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Guida Completa all’Assegno Sociale 2024 : Requisiti, Importi e Procedure

Che cosa è l’assegno sociale

L’assegno sociale è una prestazione economica di tipo assistenziale erogata su domanda dall’INPS a coloro che hanno compiuto 67 anni di età e si trovano in condizioni di disagio economico e non hanno redditi superiori ai limiti previsti dalla legge. L’istituto dell’Assegno Sociale venne introdotto dall’art. 3 co.6 della legge 8 agosto 1995 n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), conosciuta come Riforma Dini, e ha sostituito la precedente pensione sociale.

Si tratta, quindi, di una prestazione erogata dall’INPS, finalizzata a garantire un minimo di sussistenza a chi non dispone di altri mezzi sufficienti per vivere.

L’assegno sociale non è definitivo e ha un carattere provvisorio. L’INPS, infatti, effettua una verifica annuale dei requisiti socioeconomici del beneficiario per confermare il diritto alla prestazione. Se durante questa verifica si accerta che il beneficiario ha superato i limiti di reddito o ha cambiato residenza, l’assegno può essere sospeso o revocato.

A differenza di altre prestazioni, non richiede il possesso di requisiti sanitari, contributivi o assicurativi. Pertanto, l’assegno sociale è accessibile anche a chi non ha mai lavorato o versato contributi previdenziali durante la propria vita.

L’assegno sociale non è reversibile ai familiari superstiti in caso di decesso del beneficiario. A differenza di altri trattamenti pensionistici, come le pensioni di vecchiaia o le pensioni di reversibilità, l’assegno sociale è una prestazione assistenziale basata sulla condizione personale di bisogno del beneficiario, e non sui contributi versati durante la vita lavorativa. Quando il beneficiario dell’assegno sociale muore, il pagamento dell’assegno viene interrotto a partire dal mese successivo al decesso. I familiari superstiti non hanno diritto ad alcuna forma di pensione di reversibilità o a un trattamento economico sostitutivo.

La disciplina dell’assegno sociale è regolata da diverse leggi e circolari, tra cui la Circolare INPS n. 208 del 1996, che ha introdotto l’assegno sociale, e successive modifiche legislative che hanno adeguato gli importi e i requisiti.

Requisiti per ottenere l’Assegno Sociale

Per poter beneficiare dell’assegno sociale, bisogna soddisfare i seguenti requisiti:

  1. Stato di bisogno economico: nel contesto dell’assegno sociale, lo stato di bisogno si riferisce alla mancanza di mezzi finanziari necessari per soddisfare i bisogni essenziali della vita quotidiana. La valutazione dello stato di bisogno si basa principalmente sul reddito personale o, nel caso di soggetti coniugati, sul reddito complessivo del nucleo familiare.
  2. Requisito Anagrafico: l’età minima è 67 anni sia per uomini che per donne, in linea con il requisito per la pensione di vecchiaia. Questo requisito è soggetto a futuri adeguamenti in base alle variazioni dell’aspettativa di vita.
  3. Requisito di Residenza: è necessario avere la residenza effettiva e continuativa in Italia. L’assegno sociale non è esportabile, il che significa che, se si vive all’estero per più di 29 giorni consecutivi, l’erogazione dell’assegno viene sospesa. Dopo 12 mesi di soggiorno all’estero, l’assegno viene revocato.
  4. Cittadinanza: possono richiederlo cittadini italiani, comunitari con residenza in Italia da almeno 10 anni, ed extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, anch’essi residenti in Italia da almeno 10 anni.
  5. Requisiti Reddituali: l’assegno sociale è concesso solo a chi ha redditi inferiori ai limiti stabiliti dalla legge. I limiti sono fissati annualmente e differiscono se si è coniugati o meno.

Limiti Reddituali e Importo dell’Assegno Sociale

Per il 2024, l’importo dell’assegno sociale è pari a €534,41 mensili per un totale di 13 mensilità, ovvero €6.947,33 all’anno.

  • Per i non coniugati:
    • Se il reddito è pari a zero, l’assegno sociale viene corrisposto in misura piena.
    • Se il reddito è inferiore a €6.947,33 l’importo dell’assegno sarà ridotto della differenza tra il limite e il reddito personale.
  • Per i coniugati:
    • Il limite di reddito annuo è €13.894,66 (ovvero il doppio del limite individuale).
    • Anche in questo caso, se il reddito familiare è inferiore a tale cifra, si ha diritto all’assegno ridotto.

Questi limiti di reddito vengono elevati annualmente, contestualmente alla perequazione dell’assegno sociale.

Calcolo dell’Importo Ridotto

Il calcolo è relativamente semplice:

  • Caso di un singolo non coniugato:
    • Se il reddito personale è di €3.000 annui, l’importo dell’assegno sociale sarà €6.947,33 – €3.000 = €3.947,33. Dividendo questo per 13, si ottiene l’importo mensile di €303,64.
  • Caso di un soggetto coniugato:
    • Se il reddito familiare è di €8.000, l’importo sarà €13.894,66 – €8.000 = €5.894,66. Dividendo per 13, l’importo mensile è di €453,44.

 

Decorrenza dell’Assegno Sociale

La decorrenza dell’assegno sociale, cioè la data da cui viene effettivamente erogata la prestazione, è stabilita in base a quando viene presentata la domanda all’INPS. In generale, l’assegno sociale decorre a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda da parte del richiedente.

Ad esempio, se la domanda viene presentata il 15 marzo, l’erogazione dell’assegno sociale inizierà dal 1° aprile dello stesso anno. Questo vale sia per la prima volta che si fa richiesta dell’assegno sociale, sia per gli anni successivi nel caso in cui il beneficiario mantenga i requisiti necessari per continuare a riceverlo.

È importante sottolineare che l’assegno sociale non è retroattivo. Ciò significa che non verranno riconosciuti arretrati per periodi precedenti alla presentazione della domanda, anche se il richiedente avesse già soddisfatto i requisiti per ottenere l’assegno.

Per garantire che la decorrenza avvenga senza ritardi, è essenziale presentare la domanda correttamente e in modo tempestivo, allegando tutta la documentazione necessaria per dimostrare il possesso dei requisiti previsti dalla normativa.

Redditi da Considerare e Redditi Esclusi

Per quanto riguarda l’assegno sociale, è fondamentale distinguere tra i redditi che vengono presi in considerazione e quelli che invece sono esclusi dal calcolo per verificare il diritto e l’importo della prestazione. L’INPS, infatti, valuta la situazione reddituale del richiedente per determinare se rientra nei limiti previsti dalla legge.

Redditi da Considerare:

  1. Redditi di qualsiasi natura: Questo comprende tutti i redditi derivanti da lavoro dipendente o autonomo, pensioni, rendite, assegni alimentari e altre forme di reddito che il richiedente percepisce. Anche i redditi soggetti a tassazione, come quelli derivanti da affitti, devono essere inclusi.
  2. Redditi esenti da imposta: Anche i redditi che non sono soggetti a tassazione, come determinate pensioni sociali o redditi derivanti da alcune prestazioni assistenziali, rientrano nella valutazione complessiva.
  3. Redditi derivanti da attività lavorative: Se il richiedente continua a lavorare, il reddito che deriva da questa attività sarà conteggiato, anche se svolge un lavoro occasionale o part-time.
  4. Pensioni estere: Nel caso in cui il richiedente riceva una pensione da un altro Stato, anche questa viene considerata ai fini del calcolo dell’assegno sociale.

Redditi Esclusi:

  1. Trattamento di fine rapporto (TFR): Gli importi ricevuti come liquidazione al termine del rapporto di lavoro, ovvero il TFR, non vengono conteggiati come reddito per l’assegno sociale.
  2. Casa di abitazione: Il valore dell’immobile in cui il richiedente risiede e abita non è considerato un reddito. In altre parole, se il richiedente è proprietario della casa in cui vive, questa non incide sul calcolo del reddito ai fini dell’assegno sociale.
  3. Indennità di accompagnamento: Se il richiedente percepisce un’indennità di accompagnamento, questa non viene inclusa nel calcolo del reddito complessivo. L’indennità di accompagnamento è un contributo erogato a chi necessita di assistenza continua per la propria invalidità e, quindi, è esente dal conteggio.

È essenziale conoscere queste differenze per capire esattamente come l’INPS determina il diritto e l’importo dell’assegno sociale. La verifica dei redditi è un passaggio chiave e l’INPS effettua controlli annuali per accertarsi che il beneficiario continui a rispettare i requisiti economici previsti dalla normativa.

Assegno Sociale e IRPEF

L’assegno sociale è esente dall’IRPEF, l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. Questo significa che l’importo ricevuto dai beneficiari dell’assegno sociale non è soggetto a tassazione e non deve essere incluso nella dichiarazione dei redditi.

Essendo una prestazione assistenziale, il suo scopo è di fornire un sostegno economico alle persone che si trovano in condizioni di bisogno e disagio economico, indipendentemente dai contributi previdenziali versati. Proprio per questo motivo, l’assegno sociale viene trattato fiscalmente in maniera differente rispetto alle altre pensioni e rendite, rendendo il suo importo interamente “netto” e non tassabile.

Questa caratteristica rende l’assegno sociale particolarmente vantaggioso, poiché il beneficiario riceve l’intera somma prevista dalla legge senza subire alcuna decurtazione fiscale. Questa esenzione contribuisce a garantire un sostegno economico adeguato a chi si trova in una situazione di necessità, assicurando che l’importo dell’assegno rimanga invariato anche nel caso di eventuali variazioni nelle aliquote fiscali o nelle normative relative all’IRPEF.

In sintesi, l’esenzione dall’IRPEF dell’assegno sociale è un aspetto importante che lo distingue da altre forme di reddito, assicurando ai beneficiari un sostegno completo e non soggetto a tassazione.

Come Presentare la Domanda

Per presentare la domanda per l’assegno sociale, è importante seguire alcuni passaggi chiari e semplici. Innanzitutto, la procedura è completamente telematica, il che significa che la domanda deve essere inoltrata tramite i canali digitali messi a disposizione dall’INPS.

Ci sono diverse opzioni tra cui scegliere per presentare la domanda: la prima opzione è utilizzare il portale web dell’INPS, ma per accedere a questo servizio è necessario disporre delle credenziali SPID, della Carta d’Identità Elettronica (CIE) o della Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Una volta in possesso delle credenziali, basta accedere al sito dell’INPS e cercare la sezione dedicata all’assegno sociale, dove troverai la possibilità di compilare la domanda online inserendo tutte le informazioni richieste in modo accurato.

Se non si è pratici con l’uso di internet, un’altra opzione è quella di rivolgersi al Contact Center dell’INPS chiamando il numero 803 164 da rete fissa (che è gratuito) o il numero 06 164 164 da cellulare (con tariffa a pagamento). Un operatore sarà in grado di guidarvi attraverso il processo e completare la domanda per te.

Infine, se si preferisce un supporto più personale, ci si può rivolgersi a un patronato che saprà assistere nella compilazione e nella presentazione della domanda. Questa opzione è particolarmente utile per chi non ha molta dimestichezza con le procedure telematiche o se si ha bisogno di assistenza con la documentazione.

Parlando della documentazione necessaria, è fondamentale essere preparati con tutto ciò che è richiesto per evitare ritardi nell’elaborazione della domanda. Si dovrà avere a portata di mano un documento d’identità valido e il codice fiscale, inoltre, se si è un cittadino extracomunitario, è necessario presentare anche il permesso di soggiorno.

Non bisogna dimenticare di fornire una dichiarazione dei redditi o un’autocertificazione dei redditi personali e/o familiari, poiché l’assegno sociale è subordinato alla verifica della situazione economica. Se, si è coniugato, potrebbe essere richiesto anche lo stato di famiglia per confermare il stato civile e i relativi redditi familiari.

Una volta completata la domanda e presentata tutta la documentazione, l’INPS effettuerà le verifiche del caso per assicurarsi che si abbia diritto alla prestazione.

Se la domanda viene accolta, l’erogazione dell’assegno sociale avviene dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda, e l’importo viene versato direttamente sul conto corrente che si è indicato.

 Incompatibilità dell’Assegno Sociale

L’assegno sociale presenta alcune incompatibilità che devono essere considerate prima di presentare la domanda o durante la percezione della prestazione. A differenza delle pensioni tradizionali, l’assegno sociale è una prestazione assistenziale e non contributiva, quindi è subordinato a una serie di condizioni economiche e personali.

Le principali Incompatibilità dell’Assegno Sociale sono

  1. Pensioni di Invalidità Civile: l’assegno sociale non è compatibile con le pensioni di invalidità civile. Se un individuo percepisce già un assegno per invalidità, non può richiedere o ricevere contemporaneamente l’assegno sociale. Questo perché entrambe le prestazioni hanno lo scopo di fornire un sostegno economico in situazioni di disagio e non possono coesistere.
  2. Pensioni di Vecchiaia, Invalidità e Reversibilità: se una persona percepisce una pensione diretta (come quella di vecchiaia o di invalidità) o una pensione di reversibilità, queste potrebbero incidere sulla possibilità di ottenere l’assegno sociale. In particolare, se i redditi complessivi derivanti da queste pensioni superano i limiti reddituali previsti per l’assegno sociale, il diritto a quest’ultimo viene meno. In pratica, non è possibile ottenere l’assegno sociale se il reddito complessivo (personale o coniugale) supera il tetto stabilito dalla legge.
  3. Indennità di Accompagnamento: l’indennità di accompagnamento, che è una prestazione erogata a persone con disabilità gravi, non è compatibile con l’assegno sociale. Anche se l’assegno sociale e l’indennità di accompagnamento possono sembrare prestazioni diverse, il principio alla base dell’incompatibilità è che l’assegno sociale è rivolto a chi si trova in uno stato di bisogno economico e non deve percepire altre prestazioni similari che già garantiscono un sostegno.
  4. Redditi Superiori ai Limiti Previsti dalla Legge: un’altra incompatibilità importante riguarda il superamento dei limiti reddituali stabiliti annualmente dalla legge. L’assegno sociale viene concesso solo a chi dimostra di avere redditi inferiori a una certa soglia. Se il beneficiario, nel corso del tempo, dovesse superare questi limiti (ad esempio, per un aumento del reddito personale, del coniuge o per l’inizio di un’attività lavorativa), l’assegno sociale potrebbe essere sospeso o revocato.

Sospensione dell’Assegno Sociale

La sospensione dell’assegno sociale avviene quando il beneficiario non rispetta alcune condizioni fondamentali, in particolare quella della residenza. Se il titolare dell’assegno sociale soggiorna all’estero per un periodo superiore a 29 giorni consecutivi, l’erogazione dell’assegno viene sospesa. Questo perché la legge prevede che l’assegno sia destinato esclusivamente a chi ha residenza effettiva e stabile in Italia. La sospensione dell’assegno sociale rimane in vigore finché il beneficiario non dimostra di essere rientrato in Italia e di aver ripreso la residenza effettiva nel Paese.

Revoca dell’Assegno Sociale

La revoca è una misura più definitiva e si applica quando le condizioni di base per ottenere l’assegno sociale vengono meno in modo permanente. Ci sono principalmente due casi in cui può avvenire la revoca dell’assegno sociale:

  • Soggiorno all’estero per oltre 12 mesi: Se il beneficiario si trattiene all’estero per un periodo superiore a un anno, l’assegno sociale viene revocato in modo definitivo. Questo perché si considera che il beneficiario non abbia più diritto alla prestazione non avendo più la residenza stabile in Italia.
  • Superamento dei limiti di reddito: L’INPS effettua annualmente verifiche sulla situazione reddituale del beneficiario. Se, in seguito a queste verifiche, si scopre che il reddito del beneficiario (o del nucleo familiare, se coniugato) ha superato i limiti stabiliti dalla legge, l’assegno sociale può essere revocato. Anche la variazione della situazione familiare, come il matrimonio o il conseguimento di un’altra forma di reddito, può comportare la revoca dell’assegno sociale.

Conseguenze della Revoca

In caso di revoca, il beneficiario perde definitivamente il diritto all’assegno sociale e dovrà eventualmente restituire le somme percepite in modo indebito, se l’INPS accerta che la revoca è dovuta a informazioni false o non dichiarate correttamente.

In conclusione, la sospensione e la revoca dell’assegno sociale rappresentano meccanismi di controllo e verifica per assicurare che questa prestazione venga erogata solo a chi effettivamente ne ha diritto, mantenendo così la natura assistenziale e di sostegno di questa misura.

Differenze tra assegno sociale e Pensione di vecchiaia

L’Assegno Sociale e la Pensione di Vecchiaia sono due prestazioni diverse che, pur essendo entrambe erogate dall’INPS, hanno finalità, requisiti e modalità di accesso completamente differenti.

L’assegno sociale nasce come una misura di sostegno per chi si trova in condizioni economiche difficili, soprattutto per quelle persone che non hanno un reddito sufficiente per mantenersi. Si tratta di una prestazione assistenziale e non richiede contributi previdenziali pregressi. Questo significa che anche chi non ha mai lavorato o non ha versato contributi può richiedere l’assegno sociale, a condizione di soddisfare i requisiti economici previsti dalla legge.

La pensione di vecchiaia, invece, è una prestazione previdenziale che si basa sui contributi versati durante la vita lavorativa. In sostanza, rappresenta un diritto che il lavoratore si costruisce nel tempo attraverso i contributi che ha versato durante gli anni di attività lavorativa. Quindi, a differenza dell’assegno sociale, la pensione di vecchiaia è strettamente legata all’attività lavorativa svolta e al pagamento dei contributi.

Entrambe le prestazioni richiedono che il richiedente abbia raggiunto almeno 67 anni di età, ma qui si fermano le somiglianze. Per l’assegno sociale, l’unico requisito anagrafico è l’età: non è necessario aver versato contributi. Tuttavia, questo requisito può essere soggetto ad adeguamenti in base all’aspettativa di vita.

Per la pensione di vecchiaia, oltre ad avere 67 anni, è fondamentale aver maturato almeno 20 anni di contributi. Questo significa che solo chi ha lavorato e ha versato contributi per un periodo sufficiente può accedere alla pensione di vecchiaia. Quindi, mentre l’assegno sociale si rivolge a chiunque si trovi in situazioni di bisogno economico a prescindere dalla storia lavorativa, la pensione di vecchiaia è riservata a chi ha maturato una certa anzianità contributiva.

Un’altra grande differenza riguarda i limiti di reddito. L’assegno sociale è destinato a chi si trova in condizioni di disagio economico; pertanto, viene concesso solo se il beneficiario rientra entro i limiti di reddito stabiliti dalla legge.

Invece, per la pensione di vecchiaia, non ci sono vincoli di reddito: chi ha versato i contributi necessari può ottenere la pensione, indipendentemente dal reddito personale o familiare. Questo riflette il carattere assicurativo e previdenziale della pensione di vecchiaia rispetto all’aspetto assistenziale dell’assegno sociale.

L’importo dell’assegno sociale è fisso e determinato annualmente dall’INPS. Per il 2024, l’importo mensile massimo, come visto, è €534,41 mensili per 13 mensilità, pari a €6.947,33 all’anno. Tuttavia, l’assegno può essere ridotto in funzione degli altri redditi percepiti dal beneficiario.

Al contrario, l’importo della pensione di vecchiaia dipende dai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa e dal sistema di calcolo applicato (retributivo, contributivo o misto). Questo significa che chi ha versato contributi più elevati o per un periodo più lungo riceverà una pensione più alta, mentre chi ha versato meno avrà una pensione inferiore.

Un elemento importante da sottolineare è che l’assegno sociale ha un carattere provvisorio. L’INPS, infatti, effettua verifiche annuali per accertarsi che il beneficiario continui a rispettare i requisiti reddituali e di residenza. Se le condizioni economiche del beneficiario migliorano o se risulta un soggiorno prolungato all’estero, l’assegno può essere sospeso o revocato.

La pensione di vecchiaia, invece, è definitiva una volta riconosciuta. A meno che non vi siano casi di frode o errori amministrativi, il beneficiario ha diritto alla pensione per tutta la vita senza ulteriori verifiche periodiche.

Per quanto riguarda la cumulabilità con altre prestazioni, l’assegno sociale è cumulabile solo entro i limiti di reddito previsti dalla legge. Questo significa che se il beneficiario percepisce altri redditi, l’importo dell’assegno sociale verrà ridotto o, in certi casi, annullato.

La pensione di vecchiaia, invece, è cumulabile con altri redditi da lavoro o pensioni senza alcuna limitazione, il che la rende una prestazione molto più stabile e sicura dal punto di vista economico.

Infine, una differenza sostanziale riguarda la reversibilità. L’assegno sociale non è reversibile ai familiari superstiti: in caso di decesso del beneficiario, la prestazione si interrompe definitivamente. Ciò riflette il carattere personale e assistenziale dell’assegno sociale, che è legato alla condizione di bisogno del singolo beneficiario.

La pensione di vecchiaia, invece, può essere trasferita ai familiari superstiti (ad esempio, al coniuge o ai figli) sotto forma di pensione di reversibilità. Questo garantisce un supporto economico ai familiari anche dopo la scomparsa del pensionato, un aspetto molto importante per la sicurezza economica della famiglia del beneficiario.

Differenze tra Assegno Sociale e Trattamento Minimo di Pensione

Le differenze tra l’assegno sociale e il trattamento minimo di pensione sono molteplici, e comprenderle è essenziale per chi cerca informazioni su queste due forme di sostegno economico.

Iniziamo dalla natura delle due prestazioni. L’assegno sociale è una misura assistenziale pensata per sostenere le persone in età avanzata che si trovano in condizioni di difficoltà economica e che non hanno versato contributi previdenziali sufficienti durante la loro vita lavorativa. Per questo motivo, l’assegno sociale non può essere considerato una pensione vera e propria, ma piuttosto un aiuto economico per chi non ha altre fonti di reddito.

Al contrario, il trattamento minimo di pensione è una misura previdenziale. Questo significa che viene riconosciuto a coloro che hanno maturato il diritto a una pensione di vecchiaia, anzianità o invalidità grazie ai contributi versati durante la loro carriera lavorativa.

Tuttavia, il trattamento minimo interviene quando la pensione maturata risulta essere inferiore a una soglia minima stabilita annualmente per garantire un livello di vita dignitoso al pensionato. In altre parole, il trattamento minimo non è una prestazione autonoma, ma un’integrazione che eleva l’importo della pensione già maturata fino a raggiungere un livello considerato minimo per il sostentamento.

Un altro aspetto che differenzia le due prestazioni è rappresentato dai requisiti di reddito.

Per ottenere l’assegno sociale, bisogna rientrare in determinati limiti di reddito stabiliti dalla legge, che variano a seconda che si tratti di un soggetto singolo o coniugato. Ad esempio, se un soggetto non è sposato, il suo reddito annuo non deve superare un determinato limite per avere diritto all’assegno sociale completo.

In caso contrario, l’importo dell’assegno viene ridotto o addirittura non viene erogato. Quindi, è fondamentale dimostrare di essere in una situazione di bisogno economico per ricevere questa prestazione.

Nel caso del trattamento minimo di pensione, invece, non è richiesta alcuna verifica dei redditi se il pensionato non è coniugato. Se invece è coniugato, il reddito complessivo familiare deve rispettare alcuni limiti per poter ottenere l’integrazione al trattamento minimo.

Un altro punto importante da sottolineare riguarda il carattere provvisorio dell’assegno sociale rispetto al trattamento minimo.

L’assegno sociale viene erogato in via provvisoria, in quanto l’INPS effettua ogni anno delle verifiche sui requisiti reddituali e di residenza del beneficiario.

Al contrario, il trattamento minimo di pensione è una prestazione definitiva, nel senso che una volta riconosciuto, il pensionato ha diritto a percepirlo senza che sia soggetto a verifiche annuali sulla situazione economica, salvo casi di variazioni rilevanti come cambiamenti nel reddito coniugale.

Infine, c’è una differenza fondamentale in termini di reversibilità. L’assegno sociale non è reversibile, il che significa che alla morte del beneficiario, l’assegno cessa e non può essere trasferito ai familiari superstiti.

Al contrario, la pensione integrata al trattamento minimo, essendo una pensione vera e propria, può essere trasferita ai familiari superstiti, come il coniuge o i figli, sotto forma di pensione di reversibilità.

    Scegliere tra riscatto della laurea e fondo pensione

    Introduzione

    Il recupero del periodo universitario rappresenta un passo essenziale per ottimizzare il percorso accademico in vista della futura pensione. Questa pratica consente ai cittadini di versare contributi previdenziali per i periodi di studio universitario, con l’esclusione degli anni trascorsi fuori corso.

    Tali contributi assumono un’importanza cruciale, poiché consentono di recuperare periodi di studio altrimenti esclusi dalla valutazione previdenziale. Ciò garantisce che gli anni dedicati all’istruzione superiore siano considerati ai fini del requisito contributivo e del calcolo dell’importo pensionistico.

    Estensione del recupero accademico

    Il percorso di recupero contributivo non si limita alla laurea, ma abbraccia un ampio spettro di ambiti accademici, comprendendo periodi dedicati al conseguimento di diplomi universitari, lauree triennali e specialistiche, specializzazioni post-laurea, dottorati di ricerca e diplomi di istituti di alta formazione artistica e musicale.

    È importante sottolineare che è possibile recuperare anche lauree estere e corsi post-laurea svolti all’estero, a condizione che siano legalmente riconosciuti in Italia.

    Il recupero può interessare tutti i periodi corrispondenti alla durata legale del corso di studio universitario, escludendo gli anni fuori corso. Inoltre, è fondamentale che questi periodi siano effettivamente dedicati al conseguimento di uno o più titoli rilasciati da istituzioni universitarie o equiparabili. È pertanto escluso il recupero degli anni di studio in cui non sia stato completato l’intero percorso accademico.

    Limitazioni del recupero

    Nel precedente paragrafo abbiamo discusso delle limitazioni riguardanti il recupero degli anni universitari ai fini previdenziali. Oltre ai periodi trascorsi fuori corso o agli anni in cui non si è ottenuto un titolo accademico, è essenziale tenere conto di ulteriori fattori che possono influenzare il recupero pensionistico.

    Tra questi, vanno considerati i periodi in cui sono stati già versati contributi obbligatori, contributi figurativi o periodi già riscattati. Inoltre, non vengono conteggiati neanche gli anni universitari in cui si è svolto un lavoro stabile, poiché tali periodi potrebbero già essere inclusi nel calcolo dei contributi previdenziali.

    Riscatto parziale del corso di laurea

    Quando si valuta il riscatto della laurea per fini pensionistici, è essenziale considerare la possibilità di selezionare specifiche porzioni del percorso accademico anziché impegnarsi nell’acquisizione dell’intera laurea.

    Tale flessibilità permette ai beneficiari di concentrarsi esclusivamente sul periodo necessario per raggiungere il requisito minimo di contributi richiesto per ottenere la pensione, adattando così il processo alle proprie esigenze e risorse finanziarie.

    Questa opzione consente agli individui di versare contributi solo per i periodi accademici che mancano per soddisfare il requisito pensionistico, che possono essere settimane, mesi o anni.

    Ad esempio, se un individuo ha già accumulato una parte dei contributi previdenziali e vuole completare il periodo mancante per ottenere il diritto alla pensione, può concentrarsi esclusivamente sul riscatto di quel periodo specifico anziché impegnarsi nell’intero corso di laurea.

    Va sottolineato che il periodo riscattabile è definito dal 1° novembre dell’anno di immatricolazione al 31 ottobre dell’ultimo anno legale del corso di laurea il che implica, quindi, che il riscatto può includere solo i periodi di studio compresi tra queste date.

    Questa specifica temporale delinea chiaramente i periodi ammissibili per il riscatto, evitando confusioni o ambiguità sulle tempistiche accettabili per il processo di riscatto parziale della laurea.

    Chi può riscattare la laurea

    Il recupero degli anni di studio per la laurea è un’opzione disponibile per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi, compresi coloro che sono iscritti alla Gestione Separata Inps. Tuttavia, è importante notare che questa opportunità si applica solo ai periodi di studio successivi al 31 marzo 1996, l’anno in cui è stato introdotto di fatto, l’obbligo di versamento contributivo presso la Gestione Separata.

    È fondamentale sottolineare che i contributi versati durante i periodi in cui non era attiva una gestione previdenziale non sono ammissibili per il recupero. In altre parole, i contributi versati in periodi precedenti all’entrata in vigore della gestione previdenziale non sono considerati nel processo di recupero.

    La richiesta di recupero degli anni di studio per la laurea può essere presentata sia presso la cassa professionale che presso l’INPS, come indicato nel messaggio n°4419 del 7 dicembre, emanato dall’INPS stesso.

    Tuttavia, questa possibilità è limitata ai professionisti che hanno accumulato almeno un anno completo di contributi in una delle gestioni dell’INPS e si applica solo ai periodi in cui non sono stati effettuati versamenti contributivi.

    Come si procede al calcolo del riscatto

    Il costo del recupero degli anni di laurea varia in base al periodo di studio considerato e alle normative previdenziali in vigore. Per le lauree ottenute prima del 1996 o fino al 31 dicembre 2011 con almeno 18 anni di contribuzione pre-1996, si applica il metodo della riserva matematica.

    È importante notare che durante questi periodi, il calcolo della pensione si basa sul sistema retributivo, che tiene conto dell’ultima retribuzione e dell’anzianità contributiva come elementi chiave per il calcolo della prestazione pensionistica.

    D’altra parte, per i periodi di studio successivi al 1996, il calcolo del costo avviene tramite il sistema percentuale o contributivo. In questa situazione, si applica l’aliquota vigente presso la gestione previdenziale in cui si effettua il recupero, che per i dipendenti è del 33%. Per determinare l’onere del recupero, si considera l’intero importo previdenziale imponibile degli ultimi 12 mesi.

    Nello specifico la formula è la seguente:

    ultima retribuzione imponibile x aliquota IVS del 33%

    Per coloro che si trovano in stato di disoccupazione, l’aliquota del 33% viene calcolata sul reddito minimo soggetto a imposizione della Gestione Inps Artigiani e Commercianti, che per il 2024 è fissato a 18.415 euro. Questo valore determina un’approssimazione del costo del riscatto contributivo per ogni anno di studio, pari a circa 6.076 euro.

    Stante questa modalità di calcolo specifica, si evidenzia dunque l’opportunità di richiedere il riscatto della laurea prima di raggiungere livelli elevati di reddito/retribuzione.

    Si conferma comunque un’opzione particolarmente vantaggiosa per i disoccupati e per coloro che non sono affiliati a forme previdenziali obbligatorie o che non hanno ancora iniziato a lavorare.

    Differenza tra riscatto ordinario e agevolato

    Fino a questo momento, abbiamo illustrato la procedura e i costi relativi al riscatto ordinario. Nel 2019 con il decreto legge n. 4, è stato introdotto anche il meccanismo del riscatto agevolato. Il sistema si differenzia da quello ordinario proprio per la modalità di calcolo.

    Il calcolo del costo per il riscatto agevolato infatti, prescinde completamente da quello che è il reddito del lavoratore, adottando come unico metodo quello contributivo o percentuale.

    Ancora una volta quindi si moltiplica l’aliquota IVS del 33% per il reddito minimo imponibile degli artigiani e dei commercianti iscritti alla relativa gestione INPS. Abbiamo visto che tale costo per il 2024 si aggira sui 6076 euro annui.

    Ipotizzando di dover riscattare ad esempio 4 anni del corso di studi, il costo complessivo dell’intera operazione si aggirerebbe intorno ai 24.000 euro. In questo modo il costo dell’intera operazione si riduce notevolmente producendo però al tempo stesso, anche un minore impatto sul valore della propria pensione futura.

    Va ribadito che diversamente dalla procedura standard di riscatto, l’opzione agevolata è limitata ai periodi rientranti nel regime contributivo della pensione futura, ossia quelli successivi al 1° gennaio 1996.

    Tuttavia, è da sottolineare che questa modalità può essere applicata anche per i corsi anteriori al 1996, ma a condizione che si scelga di adottare il sistema di calcolo contributivo per la pensione.

    Inoltre godendo questo meccanismo di condizioni di calcolo più agevoli, a differenza di ciò che accade nel riscatto ordinario non si può beneficiare della detrazione del 50% ai fini Irpef del costo complessivo sostenuto.

    Quando conviene riscattare la laurea

    Ovviamente non possiamo avere una risposta univoca a questa domanda essendo il costo del riscatto intrinsecamente dipendente dalla situazione economica di ogni lavoratore. Tuttavia ciò su cui possiamo fare alcune valutazioni, riguarda senza dubbio la convenienza dello strumento rispetto all’impatto che può avere su due situazioni fondamentali ossia:

    • l’importo della prestazione previdenziale;
    • l’anticipo nel tempo del momento del pensionamento ammesso che si possa ricorrere a questo strumento.

    Inoltre si può avere un vantaggio nel richiedere il riscatto quando pur non riuscendo ad anticipare il momento del pensionamento, si è utilizzato tutto il limite massimo di deducibilità che offre la previdenza complementare.

    Questo perché utilizzando la deducibilità dei contributi versati per il riscatto, si può riuscire ugualmente ad accumulare risparmio previdenziale. Tuttavia ci sono delle cose che bisogna sempre tenere a mente.

    Nello specifico il riscatto di periodi antecedenti al 1° gennaio 1996 richiede una particolare attenzione in quanto può influenzare lo status del lavoratore, passando da contributivo a misto.

    Questo cambiamento di status comporta la perdita del diritto alla pensione anticipata contributiva, che attualmente richiede un’età minima di 64 anni, un minimo di 20 anni di contributi e un assegno pensionistico pari a 3 volte l’assegno sociale, oppure a 2,8 volte per le donne con 1 figlio e a 2,6 volte per le donne con almeno 2 figli.

    In alcuni casi invece, questa trasformazione può addirittura ritardare il raggiungimento dei requisiti pensionistici, a meno che non sia possibile optare per il computo dei contributi versati tramite la gestione separata.

    Un altro aspetto importante da considerare è che se un lavoratore contributivo ha un reddito elevato, superiore cioè al massimale contributivo che è di 119.650 euro per il 2024, non è tenuto a versare contributi INPS sulla parte del reddito che supera questo limite.

    Tuttavia, se sceglie di riscattare periodi precedenti al 1° gennaio 1996, diventando quindi un lavoratore con status misto, sarà obbligato a versare sia la propria quota contributiva che quella datoriale sugli introiti complessivi.

    Come richiedere il riscatto e modalità di pagamento

    La richiesta di riscatto della laurea deve essere presentata esclusivamente attraverso canali telematici, come ad esempio il servizio “Riscatto della laurea ai fini pensionistici gestioni dipendenti privati” sul sito dell’INPS, al quale si può accedere tramite identità SPID, Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o Carta di Identità Elettronica (CIE).

    In alternativa, è possibile rivolgersi ai patronati e agli intermediari dell’Istituto per presentare la domanda così come è disponibile anche l’opzione di contattare il Contact Center attraverso un numero verde dedicato. Una volta inviata la domanda, il tempo di lavorazione è fissato a 85 giorni.

    Quando la domanda è stata accettata, il contributo per il riscatto deve essere materialmente versato all’INPS tramite il servizio PagoPA, con la possibilità di effettuare il pagamento in un’unica soluzione o in rate, fino a un massimo di 10 anni.

    È importante notare che l’onere di riscatto è detraibile al 19% dal reddito imponibile IRPEF, e questa agevolazione fiscale può essere usufruita anche dalle persone a carico.

    Confronto tra riscatto della laurea e fondo pensione: qual è la migliore opzione?

    Quando si tratta di programmare il proprio futuro finanziario, una delle decisioni più rilevanti riguarda la destinazione delle risorse tra il riscatto della laurea e l’investimento in un fondo pensione. Questa scelta, tuttavia, non è sempre ovvia e dipende da una serie di variabili, tra cui le esigenze personali e le circostanze specifiche. Esaminiamo le distinzioni principali tra queste due alternative e le implicazioni che comportano.

    Deducibilità Fiscale

    • Riscatto della laurea: non esiste un limite massimo per la deducibilità fiscale. È consentita la detrazione totale di tutti i contributi versati.
    • Fondo pensione: il limite massimo di deducibilità fiscale è fissato a € 5.164,57.

    In questo contesto, il riscatto della laurea emerge come l’opzione più vantaggiosa.

    Risparmio Fiscale

    • Riscatto della laurea: il risparmio fiscale è determinato dall’aliquota marginale di tassazione.
    • Fondo pensione: in modo del tutto analogo al riscatto, anche per il fondo pensione il risparmio fiscale è definito dall’aliquota marginale di tassazione.

    In questo senso, la scelta tra le due opzioni è neutrale.

    Tassazione della Prestazione:

    • Riscatto della laurea: la prestazione è soggetta a tassazione Irpef.
    • Fondo pensione: la tassazione varia a seconda del tipo di prestazione offerta dal fondo pensione, con aliquote possibili pari al 23%, al 15%-9%.

    Visto la tassazione agevolata è preferibile optare per il fondo pensione.

    Impatto sulla pensione:

    • Riscatto della laurea: i contributi versati incrementano l’importo della pensione, con una rivalutazione basata sulla media del PIL degli ultimi 5 anni.
    • Fondo pensione: i contributi contribuiscono ad aumentare il montante pensionistico, con rendimenti legati agli investimenti sui mercati finanziari. Inoltre, vi è la possibilità di scegliere la gestione del fondo.

    In tal senso, è preferibile optare per il fondo pensione.

    Anticipo della Pensione

    • Riscatto della laurea: l’anticipo della pensione è possibile solo se i periodi riscattati consentono di raggiungere i requisiti di anzianità contributiva.
    • Fondo pensione: l’anticipo della pensione non è contemplato.

    In questo caso, il riscatto della laurea potrebbe essere la scelta più adatta.

    Tipo di prestazione:

    • Riscatto della laurea: la prestazione viene erogata sotto forma di rendita.
    • Fondo pensione: è possibile scegliere tra prestazioni sotto forma di rendita o forme di erogazione in capitale.

    In questo caso non si hanno parametri oggettivi per valutare la convenienza di una scelta rispetto ad un’altra, pertanto la decisione dipende esclusivamente dalle preferenze personali.

    Tempi di erogazione e prestazione per morte:

    • Riscatto della laurea: la prestazione è erogata al momento del pensionamento, con una prestazione per morte che assume la forma di una pensione indiretta o di reversibilità con importi che sappiamo bene sono soggetti a dei limiti stabiliti dalla legge.
    • Fondo pensione: la prestazione può essere ottenuta al pensionamento o in momenti anticipati, consentendo l’ereditabilità del montante accumulato.

    Come nel caso precedente la scelta tra un’opzione e l’altra dipende esclusivamente dalle esigenze individuali.

    In conclusione, la decisione tra il riscatto della laurea e l’adesione a un fondo pensione abbiamo visto essere influenzata da molteplici fattori, tra cui le preferenze personali e le prospettive di investimento. Questo non ci consente di avere parametri di giudizio abbastanza rigidi che possano convogliare la scelta in una direzione o nell’altra.

    In generale però si possono definire delle fattispecie tipo che possono essere prese come riferimento sia per i fondi pensione che per il riscatto.

    Per il riscatto possiamo dire che è l’opzione da preferire quando si desideri andare in pensione in anticipo e si abbia la possibilità, consentita per legge, di farlo attraverso il ricorso a questo strumento.

    In modo del tutto analogo è preferibile ricorrere a tale prassi nei casi in cui, anche senza l’anticipo della pensione, si è sfruttato l’intero plafond di deducibilità della previdenza complementare. In questa circostanza infatti, è possibile accumulare risparmi previdenziali beneficiando della detraibilità fiscale dei contributi versati per il riscatto della laurea.

    Ricordiamo però di prestare attenzione in questa situazione ai riscatti per periodi precedenti al 1° gennaio 1996 che possono modificare lo status di un lavoratore con tutte le conseguenze che ne derivano come abbiamo già descritto in precedenza.

    In merito ai fondi pensione invece, possiamo affermare che questi risultano più convenienti in tutte quelle situazioni in cui non vi è urgenza nell’anticipare il momento della pensione, o nel caso in cui il riscatto della laurea non permetta comunque di raggiungere i requisiti previsti per l’anticipo pensionistico.

    In tali circostanze inoltre, il vantaggio derivante dal risparmio fiscale sulle prestazioni con aliquote al 23% o 15%-9% a seconda delle differenti prestazioni erogate in luogo della tassazione Irpef, rende il fondo pensione una scelta più conveniente, almeno fino al raggiungimento del plafond di deducibilità.

    Per valutare infine se il riscatto della laurea permetta o meno l’anticipo della pensione, diviene più che mai essenziale esaminare i requisiti attuali per l’accesso alla pensione.

    A tale scopo, riportiamo di seguito una tabella esaustiva che illustra le diverse prestazioni offerte dal sistema previdenziale principale, insieme ai relativi requisiti anagrafici e/o contributivi stabiliti dalla legge di Bilancio del 2024.

    PensioneEtàContributi (anni)Altro
    Pensione di vecchiaia sistema contributivo6720Importo almeno pari all’assegno sociale
    Pensione di vecchiaia sistema misto o retributivo6720
    Pensione anticipata sistema contributivo6420Importo almeno 3 volte l’assegno sociale

    Importo almeno 2,8 l’assegno sociale per le donne con 1 figlio e 2,6 per le donne con 2 o più figli

    Finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti

    Pensione anticipata sistema misto uomini42 anni e 10 mesi35 anni di contribuzione effettiva
    Pensione anticipata sistema misto donne41 anni e 10 mesi35 anni di contribuzione effettiva
    Quota 1036241Almeno 35 anni di contribuzione effettiva

    Finestra di 7 mesi per i dipendenti privati;

    Finestra di 9 mesi per i dipendenti pubblici                              Tetto massimo al valore lordo mensile dell’assegno

    Ape Sociale63,530-32-36Cumulabile solamente con redditi da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro                                                       Riduzione del requisito contributivo di 1 anno per ogni figlio (massimo 2 anni) per le madri
    Opzione Donna613561 anni, con riduzione di 1 anno ogni figlio e fino ad un massimo di 2 (59 anni con due figli e più figli oppure se licenziate/dipendenti di aziende in crisi) sia per dipendenti pubbliche e private e sia per autonome

    Fonte: ns elaborazione da dati Enasc

      Come Andare in Pensione a 64 Anni

      Introduzione

      La pensione anticipata a 64 anni rappresenta una delle opportunità di pensionamento previste dal sistema previdenziale italiano per coloro che desiderano lasciare il mondo del lavoro prima di raggiungere l’età di vecchiaia ordinaria (67 anni). Questo tipo di pensionamento anticipato è accessibile solo a determinate condizioni, sia per quanto riguarda l’età, sia per quanto riguarda i contributi versati durante la vita lavorativa.

      La pensione anticipata a 64 anni è stata introdotta con l’art. 24, comma 11 del Decreto-legge n. 201/2011, noto come Legge Fornero, ed è riservata ai lavoratori che hanno contributi esclusivamente nel sistema contributivo (ossia coloro che non hanno versato contributi prima del 1° gennaio 1996) o a chi opta per il calcolo contributivo tramite il computo nella Gestione Separata.

      Con la Legge di Bilancio 2024, sono state introdotte nuove regole che riguardano non solo l’importo minimo della pensione, ma anche specifiche agevolazioni per le donne con figli e nuove finestre di attesa prima dell’effettivo percepimento dell’assegno pensionistico.

      In questo articolo analizzeremo nel dettaglio chi può accedere alla pensione anticipata a 64 anni, quali sono i requisiti, i contributi necessari, e gli impatti della recente normativa.

      Cos’è la pensione anticipata a 64 anni

      La pensione anticipata contributiva a 64 anni è una forma di pensionamento che permette ai lavoratori di ritirarsi dal lavoro prima dell’età prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria, che attualmente è fissata a 67 anni.

      La Legge di Bilancio 2024 (legge n.213/2023) ha inasprito le condizioni per accedere a questa forma di pensionamento, rendendo necessario il rispetto di nuove soglie minime per l’ammontare dell’assegno pensionistico e introducendo anche una finestra temporale di attesa di tre mesi prima di iniziare a percepire la pensione, una volta maturati i requisiti. Questo strumento rappresenta comunque una valida opportunità per coloro che desiderano anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, ma richiede un’attenta pianificazione previdenziale.

      Il termine “anticipata” si riferisce appunto alla possibilità di accedere alla pensione prima dei 67 anni, ma non senza vincoli. Questa pensione si basa interamente sul sistema contributivo, ossia sull’ammontare dei contributi versati durante la carriera lavorativa. La pensione anticipata a 64 anni è riservata a:

      • Coloro che non hanno versato contributi prima del 1° gennaio 1996.
      • Chi sceglie di optare per il computo presso la gestione Separata (art. 3 del D.M. n. 282/1996), trasferendo tutti i contributi maturati nelle diverse gestioni previdenziali in un’unica gestione contributiva.

      Le Novità della Legge di Bilancio 2024

      La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto diverse modifiche che rendono più rigorosi i requisiti per accedere alla pensione anticipata a 64 anni. Queste novità si concentrano principalmente sull’importo minimo della pensione e sulle agevolazioni previste per alcune categorie specifiche, come le donne con figli.

      1. Importo minimo della pensione: La legge stabilisce che, per accedere alla pensione anticipata contributiva, il lavoratore deve avere un assegno pensionistico pari almeno a 3 volte l’assegno sociale. Nel 2024, questo importo è fissato a 1.603,23 euro al mese. L’obiettivo di questa misura è garantire che i lavoratori non si ritirino con pensioni troppo basse.
      2. Agevolazioni per le donne con figli: La legge prevede soglie di importo pensionistico inferiori per le donne con figli. Per le donne con un figlio, la soglia minima è di 2,8 volte l’assegno sociale (1.496,35 euro al mese), mentre per le donne con due o più figli, la soglia scende a 2,6 volte l’assegno sociale (1.389,47 euro al mese).
      3. Finestra di attesa: È stata introdotta una finestra di attesa di 3 mesi tra il momento in cui si maturano i requisiti per la pensione anticipata e l’effettiva decorrenza dell’assegno pensionistico.
      4. Tetto massimo all’importo pensionistico: Per i pensionati che optano per la pensione anticipata a 64 anni, l’importo massimo percepibile è fissato a 5 volte il trattamento minimo, ossia 2.993,05 euro al mese fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia (67 anni).

      Requisiti per la Pensione Anticipata a 64 Anni

      Per accedere alla pensione anticipata a 64 anni, i lavoratori devono soddisfare due requisiti principali:

      • Requisito anagrafico: Bisogna aver compiuto 64 anni.
      • Requisito contributivo: Sono necessari almeno 20 anni di contributi versati.

      Questi requisiti devono essere soddisfatti contemporaneamente, ma non sono sufficienti da soli: infatti, la Legge di Bilancio 2024 ha introdotto ulteriori condizioni legate all’importo dell’assegno pensionistico:

      • L’importo soglia della pensione

      L’importo della pensione anticipata a 64 anni deve essere pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale, che per il 2024 è fissato a 1.603,23 euro mensili. Questo significa che, per poter accedere alla pensione anticipata, il montante contributivo accumulato dal lavoratore durante la sua carriera deve essere tale da generare una pensione mensile di almeno questa cifra.

      • La finestra di attesa

      Una volta raggiunti i requisiti per la pensione anticipata, il lavoratore dovrà attendere una finestra di 3 mesi prima di iniziare a percepire l’assegno pensionistico. Questo periodo di attesa è stato introdotto per tutte le pensioni anticipate a partire dal 2024 e consente al lavoratore di continuare a lavorare o cessare l’attività lavorativa.

      Chi può accedere alla pensione anticipata a 64 anni?

      Possono accedere a questa forma di pensionamento:

      • Lavoratori privi di contribuzione al 31 dicembre 1995.
      • Chi decide di optare per il computo contributivo nella gestione Separata, ossia trasferire i contributi accreditati in diverse gestioni previdenziali (ad esempio, dipendenti pubblici, liberi professionisti, collaboratori parasubordinati).

      Il Montante Contributivo Necessario

      Uno degli aspetti più critici per ottenere la pensione anticipata è l’ammontare del montante contributivo, ossia la somma dei contributi versati e rivalutati annualmente. Questo montante deve essere sufficiente a garantire una pensione mensile pari all’importo minimo richiesto dalla legge.

      Calcolo del montante contributivo

      Il montante contributivo è la somma dei contributi che un lavoratore ha versato durante la sua vita lavorativa. Questo montante viene poi moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, che dipende dall’età del lavoratore al momento della pensione. Per i 64 anni, il coefficiente di trasformazione è del 5,184%.

      Per ottenere una pensione di 1.603,23 euro al mese, un lavoratore deve avere un montante contributivo di almeno 402.044,56 euro. Questo significa che, durante i 20 anni di lavoro, il lavoratore deve aver versato contributi annuali piuttosto consistenti.

      Contributi necessari per la pensione anticipata nel 2024

      Per ottenere la pensione anticipata a 64 anni, oltre ai 20 anni di contributi richiesti, il lavoratore deve accumulare un montante contributivo sufficiente per garantire un assegno pensionistico di almeno 1.603,23 euro al mese, ovvero 3 volte l’assegno sociale.

      Esempio : Uomini e donne senza figli

      Nel 2024, per accedere alla pensione anticipata a 64 anni, un lavoratore senza figli dovrà accumulare un montante contributivo di 402.044,56 euro. Questo montante, moltiplicato per il coefficiente di trasformazione per i 64 anni (5,184%), garantisce una pensione mensile di 1.603,23 euro.

      Quanto bisogna guadagnare per ottenere il montante richiesto?

      Raggiungere un montante contributivo così elevato richiede un reddito significativo durante la vita lavorativa. Il lavoratore deve versare annualmente circa 18.000 euro di contributi IVS. Questo si traduce in:

      • Uno stipendio medio annuo di circa 54.500 euro per i lavoratori dipendenti.
      • Un reddito medio annuo di circa 72.000 euro per i liberi professionisti iscritti alla gestione Separata INPS.

       

      Tabella 1: Contributi necessari per la pensione anticipata a 64 anni (uomini e donne senza figli)

      Anni di contributi

      Contribuzione IVS media annua

      Stipendio medio annuo

      Reddito medio annuo (liberi professionisti)

      20

      18.000 euro

      54.500 euro

      72.000 euro

       

      Pensione anticipata a 64 anni per le donne con un figlio

      Le donne con un figlio beneficiano di condizioni più favorevoli. Nel 2024, il montante contributivo necessario sarà di 375.242,09 euro, che garantisce una pensione mensile di 1.496,35 euro, pari a 2,8 volte l’assegno sociale.

      Per ottenere questo montante, è necessario versare 16.750 euro di contributi annui, il che corrisponde a:

      • Uno stipendio medio di circa 50.757 euro all’anno per le lavoratrici dipendenti.
      • Un reddito medio annuo di circa 67.000 euro per le libere professioniste.

      Tabella: Contributi necessari per la pensione anticipata a 64 anni (donne con un figlio)

      Anni di contributi

      Contribuzione IVS media annua

      Stipendio medio annuo

      Reddito medio annuo (liberi professionisti)

      20

      16.750 euro

      50.757 euro

      67.000 euro

      Esempio : Maria, una lavoratrice con un figlio

      Maria ha 64 anni e ha lavorato per 20 anni come impiegata. Il suo stipendio medio annuo è stato di circa 51.000 euro. Con una contribuzione annua media di 16.750 euro, Maria ha raggiunto un montante contributivo di 377.000 euro. Questo le garantisce una pensione di circa 1.500 euro al mese, superando la soglia di 2,8 volte l’assegno sociale necessaria per le donne con un figlio.

      Pensione anticipata a 64 anni per le donne con due o più figli

      Le donne con due o più figli beneficiano di una soglia ancora più bassa. Nel 2024, il montante contributivo richiesto sarà di 348.439,62 euro, che assicura una pensione mensile di 1.389,47 euro, pari a 2,6 volte l’assegno sociale.

      Per ottenere questo montante, è necessario versare 15.550 euro di contributi annui, il che corrisponde a:

      • Uno stipendio medio di circa 47.121 euro all’anno per le lavoratrici dipendenti.
      • Un reddito medio annuo di circa 62.200 euro per le libere professioniste.

      Tabella : Contributi necessari per la pensione anticipata a 64 anni (donne con due o più figli)

      Anni di contributi

      Contribuzione IVS media annua

      Stipendio medio annuo

      Reddito medio annuo (liberi professionisti)

      20

      15.550 euro

      47.121 euro

      62.200 euro

      Esempio : Anna, una lavoratrice con due figli

      Anna, una libera professionista di 64 anni, ha versato contributi per 20 anni con un reddito medio di 63.000 euro all’anno. Grazie a una contribuzione annua di circa 15.550 euro, ha accumulato un montante contributivo di 350.000 euro, che le consente di accedere alla pensione anticipata con un assegno di circa 1.400 euro al mese, superando la soglia richiesta di 2,6 volte l’assegno sociale.

        Come Ottenere la pensione con Solo 5 Anni di Contributi

        Che cosa è la pensione di vecchiaia contributiva

        La pensione di vecchiaia contributiva è un’opportunità riservata a quei lavoratori che non hanno maturato anzianità contributiva prima del 31 dicembre 1995 e quindi rientrano nel sistema pensionistico integralmente contributivo. Questo significa che la pensione viene calcolata esclusivamente sulla base dei contributi versati durante l’arco della vita lavorativa, senza tenere conto delle regole del vecchio sistema retributivo (basato sugli ultimi stipendi percepiti).

        Si tratta di una prestazione pensata per coloro che non possono accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria (67 anni), e che consente di ottenere una pensione con un minimo di soli 5 anni di contributi effettivi.

        La pensione di vecchiaia contributiva diventa un’opzione obbligata per quei lavoratori soggetti al calcolo interamente contributivo che non riescono a soddisfare i requisiti per la pensione di vecchiaia ordinaria. Per quest’ultima, infatti, oltre al raggiungimento dei 67 anni di età, è necessario aver maturato almeno 20 anni di contributi. Inoltre, l’importo della pensione deve essere almeno pari all’assegno sociale, che per il 2024 è fissato a 534,41 euro mensili.

        In altre parole, la pensione di vecchiaia ordinaria non è accessibile ai lavoratori che non hanno contributi versati prima del 1996 e che non raggiungono, con i contributi accumulati, un assegno pensionistico pari almeno all’importo dell’assegno sociale. Per questi lavoratori, l’unica opzione possibile rimane la pensione di vecchiaia contributiva, accessibile al compimento dei 71 anni, con un minimo di 5 anni di contributi effettivi e senza la necessità di rispettare un importo minimo di pensione.

        Vediamo insieme i dettagli di questa misura, i requisiti necessari e come viene calcolata.

        Requisiti per la Pensione di Vecchiaia Contributiva

        I lavoratori che possono beneficiare della pensione di vecchiaia contributiva devono soddisfare specifici requisiti. In particolare, possono accedere a questa forma di pensionamento solo coloro che:

        1. Non hanno versato contributi prima del 1° gennaio 1996. Questi lavoratori, privi di anzianità contributiva precedente a tale data, sono soggetti al calcolo della pensione con il sistema contributivo integrale.
        2. Hanno almeno 5 anni di contributi effettivi. Non sono considerati validi i contributi figurativi (ossia quelli accreditati in assenza di un reale versamento da parte del lavoratore o del datore di lavoro, come ad esempio i periodi di malattia o disoccupazione).
        3. Hanno compiuto 71 anni di età. A differenza della pensione di vecchiaia ordinaria, che richiede il raggiungimento dei 67 anni, per la pensione contributiva è necessario attendere fino ai 71 anni.
        4. Cessazione del rapporto di lavoro subordinato: Per ottenere la pensione, è necessario cessare il rapporto di lavoro subordinato (ovvero l’impiego alle dipendenze di un datore di lavoro). Tuttavia, non è obbligatorio cessare l’attività di lavoro autonomo, il che consente ai lavoratori autonomi di continuare a lavorare anche dopo aver ottenuto la pensione.

        Calcolo della Pensione di Vecchiaia Contributiva

        Il calcolo della pensione di vecchiaia contributiva segue le regole del sistema contributivo, introdotto con la Riforma Dini del 1995 (Legge n. 335/1995). Questo sistema si basa sui contributi accantonati durante l’intera carriera lavorativa, i quali vengono rivalutati annualmente in base all’andamento del PIL nominale (Prodotto Interno Lordo).

        Passaggi per il calcolo:

        • Accantonamento dei contributi: Durante la carriera lavorativa, i contributi previdenziali versati dal lavoratore e dal datore di lavoro vengono accantonati in un montante contributivo, che rappresenta il capitale accumulato per il futuro pensionamento.
        • Rivalutazione del montante contributivo: Ogni anno, il montante contributivo viene rivalutato in base al tasso di capitalizzazione, che è collegato alla crescita quinquennale media del PIL nominale. Questo significa che il valore dei contributi cresce nel tempo, anche se non vengono più effettuati versamenti, purché l’economia del Paese cresca.
        • Coefficiente di trasformazione: Al raggiungimento dell’età pensionabile (71 anni), il montante contributivo viene convertito in una pensione annua utilizzando un coefficiente di trasformazione. Questo coefficiente varia in base all’età del lavoratore: più è alta l’età al momento del pensionamento, più elevato sarà il coefficiente di trasformazione e, di conseguenza, l’importo della pensione.

        Pensione di Vecchiaia Ordinaria: Differenze

        Per comprendere meglio le specificità della pensione di vecchiaia contributiva, è utile confrontarla con la pensione di vecchiaia ordinaria, che prevede requisiti più stringenti:

        1. Anzianità contributiva: La pensione di vecchiaia ordinaria richiede almeno 20 anni di contributi e l’età minima di 67 anni.
        2. Importo minimo: Per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria è necessario che l’importo della pensione sia almeno pari all’assegno sociale (pari a 534,41 euro mensili nel 2024). Se il lavoratore non raggiunge questo importo, non può accedere alla pensione ordinaria e dovrà attendere i 71 anni per ottenere la pensione di vecchiaia contributiva, per la quale non è previsto un importo minimo.

        Beneficiari della Pensione di Vecchiaia Contributiva

        I beneficiari della pensione di vecchiaia contributiva sono quei lavoratori che:

        • Non hanno anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
        • Hanno almeno 5 anni di contributi effettivi accreditati dopo il 1996.
        • Hanno raggiunto i 71 anni di età.

        Inoltre, è possibile accedere alla pensione contributiva anche attraverso il computo presso la Gestione Separata INPS, a condizione che il lavoratore abbia almeno 15 anni di contributi, di cui almeno 5 maturati dopo il 1996, e meno di 18 anni di contributi totali accreditati al 31 dicembre 1995.

        Esempio Pratico 1: Francesco

        Marco è un lavoratore nato nel 1953 che non ha alcuna anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Durante la sua carriera lavorativa, ha versato contributi per soli 5 anni, tutti successivi al 1996. Al compimento dei 71 anni, nel 2024, Francesco potrà accedere alla pensione di vecchiaia contributiva, nonostante il suo basso numero di anni di contribuzione. L’importo della sua pensione sarà calcolato interamente secondo il sistema contributivo, in base al montante contributivo accumulato nei 5 anni di lavoro.

        Esempio Pratico 2: Gianmario

        Gianmario, nato nel 1950, ha accumulato solo 5 anni di contributi nella sua carriera lavorativa, di cui una parte accreditata prima del 31 dicembre 1995. Gianmario non può accedere alla pensione di vecchiaia contributiva con soli 5 anni di contributi, poiché non soddisfa il requisito di essere privo di anzianità contributiva antecedente al 1996. Inoltre, non ha nemmeno la possibilità di optare per il computo presso la Gestione Separata, poiché questa opzione richiede almeno 15 anni di contribuzione complessiva.

        Altre Pensioni con 5 Anni di Contributi

        Oltre alla pensione di vecchiaia contributiva gestita dall’INPS, anche alcune casse professionali permettono ai loro iscritti di ottenere una pensione con un minimo di 5 anni di contributi, ma con regole specifiche. Ad esempio:

        • La Cassa dei Dottori Commercialisti (CNPADC) consente agli iscritti senza contribuzione antecedente al 2004 di andare in pensione con 62 anni di età e 5 anni di contribuzione.
        • La Cassa degli Psicologi (ENPAP) e la Cassa degli Infermieri (ENPAPI) permettono di ottenere una pensione con 65 anni di età e 5 anni di contributi.

        Altri Trattamenti Previdenziali con 5 Anni di Contributi

        I lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dell’INPS (come il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti o le gestioni speciali per lavoratori autonomi) possono accedere anche ad altri trattamenti previdenziali con 5 anni di contributi, come:

        • Assegno ordinario di invalidità: Se la capacità lavorativa del lavoratore è ridotta di oltre i due terzi, è possibile ottenere un assegno con almeno 5 anni di contributi, di cui 3 versati negli ultimi 5 anni.
        • Pensione di inabilità: I lavoratori che risultano permanentemente inabili a qualsiasi attività lavorativa possono ottenere la pensione di inabilità con almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati negli ultimi 5 anni.