
01/10/2015 – 31/12/2019Tempo Indeterminato208 settimane

Verifica: Assicurati che i periodi di lavoro siano corretti e che i contributi accumulati per ciascun periodo siano accurati. Controlla che tutti i periodi di lavoro siano inclusi.

3. Tipo di Contribuzione

Tipo di ContribuzionePeriodoImporto Contributivo
Obbligatorio01/01/2005 – 31/12/2010€40,000
Obbligatorio01/01/2011 – 30/09/2015€35,000
Obbligatorio01/10/2015 – 31/12/2019€45,000

Verifica: Conferma che i contributi obbligatori siano stati accreditati correttamente. Assicurati che l’importo dei contributi riportato sia quello effettivamente versato.

4. Retribuzione o Reddito Imponibile

AnnoRetribuzione AnnuaRetribuzione Mensile
2005€26,000€2,167
2010€28,000€2,333
2011€30,000€2,500
2015€32,000€2,667
2019€34,000€2,833

Verifica: Controlla che la retribuzione annuale e mensile indicata corrisponda ai tuoi effettivi redditi percepiti. Eventuali discrepanze devono essere segnalate.

5. Azienda o Ente

PeriodoAzienda/Ente
01/01/2005 – 31/12/2010Alpha S.p.A.
01/01/2011 – 30/09/2015Beta Ltd.
01/10/2015 – 31/12/2019Gamma S.p.A.

Verifica: Assicurati che i nomi delle aziende siano corretti e che corrispondano ai tuoi periodi di lavoro. Verifica che ogni periodo di contribuzione sia associato all’azienda corretta.

6. Note

  • Nota 1: “Contributi mancanti per il periodo 01/01/2012 – 30/06/2012. Richiesta di verifica in corso.”
  • Nota 2: “Contributi per malattia nel periodo 01/01/2011 – 31/03/2011 non ancora accreditati. In attesa di aggiornamento.”

Verifica: Leggi attentamente le note per capire se ci sono problemi o discrepanze. Prendi nota delle azioni da intraprendere per risolvere eventuali problemi segnalati.

7. Totali

Tipo di ContributoTotale AnniTotale Settimane
Contributi Obbligatori8 anni780 settimane

Verifica: Assicurati che i totali dei contributi utili per il diritto e per la misura della pensione siano corretti. Confronta i totali con i tuoi registri e documenti di lavoro.

Azioni Correttive

  1. Segnala Errori: Contatta l’INPS o un patronato per segnalare errori o discrepanze nel tuo estratto conto.
  2. Documentazione: Fornisci eventuali documenti necessari per correggere le informazioni errate o mancanti.
  3. Aggiornamenti: Mantieni il tuo estratto conto aggiornato con le ultime informazioni relative alla tua carriera lavorativa.

Guida al riscatto della laurea

Che cosa è il riscatto di laurea

Decidere se riscattare o meno la laurea è una valutazione da fare con attenzione che dipende da diversi fattori, tra cui la tua situazione lavorativa, i tuoi obiettivi pensionistici, e le tue possibilità economiche. È importante considerare il costo, i benefici a lungo termine, e le alternative disponibili

Il riscatto di laurea è un istituto previdenziale italiano che consente ai laureati di convertire gli anni di studio universitario in anni contributivi ai fini pensionistici. 

Il sistema previdenziale italiano riconosce l’importanza e l’impegno dello studio universitario, che non è generalmente retribuito come un lavoro, ma è fondamentale per la qualificazione professionale futura.

La logica del riscatto di laurea è concepita per valorizzare il periodo dedicato agli studi universitari, riconoscendo l’impegno e il tempo speso per ottenere un titolo accademico come parte dell’anzianità contributiva ai fini pensionistici.

Il riscatto di laurea serve a integrare il proprio percorso previdenziale con i periodi di studio universitario, contribuendo così a raggiungere i requisiti pensionistici e a migliorare l’importo della pensione futura. 

In pratica, è possibile “riscattare” il periodo del corso di laurea per far sì che quegli anni vengano conteggiati nel calcolo della pensione, aumentando l’anzianità contributiva.

È una scelta facoltativa che deve essere ponderata in base alle proprie esigenze e situazione finanziaria.

Come abbiamo detto, il riscatto di laurea è facoltativo. Non è obbligatorio per i lavoratori riscattare il periodo di studi universitari ai fini pensionistici; è una scelta che ciascun individuo può fare in base alle proprie esigenze e circostanze personali. 

Vediamo alcuni punti chiave per comprendere meglio la natura facoltativa del riscatto di laurea:

Facoltatività del Riscatto di Laurea

  • Opzione Personale: Il riscatto di laurea è una scelta che spetta al lavoratore. Non c’è obbligo di riscattare il periodo di studi; ogni individuo decide se e quando effettuare il riscatto in base alle proprie necessità e alle condizioni finanziarie.
  • Scelte Individuali: Alcuni potrebbero decidere di riscattare il periodo di studi per aumentare l’anzianità contributiva e migliorare le prospettive pensionistiche, mentre altri potrebbero valutare che il costo del riscatto non giustifica il beneficio atteso.

Motivi per Effettuare il Riscatto di Laurea

  • Incremento dell’Anzianità Contributiva: Riscattare il periodo di laurea può aiutare a raggiungere i requisiti pensionistici più rapidamente, specialmente se si è vicino alla pensione.
  • Aumento della Pensione: Aggiungere anni di studio al proprio percorso contributivo può contribuire a un incremento dell’importo della pensione futura.

Motivi per Non Effettuare il Riscatto di Laurea

  • Ritorno sull’Investimento: In alcuni casi, l’aumento dell’importo della pensione potrebbe non giustificare il costo del riscatto, soprattutto se il sistema previdenziale è basato sul calcolo contributivo.
  • Costi Elevati: Il costo del riscatto può essere molto elevato, e potrebbe non essere sostenibile per tutti i lavoratori.

Che cosa serve il riscatto di laurea?

Il riscatto di laurea serve principalmente per aumentare l’anzianità contributiva ai fini pensionistici. In pratica, consente di “trasformare” gli anni di studio universitario in anni contributivi, che vengono conteggiati nel calcolo della pensione. 

Questo può avere diversi benefici:

  1. Anticipare l’età pensionabile: Aggiungendo gli anni di studio alla tua anzianità contributiva, potresti raggiungere prima i requisiti necessari per andare in pensione.
  2. Aumentare l’importo della pensione: Gli anni riscattati vengono considerati nel calcolo della pensione. Se hai più anni di contributi, la tua pensione potrebbe essere più alta.
  3. Completare i requisiti per la pensione anticipata: Se ti mancano pochi anni di contributi per raggiungere i requisiti della pensione anticipata (o altre forme di pensione agevolata), il riscatto di laurea può essere utile per colmare questa differenza.

In sintesi, il riscatto di laurea è uno strumento che può aiutarti a migliorare la tua situazione previdenziale, sia in termini di tempistiche che di importo della pensione, trasformando gli anni di studio in anni validi per la pensione.

Quali sono i titoli di studio riscattabili?

Il riscatto di laurea può essere applicato solo a determinati titoli di studio universitari. Ecco un elenco dei titoli riscattabili:

  • Laurea Triennale: È possibile riscattare gli anni di studio necessari per ottenere una laurea di primo livello (laurea triennale), corrispondente a un corso di studi della durata legale di tre anni.
  • Laurea Magistrale: È possibile riscattare anche gli anni di studio necessari per ottenere una laurea magistrale (biennale), che segue la laurea triennale e ha una durata legale di due anni.
  • Laurea a Ciclo Unico: Questo tipo di laurea, che combina i percorsi triennale e magistrale in un unico corso di studi, può essere riscattata per la sua intera durata legale, che varia generalmente tra i cinque e i sei anni (ad esempio, Giurisprudenza, Medicina, Architettura).
  • Diploma Universitario (Pre-Riforma): I diplomi universitari conseguiti secondo l’ordinamento precedente alla riforma del 1999 possono essere riscattati. Questi diplomi avevano generalmente una durata legale di due o tre anni.
  • Diploma di Laurea (Pre-Riforma): Il diploma di laurea dell’ordinamento previgente alla riforma del 1999, che corrisponde alla laurea magistrale attuale, è riscattabile. Questo titolo aveva generalmente una durata legale di quattro o cinque anni.
  • Dottorato di Ricerca: Gli anni di dottorato di ricerca possono essere riscattati, purché non coperti da contribuzione previdenziale obbligatoria.
  • Diploma di Specializzazione Post-Laurea: Anche i diplomi di specializzazione ottenuti dopo la laurea possono essere riscattati, a condizione che siano riconosciuti come titoli accademici ufficiali.

Possono essere altresì ammessi al riscatto, i diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), con riferimento ai nuovi corsi attivati a decorrere dall’anno accademico 2005/2006.

A determinate condizioni, sono riscattabili anche i titoli di studio conseguiti all’estero, purché, in linea generale, siano stati riconosciuti da Università italiane o, comunque, abbiano valore legale in Italia.

A chi potrebbe servire riscattare la laurea?

Ogni situazione è diversa dalla altre e meritano un’attenta analisi da parte di un esperto in materia previdenziale, ma possiamo per semplificare dividere in due macrocategorie le persone a cui potrebbe interessare il riscatto di laurea:

  1. Lavoratore vicino alla pensione
  2. Lavoratore con carriera interrotta 

Lavoratore Vicino alla Pensione:

Un lavoratore vicino alla pensione potrebbe decidere di riscattare la laurea per completare il numero di anni richiesti per andare in pensione o per aumentare l’importo della pensione.

  • Vantaggi del Riscatto di Laurea per Lavoratori Vicini alla Pensione:
  • Completamento dei Requisiti Pensionistici
  • Raggiungere il Requisito di Anzianità: Se un lavoratore è vicino alla pensione ma ha ancora anni mancanti per raggiungere il requisito minimo di contribuzione, riscattare la laurea può aiutare a completare questi anni e accedere alla pensione.
  • Opzione per Pensionamento Anticipato: In alcuni casi, il riscatto può aiutare a soddisfare i requisiti per il pensionamento anticipato, consentendo al lavoratore di andare in pensione prima del previsto.

Incremento dell’Importo della Pensione

  • Maggiore Anzianità Contributiva: Aumentare gli anni di contribuzione può comportare un incremento dell’importo della pensione, specialmente nel sistema retributivo, dove la pensione è calcolata in base agli ultimi anni di reddito.
  • Benefici per il Sistema Contributivo: Anche nel sistema contributivo, un aumento degli anni di contribuzione può incrementare l’importo finale della pensione.

Il riscatto di laurea può essere una scelta strategica per i lavoratori vicini alla pensione, offrendo la possibilità di completare i requisiti di contribuzione e migliorare l’importo della pensione. Tuttavia, è fondamentale valutare attentamente i costi, le opzioni di pagamento e i benefici attesi. Consultare un esperto previdenziale e pianificare con attenzione sono passi cruciali per prendere una decisione informata.

Lavoratore con Carriera Interrotta:

Un lavoratore che ha avuto interruzioni nella carriera lavorativa e ha dedicato tempo agli studi universitari potrebbe usare il riscatto per colmare i periodi di mancata contribuzione e migliorare la propria posizione previdenziale.

Esempio: Un lavoratore di 50 anni che ha avuto una carriera interrotta di 4 anni per completare gli studi universitari e successivamente ha lavorato per 20 anni, potrebbe decidere di riscattare i 4 anni di laurea per:

  • Colmare il Gap Contributivo: Aggiungere i 4 anni di studio al suo percorso contributivo, migliorando la posizione per raggiungere i requisiti pensionistici.
  • Aumentare la Pensione: Incrementare l’importo della pensione basato sui 24 anni di contributi totali, anziché 20.

Condizioni per chiedere il riscatto di laurea


Per poter richiedere il riscatto di laurea, è necessario soddisfare alcune condizioni specifiche. Ecco le principali condizioni per il riscatto di laurea:

  1. Possesso di un Titolo di Studio Universitario

2. Durata Legale del Corso

Si possono riscattare solo gli anni corrispondenti alla durata legale del corso di studi. 

La durata legale del corso di studi rappresenta il numero di anni previsto dall’ordinamento universitario per il completamento di un corso di laurea o di un altro titolo accademico. Questa durata non tiene conto degli eventuali anni fuori corso, ma solo del periodo minimo necessario, secondo il piano di studi ufficiale, per ottenere il titolo.

Esempi di Durata Legale

  • Laurea Triennale: 3 anni.
  • Laurea Magistrale: 2 anni.
  • Laurea Magistrale a Ciclo Unico: 5 o 6 anni (a seconda del corso, ad esempio Giurisprudenza è di 5 anni, Medicina è di 6 anni).
  • Diploma Universitario (Pre-Riforma 1999): 2 o 3 anni.
  • Diploma di Laurea (Pre-Riforma 1999): 4 o 5 anni.
  • Dottorato di Ricerca: 3 o 4 anni, a seconda del regolamento del programma.
  • Diploma di Specializzazione Post-Laurea: 2 a 5 anni, a seconda della specializzazione.

Condizioni Riscattabili

  • Solo la Durata Legale: È possibile riscattare esclusivamente gli anni corrispondenti alla durata legale del corso. Gli anni trascorsi fuori corso, cioè quelli necessari oltre la durata legale, non sono riscattabili.
  • Non Inclusi Anni Fuori Corso: Se, ad esempio, un corso di laurea triennale è stato completato in 4 o 5 anni, sarà comunque possibile riscattare solo i 3 anni della durata legale.
  • Corso Interrotto o Non Completato: Se non si è completato il corso di studi, gli anni frequentati non sono riscattabili, poiché il riscatto è legato all’effettivo conseguimento del titolo.

Vantaggi della Durata Legale

Riscattare la durata legale del corso può anticipare l’età pensionabile o aumentare l’importo della pensione, poiché quei periodi vengono aggiunti all’anzianità contributiva, che è uno dei fattori utilizzati per calcolare la pensione.

Esempio Pratico

Se hai conseguito una laurea magistrale a ciclo unico in 6 anni invece di 5 (durata legale), potrai riscattare solo i 5 anni. Gli anni supplementari non sono considerati per il riscatto.

La comprensione della durata legale del corso è fondamentale per determinare quali periodi possono essere riscattati e per calcolare il potenziale beneficio pensionistico derivante dal riscatto di laurea.

3. Assenza di Contributi Previdenziali Sovrapposti

Nel contesto del riscatto di laurea, una condizione essenziale è che i periodi di studio universitario che si intende riscattare non siano già coperti da contributi previdenziali. Questa condizione viene definita come assenza di contributi sovrapposti.

L’assenza di contributi sovrapposti indica che, durante gli anni di studio universitario per i quali si desidera chiedere il riscatto, non devono essere stati versati contributi previdenziali obbligatori, figurativi o volontari relativi a un’attività lavorativa. 

In pratica il riscatto di laurea può operare solo nei periodi in cui vi siano “vuoti contributivi” 

Le Implicazioni dell’assenza di contributi sovrapposti

  • Riscattabilità: Se durante un anno accademico hai lavorato e versato contributi obbligatori, quel periodo non può essere riscattato perché i contributi sono già stati accreditati ai fini pensionistici.
  • Parzialità: Se solo una parte dell’anno accademico è coperta da contributi, puoi riscattare solo i mesi non coperti da contribuzione. Ad esempio, se hai lavorato per sei mesi durante un anno accademico e non hai versato contributi per gli altri sei mesi, puoi riscattare solo quei sei mesi scoperti.

Esempio Pratico

Supponiamo che tu abbia frequentato un corso di laurea triennale e, durante il secondo anno, hai lavorato part-time per 10 mesi con versamento di contributi previdenziali. In questo caso:

  • Il primo e il terzo anno del corso sono riscattabili integralmente.
  • Dei 12 mesi del secondo anno, solo i 2 mesi non coperti da contributi obbligatori sono riscattabili.

Eccezioni e Considerazioni

  • Cumulabilità dei contributi: In alcuni casi, i contributi figurativi per la disoccupazione o altre forme di contribuzione non lavorativa possono essere cumulabili con il riscatto di laurea, ma ciò dipende dalla normativa specifica e dai regolamenti dell’ente previdenziale.
  • Contributi versati durante tirocini: Se hai svolto un tirocinio o un’attività pratica con copertura contributiva durante gli studi, quel periodo non è riscattabile.

L’assenza di contributi sovrapposti è un requisito chiave per il riscatto di laurea perché assicura che gli anni riscattati non siano già stati valorizzati ai fini pensionistici. 

È importante verificare con attenzione il proprio estratto conto contributivo prima di procedere con la richiesta di riscatto, per evitare di includere periodi già coperti da contributi.

4. Titoli di Studio Riconosciuti in Italia

Il titolo di studio deve essere riconosciuto in Italia. Per i titoli ottenuti all’estero, è necessario che siano riconosciuti dalle autorità italiane competenti (ad esempio, tramite una procedura di equipollenza).

5. Riscatto di Periodi Non Coperti da Altra Contribuzione

Il riscatto è possibile solo per i periodi che non sono già coperti da altri tipi di contribuzione previdenziale. Ad esempio, se si è lavorato durante gli studi e quei periodi sono già coperti da contribuzione, non possono essere riscattati.

Rispettare tutte queste condizioni è fondamentale per poter accedere al riscatto di laurea e trasformare gli anni di studio in contributi utili ai fini pensionistici.

Quali sono i periodi non riscattabili? 

Non tutti i periodi di studio possono essere riscattati. 

Ecco i principali periodi non riscattabili:

  1. Anni Fuori Corso: Solo gli anni corrispondenti alla durata legale del corso di studi possono essere riscattati. Gli anni fuori corso non sono riscattabili.
  2. Periodi di Contributi Sovrapposti: Se durante il periodo di studi hai svolto un’attività lavorativa che ha generato contributi previdenziali, quei periodi già coperti da contribuzione obbligatoria, figurativa o volontaria non possono essere riscattati.
  3. Periodi di Studio Non Completati: Se hai frequentato un corso di laurea senza concluderlo, non puoi riscattare gli anni relativi a quel corso. Solo i periodi relativi a corsi di laurea che hanno portato al conseguimento di un titolo di studio riconosciuto sono riscattabili.
  4. Corsi di Studio Non Universitari: Il riscatto è applicabile solo ai corsi di studio universitari che rilasciano un titolo di laurea riconosciuto (laurea triennale, magistrale, a ciclo unico, ecc.). Non è possibile riscattare altri tipi di corsi, come master o corsi di specializzazione non riconosciuti come titoli universitari.
  5. Corsi di Laurea All’Estero Non Riconosciuti: Se hai studiato all’estero, il periodo è riscattabile solo se il titolo di studio ottenuto è riconosciuto in Italia. Se il titolo non è riconosciuto, il periodo di studio non può essere riscattato.
  6. Periodi di Interruzione degli Studi: Eventuali periodi di interruzione degli studi universitari (ad esempio, pause tra un anno accademico e l’altro senza iscrizione) non possono essere riscattati.

Questi limiti servono a garantire che solo i periodi di studio effettivamente rilevanti ai fini della carriera universitaria e non già coperti da altre forme di contribuzione possano essere utilizzati per il riscatto ai fini pensionistici.

Tipologie di Riscatto

Esistono due principali tipologie di riscatto di laurea:

  1. Riscatto Ordinario: Permette di riscattare gli anni di corso legale di studi universitari per aumentarne l’anzianità contributiva e di conseguenza il diritto e l’importo della pensione. Si può richiedere per i periodi che non sono già coperti da contribuzione obbligatoria.
  • Riscatto Agevolato: una forma di riscatto pensata per rendere più accessibile e conveniente l’acquisizione dei contributi previdenziali relativi agli anni di studio universitario. Questa opzione, introdotta in Italia, è particolarmente vantaggiosa per chi è soggetto al sistema contributivo e per chi ha redditi bassi o nulli. Il costo è fisso e determinato in base a un’aliquota agevolata, applicata su un reddito minimo imponibile. Nel 2024, il costo per ogni anno di studio riscattato è di circa 5.360 euro.

I destinatari del riscatto agevolato possono essere:

  • Soggetti al Sistema Contributivo: Il riscatto agevolato è disponibile per coloro che rientrano nel sistema pensionistico contributivo, ossia coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996.
  • Neolaureati e Inoccupati: Può essere richiesto anche da chi non ha ancora iniziato a lavorare o non ha contributi accreditati, come i neolaureati o coloro che risultano inoccupati.

Vantaggi del Riscatto Agevolato

  • Facilità di Accesso: È un’opzione ideale per i giovani neolaureati che vogliono iniziare a costruire la propria pensione fin da subito, senza dover sostenere costi eccessivi.
  • Beneficio Fiscale: L’importo pagato per il riscatto è deducibile dal reddito imponibile, riducendo quindi l’onere fiscale per il richiedente.
  • Incremento dell’Anzianità Contributiva: Anche con un costo ridotto, il riscatto agevolato consente di incrementare l’anzianità contributiva, avvicinando l’obiettivo pensionistico.

Svantaggi e Limiti

  • Minor Impatto sulla Pensione: Poiché il riscatto agevolato è basato su un reddito minimo, il contributo aggiuntivo potrebbe avere un impatto inferiore sull’importo finale della pensione rispetto al riscatto ordinario.
  • Limitato al Sistema Contributivo: Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e rientra nel sistema retributivo non può accedere a questa forma di riscatto.

Quando Conviene Utilizzare il Riscatto Agevolato

  • All’inizio della Carriera: Per chi ha appena iniziato a lavorare o non ha ancora iniziato, il riscatto agevolato può essere un’opportunità conveniente per valorizzare gli anni di studio.
  • In Caso di Redditi Bassi: Se hai un reddito basso o nullo, il riscatto agevolato ti permette di costruire una base contributiva senza un impegno finanziario eccessivo.
  • Pianificazione a Lungo Termine: Se stai pianificando la tua pensione a lungo termine e vuoi assicurarti che ogni anno di studio venga valorizzato, il riscatto agevolato è una buona strategia.

I costi del riscatto di laurea 

L’onere del riscatto di laurea varia in base al sistema pensionistico in vigore al momento del percorso di studio, e si differenzia tra coloro che sono sotto il regime retributivo e coloro che sono sotto il regime contributivo oppure che si trovano a cavallo di entrambi i regimi.

In pratica, per poter procedere al calcolo dell’onere di riscatto è necessario innanzitutto capire in quale gestione previdenziale siamo iscritti ed in funzione di questa si può andare a determinare quali sono i periodi di calcolo retributivo e quelli di calcolo contributivo. 

Per capire il costo del riscatto di laurea, facciamo una breve premessa e riordiamo quali sono i sistemi di calcolo delle pensioni previsti dalla nostra normativa.

Dal 1996, il sistema di calcolo delle pensioni è stato modificato da retributivo a contributivo.

Il primo determina l’importo della pensione in funzione degli anni di versamento e delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di lavoro mentre il secondo, invece, stabilisce che il calcolo della prestazione pensionistica avvenga in ragione dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa.

Il sistema contributivo si applica a chi non aveva nessun contributo versato in suo favore prima del 1996, mentre per chi aveva già contribuzione a quella data il calcolo della pensione sarà interamente retributivo, se aveva al 1995 più di 18 anni contributi, o misto (in parte retributivo ed in parte contributivo), per chi pur avendo iniziato i versamenti prima dl 1996, non aveva alla fine del 1995 la soglia dei 18 anni di contribuzione.

Questa precisazione è importante in quando il costo da pagare per il riscatto della laurea cambia a seconda del sistema di calcolo da applicare alla futura pensione.

Ecco una spiegazione dettagliata del calcolo dell’onere del riscatto a seconda del regime previdenziale applicabile:

1. Sistema Retributivo

Nel sistema retributivo, l’onere del riscatto viene determinato utilizzando il meccanismo della cosiddetta riserva matematica, espressione tecnica che indica la misura monetaria necessaria per far fronte all’impegno finanziario dell’Istituto previdenziale che dovrà erogare la pensione incrementata dall’anzianità contributiva dovuta ai periodi riscattati.

In pratica, si calcolano due importi di pensione: uno riferito alla contribuzione effettivamente versata, e un altro riferito alla contribuzione aumentata del numero dei contributi da riscattare. Alla differenza tra i due importi si applica un coefficiente, contenuto in tabelle, periodicamente aggiornate, a suo tempo emanate in attuazione dell’art. 13, legge n. 1338/1962: si tratta di un coefficiente corrispondente all’età e al genere della persona richiedente il riscatto: per le donne il coefficiente è più alto perché statisticamente hanno una speranza di vita maggiore degli uomini.

Si aggiunga che più alta è la retribuzione pensionabile e più alto sarà l’onere del riscatto; allo stesso modo più elevata è l’età di presentazione della domanda, più elevato sarà il costo del riscatto, perché l’onere percepito dall’Istituto previdenziale sarà tanto più immediato da ritornare alla persona interessata, quanto più vicina sarà la data del pensionamento, mentre se la data del pensionamento è più lontana, sarà più ampio il periodo di tempo nel corso del quale l’Istituto previdenziale potrà trattenere il contributo prima di restituirlo all’interessato sotto forma di pensione.

2. Sistema Contributivo

Nel sistema contributivo, il costo del riscatto viene calcolato basandosi su:

  • Aliquote Contributive: Si utilizzano le aliquote contributive vigenti nel regime di appartenenza al momento della domanda di riscatto.
    • Esempio: Se un lavoratore ha un reddito lordo di 24.000 euro l’anno e l’aliquota contributiva è del 33%, il calcolo del costo del riscatto per un anno è: 

Costo per anno = Reddito Lordo × Aliquota Contributiva = 24.000 euro × 33% = 7.920 euro

  • Costo Totale: Per riscattare 4 anni: 

Costo Totale=7.920 euro×4=31.680 euro

  • Retribuzione di Riferimento: La retribuzione utilizzata è quella assoggettata a contribuzione nei 12 mesi meno remoti rispetto alla data della domanda di riscatto. Questo riflette il reddito più recente del lavoratore.

In sintesi, l’onere del riscatto di laurea dipende dal sistema pensionistico applicabile e si calcola diversamente a seconda che si utilizzi il sistema retributivo o contributivo. 

Utilizzare le formule e le tabelle appropriate e consultare gli enti previdenziali per informazioni aggiornate è essenziale per determinare con precisione il costo del riscatto.

Procedura per Richiedere il Riscatto

  1. Verifica Requisiti: Assicurati di soddisfare tutti i requisiti per il riscatto di laurea.
  2. Calcolo dei Costi: Utilizza le formule appropriate per calcolare il costo totale del riscatto.
  3. Presentazione della Domanda: Compila e presenta la domanda di riscatto all’INPS o all’ente previdenziale competente. Può essere necessario compilare moduli specifici e fornire documentazione del titolo di studio.
  4. Documentazione Necessaria:
    • Certificato di laurea.
    • Documentazione relativa al periodo di studio.
    • Dichiarazione di non sovrapposizione con altri contributi previdenziali.
  5. Pagamento: Può essere effettuato in un’unica soluzione o in rate, a seconda delle opzioni disponibili.

Modalità di pagamento 

Il pagamento del riscatto di laurea può essere effettuato in diversi modi, a seconda delle modalità previste dall’ente previdenziale e dele preferenze del richiedente:

  • Pagamento In Unica Soluzione: È possibile effettuare il pagamento dell’importo dovuto in un’unica soluzione. Questo può essere vantaggioso se si dispone di liquidità sufficiente, poiché evita oneri aggiuntivi e interessi.
  • Rateizzazione: È possibile richiedere la rateizzazione del pagamento, solitamente fino a 120 mesi (10 anni). Questo consente di distribuire l’onere economico su un periodo più lungo, rendendo il riscatto più accessibile. Le rate mensili sono calcolate in base all’importo totale da pagare e al numero di rate.
  • Rivalutazione e Interessi: Se si opta per la rateizzazione, l’importo delle rate potrebbe includere interessi, calcolati sulla base del tasso di interesse stabilito dalle normative previdenziali.

Benefici fiscali 

Il riscatto di laurea comporta alcuni benefici fiscali significativi, che possono rendere questa opzione particolarmente vantaggiosa per molti contribuenti. Ecco una panoramica dei principali benefici fiscali associati al riscatto di laurea:

1. Deduzione Fiscale

Deduzione dal Reddito Imponibile: L’importo pagato per il riscatto di laurea è deducibile dal reddito imponibile del contribuente. Questo significa che l’importo del riscatto riduce il reddito su cui si calcola l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

Esempio: Se un contribuente paga 10.000 euro per il riscatto di laurea e ha un reddito imponibile di 40.000 euro, il reddito imponibile si riduce a 30.000 euro, con una conseguente riduzione dell’IRPEF dovuta.

2. Beneficio della Deduzione Limitata

Limiti di Deduzione: La deduzione per il riscatto di laurea è soggetta a limiti specifici stabiliti dalla legge. Tuttavia, generalmente il beneficio è significativo e può contribuire a ridurre l’importo complessivo delle tasse da pagare.

3. Compensazione con Altri Benefici

Compensazione con Altri Costi: Il riscatto di laurea può essere combinato con altre deduzioni e detrazioni fiscali disponibili. Ad esempio, le spese per istruzione e formazione possono spesso essere aggiunte ad altre spese deducibili.

4. Impatto sulla Dichiarazione dei Redditi

Dichiarazione Annuale: L’importo del riscatto di laurea deve essere indicato nella dichiarazione annuale dei redditi. La deduzione verrà applicata in fase di calcolo dell’IRPEF e contribuirà a ridurre l’imposta totale dovuta.

Conclusioni sul riscatto di laurea

Il riscatto di laurea, sebbene offra vantaggi come l’aumento dell’anzianità contributiva e il potenziale incremento dell’importo della pensione, presenta anche alcuni svantaggi e limitazioni che è importante considerare prima di prendere una decisione. Ecco un elenco dettagliato dei principali svantaggi del riscatto di laurea:

1. Costi Elevati

  • Riscatto Ordinario: Può risultare particolarmente costoso, specialmente se il reddito del richiedente è elevato. L’importo da versare può essere significativo e potrebbe non essere sostenibile per tutti.
  • Esempio: Un lavoratore con un reddito elevato potrebbe trovarsi a dover pagare decine di migliaia di euro per riscattare tutti gli anni di studio.

2. Impatto Finanziario Immediato

  • Spesa Immediata: Il pagamento dell’onere del riscatto può comportare una spesa ingente, che può influire negativamente sulle finanze personali.
  • Rateizzazione: Anche se è possibile rateizzare il pagamento, l’importo complessivo potrebbe comunque essere elevato e incidere sul bilancio familiare.

3. Costi vs. Benefici

  • Rendimento dell’Investimento: Il ritorno economico del riscatto potrebbe non giustificare il costo iniziale, soprattutto se la pensione futura non aumenta significativamente rispetto all’investimento effettuato.
  • Periodo di Recupero: Potrebbe richiedere molti anni per recuperare il costo del riscatto attraverso l’aumento della pensione.

4. Vincoli e Limitazioni

  • Durata Legale del Corso: È possibile riscattare solo gli anni che corrispondono alla durata legale del corso di studi. Gli anni aggiuntivi non possono essere riscattati.
  • Assenza di Contributi Sovrapposti: Il periodo di studio deve essere privo di altre forme di copertura contributiva, il che può limitare la possibilità di riscatto per alcuni individui.

5. Complessità del Calcolo

  • Calcolo Complicato: Il calcolo del costo del riscatto, specialmente nel sistema retributivo, può essere complesso e difficile da comprendere senza assistenza professionale.
  • Variazioni Normative: I costi e le condizioni possono variare con le modifiche normative, rendendo difficile pianificare a lungo termine.

6. Restrizioni sul Tipo di Titolo di Studio

  • Titoli Non Riconosciuti: I titoli di studio esteri devono essere riconosciuti in Italia per poter essere riscattati. Questo può comportare una procedura di equipollenza o riconoscimento che può essere lunga e complessa.

7. Impatto sul Calcolo della Pensione

  • Non Sempre Benefico: In alcuni casi, l’aumento dell’anzianità contributiva potrebbe non comportare un significativo incremento dell’importo della pensione, specialmente se il sistema previdenziale applicabile è quello contributivo.

8. Possibili Conseguenze Fiscali

  • Impatto Fiscale: L’importo del riscatto potrebbe avere conseguenze fiscali, che potrebbero ridurre ulteriormente il beneficio netto dell’operazione.